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Fabrizio Saccomanni: quale sarà la sua ricetta fiscale? Rigor Montis o moderazione?
domenica 5 maggio 2013, di
Se Enrico Giovannini sarà un uomo di punta del nuovo Governo Letta grazie alla sua estrema conoscenza di numeri e statistiche, in virtù della sua precedente carica di Presidente ISTAT, Fabrizio Saccomanni, il nuovo ministro dell’Economia, sarà colui che a questi numeri dovrà dare un budget adeguato. Ma quale sarà la ricetta fiscale di Fabrizio Saccomanni? Rigor Montis o moderazione?
Chi è Fabrizio Saccomanni?
Fabrizio Saccomanni è nato a Roma nel 1942, ma la sua formazione è avvenuta altrove: laurea alla Bocconi di Milano in Economia e Commercio e corsi di perfezionamento in economia monetaria e internazionale in New Jersey, presso la Princeton University.
La sua carriera istituzionale è stata di grande spessore. Nel 1967 è entrato a far parte della Banca d’Italia e ha rappresentato la Banca centrale italiana presso:
- il Fondo Monetario Internazionale;
- la Banca centrale europea;
- la Banca dei Regolamenti Internazionali;
- l’Unione Europea.
Fabrizio Saccomanni è anche membro:
- del Consiglio Direttivo dell’Einaudi Institute of Economics and Finance;
- del Consiglio Direttivo dell’Istituto Italiano di Tecnologia;
- del Consiglio Direttivo dell’Istituto Affari Internazionali;
- della Società Italiana degli Economisti.
Nel 2006 è stato nominato Direttore Generale della Banca d’Italia, riconfermato nel 2012. Il 28 aprile 2013 è stato nominato Ministro dell’Economia e delle Finanze del Governo Letta.
Rigor Montis o moderazione?
L’idea di Saccomanni è quella di uscire dalla crisi il prima possibile, ma senza provvedimenti improvvisati. Tra i primi obiettivi da raggiungere quello di “chiudere la procedura UE per eccesso di deficit entro giugno” e seguire con fermezza la strada delle riforma strutturali già iniziate, quelle riforme che
“hanno un effetto di sostegno alla crescita. Un effetto sostanziale. La creazione di posti di lavoro è essenziale per risolvere i problemi di indebitamento. E’ con la crescita che si riduce l’onere del debito".
Bisogna rilanciare la crescita, ma senza che la finanza pubblica vada fuori dai binari, perché la politica deve osservare un rigoroso rispetto dei vincoli di bilancio imposti dall’UE, sui cui delicati equilibri economici probabilmente inciderà anche il rapporto di stima e fiducia che lega Fabrizio Saccomanni al numero uno della BCE, Mario Draghi.
Ma quale sarà la politica economica seguita da Fabrizio Saccomanni? Rigor Montis, in linea con la filosofia del precedente Governo, o moderazione? Le opinioni sono alquanto discordanti.
Da una parte Fabrizio Saccomanni, che vanta un’esperienza internazionale considerevole, sembra inaugurare una nuova stagione di moderazione, rispetto al predecessore Grilli, perché sostenitore di una visione keynesiana dell’economia, più vicina alle esigenze di crescita rispetto alla linea germanocentrica del rigore.
Dall’altra, in diverse interviste, Fabrizio Saccomanni ha mostrato un certo feeling con il “collega della Bocconi”, Mario Monti, in un’ottica di coesistenza tra rigore e crescita. Questo il commento del neoministro dell’economia sull’operato del Governo tecnico Monti:
“Credo che il governo sia intervenuto sul problema della finanza pubblica in maniera efficace, duratura e stabilizzante, e questo contributo ha in sè anche un elemento di sostegno alla crescita che è da realizzare ma è abbastanza importante”.
Il rigore resta il leitmotiv del suo pensiero anche in occasione del congresso dei giovani imprenditori di Confindustria tenutosi nel mese di ottobre 2012:
“Non c’era alternativa al rigore. Eravamo in una situazione difficile e con poca scelta sul piano delle strategie. L’antinomia rigore e crescita è falsata: siamo riusciti a dare segnali fortissimi al mercato, che sono stati accolti gradualmente, ma oggi produce impatto sullo spread e quindi si apre un canale per far ripartire l’economia reale. Oggi il problema è stabilizzare aspettative. Una stima in Banca d’Italia evidenzia che se lo spread si stabilizza su 300 punti base può influire sul recupero dell’economia nell’anno prossimo”.
La ricetta fiscale di Fabrizio Saccomanni
Saccomanni è per un Fisco poco oppressivo, sposato con riforme su un duplice livello: nazionale ed europeo. E’ importante la collaborazione attraverso la creazione di una governance europea che contrasti le derive protezionistiche e adotti una comune strategia per favorire il “potenziale di crescita” di tutta l’economia dell’UE con due principali obiettivi:
- riassorbire la disoccupazione;
- correggere gli squilibri di produttività e competitività nelle diverse zone.
Uscire dalla crisi è possibile. Bisogna seguire 5 step:
- attuare una politica monetaria che possa dare liquidità ai sistemi bancari;
- favorire una politica fiscale che incentivi la crescita;
- realizzare delle riforme strutturali;
- dare impulso alla crescita dimensionale delle imprese;
- investire maggiormente in istruzione e ricerca.
Secondo Fabrizio Saccomanni il rigore non è un nemico della crescita, purchè si elabori un sistema fiscale di stimolo, che possa creare ricchezza senza essere oppressivo. A ciò vanno aggiunti due elementi:
- una maggiore internazionalizzazione delle aziende, perché solo quelle imprese con queste caratteristiche sono riuscite a far fronte alla crisi e alla congiuntura economica sfavorevole;
- un maggior dialogo tra il mondo del lavoro e quello della scuola, che possa favorire una formazione più pratica che teorica.
Il binomio da seguire è: tagliare la spesa e ridurre le tasse.
“Nel pieno rispetto dei vincoli europei è possibile agire su una ricomposizione del bilancio pubblico che indirizzi le risorse verso le imprese, gli investimenti produttivi e verso le fasce di reddito più basse a fronte di un contenimento della spesa corrente”.
Fabrizio Saccomanni, consapevole della necessità della suddetta ricomposizione del bilancio pubblico, promuove l’idea di un “patto per l’Italia” che possa rimuovere il “fattore di incertezza psicologica” e coinvolgere consumatori, imprese e banche. Questo alla luce del fatto che occorre “uno sforzo coordinato" per "ripristinare il bene prezioso della fiducia".
Ricordiamo che il tema della necessità di un “grande patto” è emerso anche durante la nostra intervista al Prof. Umberto Triulzi, docente di Politica Economica Europea e Politica Economica Internazionale presso l’Università di Roma La Sapienza, il quale aveva espresso l’idea di un patto “tra l’Amministrazione pubblica ed i cittadini” che potesse garantire da una parte "la promessa di un riordino complessivo delle principali voci di spesa dei bilanci pubblici" e dall’altra "un impegno civile altrettanto vincolante da parte degli operatori economici e da parte della cittadinanza per l’assunzione di comportamenti trasparenti nei rapporti con il fisco e con la P.A.".
Le priorità
Fabrizio Saccommani intende rivedere la spesa pubblica e sostenere la crescita, ma ricordiamo che dovrà muovere i suoi primi passi verso due questioni, spinose quanto essenziali, nella ripresa italiana: tasse e lavoro.
Sul primo fronte probabilmente sarà impegnato nell’individuare una “service tax”, una nuova tassa comunale, che possa fondere TARES e IMU, così da risolvere in un colpo solo la questione dell’ingorgo fiscale, a cui va aggiunto anche l’aumento dell’IVA previsto a luglio.
Una manovra da diversi miliardi di euro, a cui vanno associati quelli necessari sul secondo fronte: esodati e cassa integrazione in deroga, che, se non rifinanziata, aumenterebbe la platea dei disoccupati e, quindi, potrebbe portare l’Italia al fallimento, come ha dichiarato recentemente il sindacalista Raffaele Bonanni.