CRISI. Ci stiamo avvicinando alla fine del 2011 ma, purtroppo, sembra che i funzionari europei non stiano facendo alcun progresso nella ricerca di una soluzione alla crisi del debito in corso. In realtà, sembra che la tensione stia crescendo, i nervi stiano saltando, e tutto questo mentre i funzionari stanno iniziando a giocare al “blame game”, (“di chi è la colpa”?) puntandosi il dito a vicenda.
Da un lato, recentemente nominato presidente della Bce, Mario Draghi ha esortato i governi europei a indossare stivali da lavoro e a rimboccarsi le maniche, per cominciare, seriamente, a rendere operativo il Fondo europeo di stabilità finanziaria (EFSF).
L’EFSF è un progetto effettivamente in cantiere da parecchio tempo ormai, con poche iniziative concrete prese per attuarlo.
E’ stato creato più di un anno e mezzo fa e, da allora, la zona euro ha unanimemente votato per garantire l’intero fondo, nonché massimizzare il suo impatto attraverso l’effetto leva. Attualmente, i funzionari europei vogliono rafforzare l’EFSF, e si sono dati una scadenza per farlo: fine dicembre. Il problema è che gli oneri finanziari crescenti (attraverso redimenti più elevati) e la mancanza di interesse da parte degli investitori stanno ritardando qualsiasi progresso.
Questo ha infastidito Draghi e il resto della Banca centrale europea (BCE), i quali, entrambi, ritengono che i governi europei dovrebbero essere ormai pronti ad agire. Non è più tempo di chiacchiere e tentativi di negoziati.
Tuttavia, gli stessi Draghi e BCE sono oggetti di numerose critiche. I funzionari della zona euro, dalla Grecia alla Francia, stanno puntando puntando il dito contro Francoforte, chiedendo a gran voce che il suo Istituto intensifichi i propri interventi, e cominci a giocare un ruolo maggiore nella risoluzione della crisi del debito: massicci acquisti di obbligazioni sul mercato secondario e una politica di allentamento quantitativo. E a quanto pare, questi governi non sono i soli a pensarla così.
La BCE potrebbe non avere altra scelta che lanciare un programma di quantitative easing, così come hanno fatto la Fed e la Banca d’Inghilterra.
Come ha risposto la Banca centrle a tutte queste pressioni? Beh, sostanzialmente dicendo "Questo non è il nostro lavoro!" La BCE ritiene che l’adozione di un quantitative easing, andrebbe oltre e persino contro il suo mandato di stabilità dei prezzi. L’inflazione della zona euro, che attualmente è appesa al 3,0%, è ancora ben al di sopra del massimale indicativo del 2,0% fissato dalla BCE.
Puntare il dito non porta più vicino a trovare una soluzione. Non solo è un atto inutile, ma mostra anche ai mercati che i funzionari europei sono confusi e disperati. Cosa che non aiuta a infondere fiducia.
Inoltre, a questo punto, la situazione è diventata così grave che ci vorrà uno sforzo concertato per sostenere la zona euro. L’ orologio fa “tic tac” e l’Europa non può permettersi di continuare ad andare avanti così. Qualcuno dovrà fare qualcosa. Sarà la BCE?
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