Condono slot machine e aumento della benzina, un binomio bizzarro tutto a svantaggio dei contribuenti. La Corte dei Conti ha stabilito ieri che i concessionari pubblici delle slot machine dovranno pagare il 30% del dovuto e non il 20%, come invece previsto da un emendamento del Governo al decreto Imu. Ma cosa comporta questo per gli italiani?
Del condono sulle slot machine ne avevamo già parlato recentemente, riferendoci in particolare alle possibili ricadute sui cittadini italiani in caso di mancata adesione delle concessionarie coinvolte. Il Governo contava infatti di incassare dai signori del gioco d’azzardo 600 milioni di euro utili a coprire il mancato gettito della prima rata Imu, concedendo loro un ulteriore sconto sulla pesantissima multa affibbiata dalla magistratura contabile.Tuttavia, ieri proprio dalla Corte dei Conti è arrivato un secco no: i concessionari pubblici delle slot machine dovranno pagare il 30% dei 2,5 miliardi di euro di multa per chiudere il contenzioso, e non il 20% come proposto dal Governo Letta con un emendamento al decreto Imu.
Il contenzioso con i concessionari di slot machine
Tuttavia, quella che a prima vista sembra una misura di buonsenso, rischia di trasformarsi in un boomerang per i cittadini italiani. Infatti, secondo quanto riportano oggi i maggiori quotidiani, solo la società Gtech (Lottomatica) avrebbe dichiarato di voler chiudere comunque il contenzioso, mentre è tutto da vedere per le altre cinque delle sei concessionarie (su 10 multate) che hanno chiesto di beneficiare del condono: in totale, ad oggi, hanno versato 350 milioni di euro, mentre adesso hanno tempo fino al 15 novembre per versare il 10% mancante, per poi dover dimostrare l’avvenuto pagamento entro il 29 novembre, in attesa della Camera di consiglio definitiva della Corte già fissata al 4 aprile 2014.
Un ammanco di 250 milioni di euro
Ma non è detto che lo facciano, senza considerare che le altre 4 aziende che finora si sono tirate indietro (Bplus, Hbg, Codere e Gmatica) ora più che mai hanno un valido motivo per non sganciare un euro nell’attesa del giudizio di appello previsto per il prossimo anno. In ogni caso, se non si raggiungerà la quota di 600 milioni di euro prevista dal Governo, scatteranno le cosiddette clausole di salvaguardia. Un’ipotesi che si fa quasi certezza con il passare dei giorni: all’appello mancherebbero infatti ben 250 milioni di euro. E lo confermano direttamente anche le più autorevoli fonti parlamentari:
E’ già chiaro che la definizione agevolata dei contenziosi non riuscirà a portare a casa il gettito sperato,
ha infatti dichiarato Enrico Zanetti, deputato di Scelta Civica e vice presidente della Commissione Finanze.
Le clausole di salvaguardia: rischio aumento benzina e acconti Ires e Irap
A quanto pare la querelle sull’abolizione dell’Imu rischia di risolversi tutta a spese degli italiani: come succede ormai da decenni nel nostro Paese, infatti, quando i conti non tornano c’è il salvadanaio delle accise sui carburanti. A rischiare di aumentare, infatti, oltre agli acconti fiscali Ires e Irap sulle imprese, sarà proprio la benzina.
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