Quel filo rosso tra Bangladesh e Ravenna che rende globale il timing dell’esplosione

Mauro Bottarelli

5 Giugno 2022 - 19:13

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Da febbraio nel porto di Chittagong è operativa una rotta diretta verso l’Europa (51% dell’export totale) che taglia tempi e costi per il mercato dell’abbigliamento. Mentre quei missili di Pechino..

Quel filo rosso tra Bangladesh e Ravenna che rende globale il timing dell’esplosione

Una strage. Almeno 40 persone sono rimaste uccise nell’incendio e nella conseguente esplosione in un deposito privato di container vicino al porto principale del Bangladesh, nella città sud-orientale di Chittagong (o Chattogram). In base a una prima ricostruzione, decine di persone accorse per spegnere l’incendio sono rimaste investite dall’esplosione di contenitori di sostanze chimiche stoccati nel deposito. Fra i 300 feriti, alcune decine presentano gravi ustioni sul 60% del corpo. Ma ecco che alla tragedia, si unisce il sospetto: le stesse autorità locali non escludono infatti che all’origine del rogo possa esserci un atto di sabotaggio.

Stando alle prime, sommarie ricostruzioni, alcuni dei contenitori presenti nel magazzino contenevano sostanze chimiche altamente infiammabili, fra cui il perossido di idrogeno, le quali prima hanno operato da combustibile per le fiamme e poi da vera e propria carica esplosiva. Ancora più inquietanti le parole del portavoce della Bangladesh Inland Container Association (BICA), Ruhul Amin Sikder: L’entità dell’esplosione non è inferiore a quella che abbiamo visto a Beirut, in Libano, qualche anno fa. Ma perché quanto accaduto dovrebbe interessarci direttamente, stante l’umana pietà per le vittime e i feriti? Perché dalla scorsa primavera il porto di Chittagong è divenuto un hub di riferimento per il trasporto merci diretto verso l’Europa, mercato che rappresenta il 51% dell’export del Bangladesh e che vede l’82% delle esportazioni legate al comparto dell’abbigliamento. E in tal senso, le autorità sono state chiare fin da subito: nel rogo e nell’esplosione sono andati distrutti capi per centinaia di milioni.

E quella rotta che vede Ravenna come punto d’approdo ha rappresentato una vera e propria rivoluzione, poiché ha tagliato i tempi di percorrenza da 40 a 16 giorni, operando appunto in maniera diretta e senza più scali in altri porti. Nemmeno a dirlo, un abbattimento dei costi enorme, quantificati nel 40%. In tal senso, la Calypso Compagnia di Navigazione opera sulla tratta attraverso due cargo container, il Cape Flores e il Songa Cheetah. A confermare il via ufficiale al nuovo collegamento è stato Mohammed Rashed, presidente della Reliance Shipping and Logistics, a detta del quale la Songa Cheetah ha lasciato il porto di Ravenna il 17 gennaio scorso e ha raggiunto il porto di Chittagong il 5 febbraio. Tre giorni dopo è ripartita a pieno carico. Praticamente, un nuovo orizzonte.

Ma che già qualcuno vedeva messo potenzialmente a rischio, quasi in quella che appare una strana premonizione. Mahbubul Alam, presidente della Chittagong Chamber of Commerce and Industry, interpellato da The Business Standard dichiarò infatti che quanto avvenuto rappresenta un enorme obiettivo per il Bangladesh, la sua economia e il suo export. La spedizione su tratta diretta verso l’Europa garantirà una nuova dimensione al settore delle esportazioni ma è fondamentale che le autorità garantiscano agli operatori che il servizio si base su una linea di continuità e senza interruzioni o criticità. Certo, il porto non ha subito danni nelle sue strutture ma quei milioni e milioni di merci andati in fumo insieme ai container rischiano di generare un effetto negativo sulla percezione di credibilità e affidabilità del servizio, in primis a livello di tasse, premi e assicurazioni.

Sarà per questo che le autorità di Dhaka hanno immediatamente evocato la pista del sabotaggio come non escludibile, nonostante i pompieri e l’esercito fossero ancora impegnati a spegnere le fiamme? Insomma, si mettono le mani avanti per paura di perdere un business fondamentale per l’economia del Paese, a soli quattro mesi dall’esordio della tratta? Difficile escluderlo. Molto difficile. Ma come per l’esplosione al porto di Beirut, immediatamente occorre anche guardare al ruolo geopolitico del Paese colpito dall’incidente. E al momento storico in cui questo è avvenuto.

Il Bangladesh, infatti, oltre a essere il secondo cliente dell’export militare cinese dopo il Pakistan (17% del totale), è anche l’hub designato da Pechino per la costruzione di una struttura di manutenzione per i sistemi missilistici terra-aria che la Cina ha fornito a Dhaka nel 2011. E se l’annuncio ufficiale - atteso per metà marzo scorso - è stato rimandato a causa dell’esplosione del conflitto in Ucraina, l’India ha immediatamente reso nota la sua contrarietà. E comunicato che per tutta risposta avrebbe ampliato la fornitura di missili Brahmos, finora limitata alla Filippine, anche ad altri Paesi asiatici come Vietnam, Malaysia e Indonesia. Insomma, le ragioni per cui qualcuno avrebbe potuto voler inviare alle autorità del Bangladesh un segnale che non si potesse ignorare, abbondano. O forse, si tratta unicamente di sabotaggio. Con tempismo e conseguenze globali straordinarie, però.

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