Il biglietto verde resta forte sul forex, ma rallenta la corsa dopo la pubblicazione del pil americano (-0,7%). Il rialzo dei tassi si allontana a fine anno o inizio 2016
Dal 2009 ad oggi era accaduto solo altre due volte che il pil degli Stati Uniti subisse una contrazione tale da portare la crescita su valori negativi. Ieri il dato del primo trimestre dell’anno ha evidenziato un calo del prodotto interno lordo della prima economia mondiale pari allo 0,7%, comunque più basso rispetto alla flessione dell’1% preventivata dagli analisti finanziari.
La caduta del pil USA è stata provocata da un mix di fattori “eccezionali”, quali il maltempo del primo scorcio d’anno - che ha tenuto a casa buona parte dei consumatori – e il crollo del prezzo del petrolio, che ha frenato gli investimenti nel settore oil & gas. La discesa del pil nei primi tre mesi del 2015 dovrebbe tenere l’espansione economica bloccata intorno al 2% per l’anno in corso, facendo aumentare le aspettative di un ulteriore rinvio della stretta sui tassi da parte della FED.
L’ipotesi di un rialzo del costo del denaro negli USA tra giugno e settembre sembra ormai essere stata archiviata dal mercato, che a questo punto si aspetta una normalizzazione della politica monetaria solo a partire da fine anno o inizio 2016. Sulla discesa del pil americano ha pesato molto anche la forza del dollaro, che ha senza dubbio frenato l’export a stelle e strisce negli ultimi mesi. Sul forex il biglietto verde ha rallentato un po’, dopo aver mostrato un solido rally negli ultimi giorni.
Il tasso di cambio euro/dollaro, che mercoledì era sceso a 1,0820, è tornato a quotare in area 1,10, che rappresenta una zona di resistenza di breve termine molto importante per le sorti future del cambio stesso. Gli analisti valutari si aspettano, però, che il trend ribassista possa proseguire ancora, con target tecnico posto a 1,05 da qui a fine giugno. Il cambio dollaro/yen resta sopra 124, dopo aver toccato il massimo più alto degli ultimi 12 anni nella seduta di giovedì.
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