Crisi Eurozona: un corpo 17 teste?

Nadia Fusar Poli

25/10/2011

Crisi Eurozona: un corpo 17 teste?

CRISI. Le speranze del mondo che l’Europa saprà risolvere la sua crisi del debito a colpi di audacia e coraggio, si stanno scontrando con una realtà testarda: soluzioni che funzionano su carta sono spesso irraggiungibili in una zona euro formata da 17 Paesi sovrani. Oggi più che mai trasformatasi in un Europuzzle.

I leader dell’UE sono alle prese con i contrasti che stanno bloccando il promesso "pacchetto completo", la soluzione finale e definitiva per domare la crisi. In primis le spaccature tra i più importanti attori - Germania, Francia e Banca centrale europea - , su come potenziare il fondo di salvataggio della zona euroo ristrutturar e i soffocanti debiti della Grecia
Anche se i leader facessero abbastanza per evitare un tracollo finanziario, per risolvere le cause profonde della crisi del debito - che includono le disparità economiche che l’Europa non ha capito come riequilibrare all’interno dell’ "eurostruttura" - è probabile che occorreranno comunque anni, avvertono analisti e funzionari.

I leader europei hanno detto al vertice di Domenica a Bruxelles di essere convinti che troveranno una soluzione definitiva alla crisi finanziaria europea, ma che c’è ancora lavoro da fare.
L’Europa sta fissando un decennio perduto. Anni di stagnazione economica con la paura persistente di un default sovrano e del settore bancario avranno un impatto considerevole sulla più ampia economia internazionale.

Dietro le divisioni politiche attuali risiedono profondi vincoli politici e istituzionali che limitano ciò che l’Europa può fare per fermare un crollo della fiducia nella zona euro, che minaccia di minare la fragile crescita economica mondiale.

Mercati e responsabili politici concordano sul fatto che è necessario un grande piano. Ma una serie di fattori stanno limitando i progressi della zona euro, che si traducono in lenti e piccoli passi: i limiti della solidarietà tra i 17 Stati-nazione che compongono la zona euro, la cultura della prudenza della Banca Centrale Europea, la riluttanza dei governi nazionali a rivedere le loro economie, tranne sotto costrizione, e la mancanza di margine di manovra finanziaria anche nelle principali economie europee come la Francia.

"Non stiamo davvero mostrando una leadership correttamente funzionante", ha detto il primo ministro lussemburghese Jean-Claude Juncker. Le divisioni europee sulla risposta alla crisi stanno lanciando segnali "disastrosi" ai mercati, ha aggiunto.

La logica di una maggiore integrazione economica in una unione monetaria si sta scontrando con le radicate identità nazionali che continuano ad essere il fondamento delle democrazie europee.
La solidarietà pan-europea è particolarmente difficile da "vendere" in alcune parti della zona euro, soprattutto nei paesi meno ricchi, come la Slovacchia, che ha dimostrato tutta la sua reticenza in occasione del voto di ratifica dell’EFSF. "Non è giusto che un paese povero come la Slovacchia debba pagare per uno più ricco, come la Grecia", si diceva.

Nella maggior parte del Continente, fiducia nei benefici complessivi di una integrazione europea rimane forte, secondo quanto rilevano i sondaggi d’opinione. Il progetto europeo ha coinciso con decenni di relativa pace e prosperità nel periodo post-bellico.

Finora, i parlamenti nazionali hanno sottoscritto tutti i salvataggi dei peasi membri della zona euroa corto di liquidità -per paura di un crollo finanziario più grande e di più gravi fratture politiche in Europa.

L’Europa deve avere una visione di come uscire dalla crisi e muoversi nella direzione di una maggiore unione politica e fiscale, dice il professore di economia di Harvard Kenneth Rogoff. In questo modo sarà restituita la necessaria fiducia agli investitori.

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