Fiat Chrysler: rumor su nuove cessioni spingono il titolo

Luca Fiore

26/11/2018

Dopo Magneti Marelli, il processo di dismissione degli asset non-core potrebbe arricchirsi di un nuovo tassello. Questa volta sarebbe il turno della società produttrice di robot industriali e sistemi per l’automazione.

Fiat Chrysler: rumor su nuove cessioni spingono il titolo

Dopo la cessione di Magneti Marelli, Fiat Chrysler starebbe pensando ad una nuova dismissione. A dirlo è Bloomberg news.

Il rumor permette al titolo della casa automobilistica di sovraperformare un Ftse Mib particolarmente euforico grazie all’apertura dell’esecutivo al dialogo con le autorità UE (+2,77% a 19.233,45 punti nella prima seduta settimanale), mettendo a segno un +4,98% a 14,798 euro. Il saldo delle ultime cinque sedute si conferma negativo, -1,85%, così come quello trimestrale, -2,72%.

Valutazione compresa tra 1,5 e 2 miliardi di euro

Stando a quanto riportato dall’agenzia, che cita non meglio precisate “persone informate dei fatti”, la casa guidata da Michael Manley starebbe valutando la dismissione di Comau, la società produttrice di robot industriali e sistemi per l’automazione.

I vertici di Fiat Chrysler starebbero completando le analisi, e finora non sono state prese decisioni in merito. Nel caso, l’iter partirebbe a inizio 2019 e la valutazione di Comau dovrebbe attestarsi tra 1,5 e 2 miliardi di euro. In particolare, Bloomberg parla di possibili acquirenti cinesi.

Concentrare le energie nella produzione di auto

Nel caso, si tratterebbe del secondo grande deal sotto la guida di Manley, entrato in servizio a luglio, solo pochi giorni prima della scomparsa di Sergio Marchionne. Nel mese di agosto è stata venduta Magneti Marelli, la società del gruppo che si occupa di componentistica, per 6,2 miliardi di euro.

L’operazione, rileva Bloomberg, che va inquadrata nell’ambito del processo di dismissione degli asset non-core, sarebbe funzionale al processo di concentrazione di risorse nella produzione e nella vendita di auto, in un momento in cui, causa le tensioni commerciali, il calo delle vendite di auto in Cina e le diatribe legate alle emissioni inquinanti, la pressione sulle case costruttrici è a livelli da record.

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