L’euro viene considerata oggi alla stregua di una valuta rifugio, grazie al lavoro svolto da Draghi negli ultimi due anni
In meno di due anni l’euro è passato da valuta a rischio disgregazione a valuta rifugio. Il grande protagonista della rinascita della moneta unica non può che essere Mario Draghi, insediatosi il 1° novembre del 2011 in sostituzione di Jean-Claude Trichet. Il 26 luglio 2012 Draghi pronunciò il famosco discorso anti-speculazione dichiarando che la BCE sarebbe stata pronta a tutto per sostenere l’euro, rassicurando gli investitori sull’irreversibilità della moneta nonostante la grave crisi dei debiti sovrani che aveva costretto Irlanda, Portogallo e Spagna a chiedere aiuti finanziari di vario tipo e la Grecia alla più grande ristrutturazione del debito della storia moderna.
Il “whatever it takes” di Draghi è entrato nella storia, tanto da essere considerato uno dei momenti chiave nella storia dei mercati finanziari globali degli ultimi 10 anni. Nonostante le resistenze dei “falchi” della Bundesbank, ostili a manovre monetarie eccessivamente espansive, Draghi è riuscito a superare i contrasti interni alla BCE e a imporsi nell’implementazione di misure di politica monetaria accomodanti tagliando più volte i tassi di interesse, lanciando operazioni di rifinanziamento “straordinarie” a favore delle banche e sostenendo piani di salvataggio dei paesi dell’eurozona più in difficoltà. Allo stesso tempo, però, è stato il sostenitore di politiche di rigore fiscale, fatte di austerità estrema e costante riduzione dei livelli di indebitamento e deficit pubblico.
Grazie al paracadute d’emergenza fornito da Draghi, l’euro ha via via assunto le sembianze del marco tedesco, ovvero una valuta solida e affidabile agli occhi degli investitori internazionali. Peccato solo che questa trasformazione della moneta unica sia costata tanto all’economia reale, in particolare ai cosiddetti PIGS: l’Italia, ad esempio, ha sperimentato un crollo del pil del 9% dal 2008, perdendo così 100 miliardi di euro, e un boom della disoccupazione volata al record del 13% dal 7,5% pre-crisi. La protezione offerta da Draghi all’euro ha fatto ridimensionare in modo eccezionale gli spread sovrani europei, che hanno beneficiato degli acquisti in massa degli investitori stranieri a caccia di rendimenti elevati in uno scenario di tassi di mercato ai minimi storici. Lo spread Btp-Bund, che al culmine della crisi era a 575 punti base, è sceso sotto 160 punti e sembra diretto verso 100.
E’ andata bene anche a paesi sull’orlo del baratro come la Grecia. Qualche giorno fa Atene ha piazzato un bond quinquennale a un tasso inferiore al 5%, quando meno di due anni fa era costretta a pagare più del 20%. Bond e azioni europee hanno messo a segno performance strabilianti, mentre l’euro si è apprezzata con decisione contro le principali monete estere. Gli enormi flussi di denaro esteri verso gli asset denominati in euro hanno fatto aumentare il valore della moneta unica del 32% sullo yen, 25% sulla lira turca, 21% sul dollaro australiano, 19% sul dollaro canadese, 12% sul dollaro, 4% sulla sterlina. Da fine luglio 2012, complice lo scenario di bassa inflazione e la volontà della BCE di evitare politiche di quantitative easing, l’euro è così diventato una moneta rifugio, una sorta di alter ego del marco tedesco.
Il futuro della moneta unica è comunque ancora tutto da scrivere, soprattutto ora che le dolorose misure di austerità imposte da Bruxelles e Francoforte iniziano a provocare più di un mugugno tra la popolazione e pericolosi sentimenti anti-europeisti. Senza contare che i rischi di deflazione, abbinati a una moneta troppo forte rispetto ai fondamentali economici (adatta solo alla forza di Berlino), rischiano di strangolare l’economia del Vecchio Continente facendo riapparire i fantasmi dell’esperienza ventennale giapponese iniziata nei primi anni ’90. Se la BCE deciderà di attuare politiche di stimolo monetario in stile Fed, i capitali esteri che finora hanno sostenuto l’euro potrebbero tornare al mittente e dare il via a una nuova fase di transizione per una delle valute più controverse e discusse della storia dei mercati valutari.
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