Eurozona cresce più degli Stati Uniti: cosa succede?

Matteo Bienna

29 Aprile 2016 - 16:19

Dagli ultimi dati sulla crescita l’Eurozona sembra aver superato gli Stati Uniti nel primo trimestre 2016. Vediamo i motivi alla base del superamento e le prospettive di durata.

Eurozona cresce più degli Stati Uniti: cosa succede?

L’Eurozona cresce più degli Stati Uniti.

Questo è la conclusione che si ottiene guardando agli ultimi dati sulla crescita di entrambe le aree, relativi ai primi tre mesi di quest’anno.

Le politiche monetarie, i costi dell’energia e le esternalità positive del problema immigrazione sembrano essere i punti a favore per l’economia dell’Eurozona, almeno in questa primissima parte di 2016, mentre la Federal Reserve tiene a freno le proprie intenzioni.

Vediamo di analizzare le ragioni del sorpasso e di capire se questa prospettiva è in grado di mantenersi nel tempo.

Smacco agli Stati Uniti: l’Eurozona sta crescendo di più. Durerà?

La crescita economica dell’Eurozona ha segnato un +0,6% nei primi tre mesi del 2016 rispetto al trimestre precedente, battendo con agevolezza sia gli Stati Uniti che il Regno Unito.

La crescita è stata pari al doppio rispetto a quella del semestre precedente e ben al di sopra di quelle che erano le attese degli analisti.

Le aspettative vedevano infatti una crescita del +0,4%, mentre sul fronte americano il dato del +0,5% va in realtà riconsiderato secondo il metodo di calcolo usato in Europa, che lo riposizionerebbe ad un +0,1% nel confronto diretto.

I contributi più rilevanti sono stati offerti da Spagna e Francia, cresciute più del previsto, mentre buone notizie per l’Eurozona sono anche arrivate dal tasso di disoccupazione, sceso al minimo dal 2011 (10,2%).

L’Eurozona sembra risalire la china grazie all’ultimo bazooka di Draghi e della BCE, ai bassi costi dell’energia, ad una crescita nei consumi e al supporto dato dai governi nazionali al problema immigrazione.

Quest’ultimo, in particolare, sta mettendo a dura prova le frontiere dei paesi membri dell’UE, ma sta anche contribuendo a fornire uno sprint all’economia:

“Sta aumentando la spesa pubblica che a sua volta sostiene la crescita, il tutto senza nessun effetto negativo sui consumi.”

Queste le parole di Howard Archer, economista capo della divisione europea di IHS Economics, società che offre analisi e supporto decisionale ai governi e alle imprese.

Il già citato basso costo dell’energia, se da un lato è significato un ritorno alla deflazione per questo periodo, dall’altro favorisce il risparmio dei consumatori, i quali sembrano restituirne almeno una buona parte all’economia, attraverso l’aumento dei consumi.

La spesa delle famiglie e le vendite al dettaglio hanno tuttavia segnato un ribasso durante il primo trimestre di quest’anno, entrambe influenzate negativamente dagli attacchi terroristici di Parigi.

Le stime degli economisti sembrano però giudicare questi dati come temporanei.

Le previsioni per il prossimo trimestre vedono una frenata nella crescita, difficile da sostenere.
Il rallentamento dell’economia a livello mondiale, la perdita di fiducia dei consumatori e l’incertezza che il referendum inglese porterà nei territori dell’Eurozona potrebbero mostrare il loro peso nella prossima misurazione trimestrale, così da annullare il vantaggio che i paesi europei hanno segnato contro gli USA in questo inizio di 2016.

“I dati relativi agli Stati Uniti sembrano seguire la prassi di iniziare l’anno al ribasso. Il secondo trimestre vedrà un miglioramento generale rispetto al primo.”

Se le parole di Holger Schmieding, capo economista di Berenberg, dovessero avverarsi l’Eurozona potrebbe tornare ad inseguire, in quella che in ogni caso sembra una gara senza vincitori.

Fonte: money.cnn

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