Euro obbligatorio: il piano dell’UE per imporre l’adesione entro il 2025

Flavia Provenzani

26 Maggio 2017 - 17:09

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Euro obbligatorio: il piano dell’UE per imporre l’adesione entro il 2025

La Commissione UE avrebbe intenzione di forzare i Paesi membri ad aderire all’Euro, secondo delle informazioni trapelate dalla riunione della scorsa settimana a Strasburgo. L’UE vuole costringere tutti i 27 membri ad adottare la moneta unica come unica valuta nazionale entro il 2025.
Tuttavia, il piano segreto dell’Unione Europea per espandere l’adesione all’euro risulta essere profondamente imperfetto.

Il documento trapelato da un incontro segreto a Strasburgo, riportato dal quotidiano tedesco Frankfurter Allgemeine Zeitung, mostra come l’attivazione dell’articolo 50 e il vicino inizio delle trattative Brexit abbiano spinto l’UE a cercare disperatamente di creare «più Europa».
Per far aderire i Paesi rimanenti all’euro, l’UE dovrà rivedere tutte le regole di ingresso, ignorare l’élite politica nazionale di ciascun paese e calpestare la volontà della maggioranza della popolazione degli Stati membri. Ma la storia insegna, e ai palazzi di Bruxelles poco importerebbe.

Il Commissario europeo per l’euro e il dialogo sociale, Valdis Dombrovskis, ha già dichiarato che è stato tutto frainteso.

"C’è stata una certa confusione. Ciò di cui discutiamo nel documento è il completamento dell’unione economica e monetaria. Non significa che gli Stati membri dell’UE devono adottare l’euro. Non esiste un calendario specifico, ma naturalmente incoraggiamo tutti gli Stati membri a compiere i preparativi necessari",

si legge sul sito svedese della Commissione europea, che riporta le parole di Dombrovskis. Perché, allora, i Paesi sarebbero chiamati ad avvantaggiarsi e a “compiere i preparativi necessari”?

Attualmente l’euro è utilizzato da 19 Stati membri dell’UE, mentre i nove paesi membri Bulgaria, Croazia, Danimarca, Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia, Romania e Svezia (e il Regno Unito, naturalmente) mantengono le loro valute nazionali - per il momento. Il documento trapelato affermerebbe invece che il lev, la kuna, la corona danese, la koruna ceca, il fiorino, lo zloty, il leu e la corona svedese scompariranno tutti entro otto anni.

La Commissione UE si riunirà il 31 maggio per discutere del futuro dell’Euro. Secondo il giornale tedesco, la Commissione vorrebbe acquisire l’interno controllo sulla moneta comune.

Il piano dell’UE per rendere l’euro obbligatorio

Quanto emerge dal documento, tuttavia, risulta essere profondamente fallace e di difficile realizzazione.
L’adesione forzata all’euro arriverà insieme ad un set di norme da rispettare già in via preliminare. In primo luogo, il tasso di inflazione non può essere superiore di 1,5 punti percentuali rispetto al tasso dei tre stati membri più performanti. I tre stati con i tassi di inflazione più bassi nell’UE sono la Slovacchia (0,8 per cento), la Finlandia (0,85 per cento) e l’Irlanda (0,9 per cento), il che porta il limite massimo di inflazione per i Paesi con ancora la propria moneta nazionale al 2,4 per cento. Questo parametro esclude la Bulgaria, che attualmente ha inflazione al 2,6 per cento.
Inoltre, il dato viene valutato prima dell’impatto inflazionistico dato dalla commutazione delle valute. Sappiamo bene che con l’adozione dell’euro i negozi tendono ad arrotondare i prezzi, il che può avere un notevole impatto verso l’inflazione.

In secondo luogo, il deficit pubblico non può superare il 3 per cento del PIL e il debito pubblico non può superare il 60 per cento del PIL.
Attualmente tutti e gli Stati in questione hanno i deficit all’interno del massimale indicato dall’UE, ma dal 1995 la Bulgaria ha superato i il limite del deficit oltre il 3 per cento per 3 volte, la Croazia 14 volte, la Repubblica Ceca una volta, l’Ungheria 17 volte, la Polonia 18 volte, la Romania 11 volte.
Solo la Svezia è rimasta nei limiti nel periodo di riferimento, anche se durante la crisi bancaria dei primi anni ’90 ha registrato dei deficit sostanziali. La Croazia ha un debito nazionale dell’87 per cento del PIL e l’Ungheria del 75 per cento. Quindi, senza delle sostanziali misure di austerità che non potranno beneficiare per l’adesione all’euro.

In terzo luogo, gli stati membri devono partecipare al meccanismo del tasso di cambio (ERM II) per almeno due anni senza forti deviazioni dal tasso centrale dell’ERM II e senza svalutare il tasso centrale bilaterale della propria moneta rispetto all’euro nello stesso periodo.

L’ultimo ostacolo da superare riguarda i tassi di interesse a lungo termine, che non dovrebbero essere superiori ai due punti percentuali rispetto al tasso dei tre Stati membri migliori in termini di stabilità dei prezzi.
I tassi a lungo termine in Germania sono dello 0,4 per cento, nei Paesi Bassi sono allo 0,6 per cento e in Austria dello 0,68 per cento. Su questa base, la Croazia (3 per cento), l’Ungheria (3,2 per cento), la Polonia (3,3 per cento) e la Romania (3,7 per cento) non potranno aderire all’Euro senza una manipolazione sostanziale - scenario che ha già causato incidenti in Irlanda, Grecia, Portogallo e Spagna.

UE verso l’obbligo all’Euro, ma i Paesi non lo vogliono

Il governatore della banca centrale della Polonia afferma che il Paese non aderirà all’euro fintanto che la moneta stessa sarà in pericolo, il presidente dell’Ungheria Orban ha affermato che vuole evitare l’euro ancora per decenni e il ministro delle Finanze ceco Andrej Babis, uno dei I politici più popolari del paese, afferma di non essere favorevole al passaggio dalla corona per l’euro.

Secondo gli ultimi sondaggi condotti dall’UE, la maggioranza dei cittadini in Romania (64 per cento), Ungheria (57 per cento) e Croazia (48 per cento) sono favorevoli all’introduzione dell’euro, mentre la maggioranza dei cittadini degli altri quattro paesi sotto esame sono contro - Repubblica ceca (70 per cento contro), Svezia (68 per cento), Polonia (56 per cento) e Bulgaria (48 per cento).

Ogni Paese deve avere il diritto di determinare il proprio destino. Ormai è presente nel DNA dell’UE l’abitudine a costringere e calpestare la volontà degli Stati membri, a prescindere dalle conseguenze.

L’UE è disposta a cambiare le proprie regole, ad esercitare pressioni sulle difficoltà locali e a sfidare la logica economica. Le falle in questo nuovo tentativo per una maggiore integrazione sono così grandi che finiranno per tradursi in un fallimento non solo per l’euro, ma per l’UE stessa.

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