La più recente crisi di Cipro, scrive Wolfgang Munchau nel suo editoriale sul Financial Times, è un chiaro esempio della difficoltà della zona Euro di lottare per il bene comune.
La fine della zona Euro potrebbe essere vicina e la colpa non è certo delle banche cipriote, anzi, è dei leader che in tre anni di gestione della crisi non sono riusciti a trovare un percorso valido verso la soluzione.
In realtà, una soluzione è stata adottata, l’austerità fiscale, ma il risultato è stato quello di un dilagante sentimento anti-euro, le elezioni in Italia lo hanno dimostrato. D’ora in avanti, su questo cammino, la politica della zona Euro dovrà proseguire contro il volere popolare e il futuro della moneta unica è sempre più difficile da immaginare.
Zona Euro: le previsioni di Munchau
Negli ultimi otto mesi, prima che Cipro esplodesse nella crisi, alcuni lettori mi hanno ricordato di una previsione che feci alla fine del novembre 2011: i leader dell’eurozona avrebbero avuto soltanto 10 giorni per salvare l’Euro. Allo stesso modo, sebbene meno drammaticamente, nel 2006 avevo scritto che l’amministrazione di Romano Prodi era l’ultima possibilità per l’Italia di raggiungere una posizione sostenibile all’interno della zona Euro.
L’amministrazione del presidente Prodi non è riuscita nell’intento e i 10 giorni del 2011 passarono senza interventi. Oggi è il 2013, l’euro è ancora lì, l’Italia ne fa ancora parte ed io faccio ancora previsioni, ma imperterrito voglio raddoppiare la posta in gioco.
Anche se l’UE e Cipro riescono a trovare un compromesso dell’ultimo minuto, una zona euro che permette una giuntura tra Cipro e la Germania non è sostenibile.
Unione bancaria, questo strano sconosciuto
Un’unione bancaria operativa che si occupasse di vigilanza, risoluzione e assicurazione dei depositi sarebbe stata la condizione sufficiente a far funzionare il sistema monetario altrimenti divergente. Sicuramente, almeno, avrebbe potuto risolvere i problemi delle banche cipriote. Ma nella zona Euro tale unione non esiste e non esisterà almeno per i prossimi 5 anni.
La Germania rifiuta l’idea perché sarebbe un passo troppo costoso per i contribuenti tedeschi; ironia della sorte anche Cipro rigetta la possibilità che ucciderebbe il modello di business offshore tanto caro all’isola.
In ultima analisi, qualsiasi unione bancaria emerga in futuro sarà del tutto irrilevante per questa crisi.
Cipro non è la causa, ma l’effetto
Quello che è successo a Cipro la scorsa settimana non può essere additato come la causa di tutto. Ma è un perfetto esempio dell’azione collettiva della zona euro innanzi ad un problema. Quest’ultima escalation è iniziata con un pericoloso accordo di salvataggio che riguardava i depositanti assicurati nell’isola. Pare che i funzionari della zona euro siano tanto alfabetizzati legalmente, quanto analfabeti economicamente.
La loro idea più geniale non è stata quella di un taglio sui depositi inferiori ai 100 mila euro, ma una tassa. Non si rendono conto che venendo meno alla promessa insita nell’assicurazione dei depositi sono direttamente esposti al default e corrono il grave rischio di avviare un’irrefrenabile corsa agli sportelli.
Crisi a Cipro: 3 errori del governo
Il parlamento cipriota ha fatto bene a rifiutare un’offerta del genere, ma ha poi commesso tre errori gravissimi.
Il primo è rappresentato dalla decisione del presidente Nicos Anastasiades di chiedere aiuto alla Russia. Anziché lavorare con la zona Euro, ha remato contro e i tedeschi più di ogni altro hanno ritenuto la scelta come una mossa deliberatamente ostile. Il peggio è che i Russi hanno rifiutato l’offerta.
Il secondo errore è stata la decisione di non comunicare con i ministri delle finanze europei e il gruppo di lavoro sull’Euro nei tre giorni più critici della scorsa settimana.
Terzo errore: la proposta, dello scorso giovedì, da parte del governo cipriota per la creazione di un fondo di solidarietà sostenuto dalle attività di stato e da un vero e proprio blitz sui fondi pensionistici. Venerdì la Cancelliera Merkel ha bocciato immediatamente l’idea.
Quello che è successo la scorsa settimana è un chiaro esempio di come i leader europei, nel tentativo di difendere professionalmente gli interessi nazionali, non riescano a difendere il bene comune.
La fine dell’Euro? Non sarebbe una disgrazia
Tuttavia, il rischio principale che intendo sottolineare non sarebbe una grande disgrazia. La fine dell’Euro potrebbe concretizzarsi, certamente, ma sospetto che il rischio più ingente risieda nei ripetuti errori della strategia adottata dalla zona Euro nel combattere la crisi. L’effetto di questi errori è lento, ma cumulativo.
Di questi, il peggiore di tutti è stato credere nel potenziale dell’austerità. Oggi le banche di Cipro sono in calo perché lo Stato e le banche greche sono cadute qualche mese fa e perché la zona Euro ha forzato la partecipazione del settore privato.
In Italia, l’adozione dell’austerità ha portato il paese dalla recessione alla depressione. Questo, a sua volta, ha trasformato la protesta anti-euro nel partito politico più grande emerso alle ultime elezioni e se l’Italia dovesse tornare alle urne, c’è buona possibilità che il partito di Beppe Grillo finisca col vincere la maggioranza assoluta entro la fine dell’anno.
Austerità: tanto rigore per nulla
Se l’austerità fiscale imposta al sud fosse stata almeno compensata da un’espansione fiscale al Nord, la politica del bilancio unitario sarebbe stata in qualche modo equilibrata. Ma dal momento che il Nord è unito sotto l’austerità, la zona Euro è finita con un suplus primario recessivo. In questo contesto, semplicemente non può avere luogo l’adeguamento economico. Senza adeguamento non ci può essere una soluzione alla crisi.
Ho creduto per un po’ di tempo che per Germania, Finlandia e Paesi Bassi sarebbe stato impossibile far parte di un’unione monetaria con Cipro, Grecia e Portogallo. Entrambe le parti, al Nord e al Sud, convengono sulla necessità di regolare in maniera più simmetrica il quadro politico ed economico, altrimenti l’esperimento dell’euro dovrebbe finire.
La previsione che ho fatto nel 2011 e che ripeto oggi probabilmente si concretizzerà un giorno, anche se questo dovesse essere lontano. Non è certo escluso che i governi dell’Eurozona comincino a prendere le giuste decisioni, ma tre anni di crisi ci dimostrano l’esatto contrario.
Per come è impostata oggi la politica, i leader dovranno andare avanti contro il volere del popolo. Non bisogna certo essere un euro-scettico per giungere alla conclusione che, a questo prezzo, l’unione monetaria è anche profondamente immorale.
| Traduzione a cura di Federica Agostini | Fonte: Financial Times |
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