L’Onu approva la risoluzione di condanna alla scelta degli Usa di spostare l’ambasciata. Trump furioso minaccia ritorsioni ma nello scacchiere internazionale è sempre più solo.
Donald Trump è sempre più isolato. A nulla sono valse le minacce di ritorsione verso chi avrebbe votato a favore della risoluzione Onu che, dopo la decisione di Washington di spostare l’ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemme, voleva condannare la scelta fatta dagli Usa.
Con 128 sì, 9 no e 35 astenuti, l’Assemblea dell’Onu ha di fatto approvato la risoluzione con tutta l’Europa compatta che si è schierata contro la decisione degli Stati Uniti. Uno schiaffo quindi alla politica internazionale di un Donald Trump ormai sempre più in difficoltà non soltanto per le vicende relative al Russiagate.
L’Onu vota contro Trump
La storia ormai è più che nota. A inizio dicembre Donald Trump ha deciso di dare il via alle procedure per lo spostamento dell’ambasciata americana in Israele da Tel Aviv a Gerusalemme.
Una scelta questa che riconosce quindi la città santa per tutte le tre grandi religioni monoteiste come capitale “unica” di Israele. Come si è diffusa la notizia, oltre alla collera dei paesi arabi sono iniziate anche le violenze in tutta la Palestina.
Gerusalemme infatti al momento è riconosciuto dall’Onu come territorio occupato. Il suo destino politico è uno dei maggiori nodi da sciogliere nelle difficili trattative di pace tra israeliani e palestinesi.
Una decisione quella degli Stati Uniti che non va giù però neanche a tutta la comunità internazionale. Al Consiglio di Sicurezza dell’Onu, l’Egitto presenta una risoluzione di condanna della scelta di Trump che però, nonostante i 14 voti favorevoli su 15, non passa per il veto posto proprio dagli Usa.
Diverso però è stato l’esito per la votazione, della stessa risoluzione presentata dall’Egitto nel Consiglio di Sicurezza, durante l’Assemblea Generale dell’Onu. Qui infatti i sì sono stati 128, a fronte di 35 astenuti e di 9 voti contrari.
Ad opporsi sono stati soltanto Stati Uniti, Israele, Guatemala, Honduras, Isole Marshall, Micronesia, Nauru, Palau e Togo. Tra gli astenuti invece, le principali nazioni sono state Canada, Argentina, Colombia, Australia e Polonia.
Tranne Varsavia quindi che si è astenuta, tutti gli altri paesi europei hanno votato compatti a favore della risoluzione. Per una volta quindi Italia, Germania, Regno Unito, Francia e Spagna, sono sembrate un fronte unito e coeso contro la scelta americana.
L’ira degli Stati Uniti
Il voto favorevole da parte dell’Assemblea Generale dell’Onu era prevedibile anche se gli Stati Uniti hanno cercato in tutti modi di opporsi. L’approvazione della risoluzione è infatti una forte condanna alla scelta del tycoon su Gerusalemme.
Alla vigilia del voto Donald Trump era stato categorico nel fare intendere come, in caso di una approvazione, ci sarebbero potute essere delle ripercussioni in merito agli aiuti che gli Usa elargiscono agli altri paesi.
Tutte quelle nazioni che prendono i nostri soldi e poi votano contro di noi al Consiglio di sicurezza e votano contro di noi potenzialmente anche all’Assemblea Generale dell’Onu, prendono centinaia di milioni di dollari e anche miliardi di dollari e poi votano contro di noi, vediamo questi voti. Lasciamoli votare contro di noi. Risparmieremo molto. Non ci interessa.
Una minaccia quindi neanche troppo velata. Peggio ha fatto Nikki Haley, ambasciatrice americana all’Onu, che aveva parlato di come gli Stati Uniti si sarebbero segnati i nomi di chi avesse votato a favore della risoluzione.
La stessa Haley poi ha confermato che gli Stati Uniti non cambiano idea nel trasferire comunque la propria ambasciata a Gerusalemme, anche se dovessero rimanere solo in questa scelta. Il sentore è che questo è proprio quello che accadrà.
Trump isolato
Tanto si è discusso nelle ultime settimane sui motivi della scelta del Presidente americano in merito a Gerusalemme. C’è da dire comunque che lo spostare l’ambasciata da Tel Aviv faceva parte del programma elettorale di Trump.
In teoria quindi il tycoon non ha fatto altro che rispettare un impegno preso con i propri elettori, soprattutto in un momento di difficoltà come questo con la popolarità dell’inquilino della Casa Bianca ai minimi storici.
Indubbiamente però una scelta del genere ha delle ripercussioni devastanti anche in ottica di politica internazionale. Se Trump ha intenzione di andare fino in fondo nel difendere la sua scelta, in questa battaglia oltre a Israele non potrà contare su nessun alleato.
Una scelta questa che isola ulteriormente Washington in un momento invece dove, viste le delicate situazioni in Corea del Nord e in Siria, avere i migliori rapporti con le altre nazioni può essere fondamentale.
Minacciare invece di chiudere i rubinetti degli aiuti se gli altri paesi non dovessero accettare le decisioni prese dal Presidente, è un sintomo di miopia politica e anche di una scarsa dimestichezza con l’ars diplomatica.
Tutta musica questa soprattutto per le orecchie di Vladimir Putin, che senza dubbio vede di buon occhio questa sorta di spaccatura del fronte occidentale sul tema Gerusalemme. Nella partita a scacchi della politica internazionale, fin dalla sua elezione Trump al momento ha sbagliato quasi tutte le sue mosse.
Se l’obiettivo era quello di far emergere di nuovo la “grandezza” dell’America, senza dubbio allora la strada imboccata è quella sbagliata visto che, soltanto con le minacce, non si va da nessuna parte.
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