La situazione dell’Eurozona sta ora diventando più chiara. Questo articolo elenca 10 osservazioni e 5 conseguenze. La linea di fondo è che, anche se sono stati compiuti passi importanti nel 2012, quelli più difficili mancano ancora all’appello. Tanto deve ancora essere fatto da parte di politici poco predisposti. Così, purtroppo le cose dovranno peggiorare prima di migliorare.
Questa crisi non sarebbe mai dovuta accadere
Era prevedibile. Le risposte politiche erano inizialmente facili. Ciò che non era prevedibile era il caos che i politici avrebbero combinato. Anche gli economisti hanno una bella parte di responsabilità avendo indugiato in totale disarmonia, avanzando proposte irresponsabili seguite da analisi profondamente confuse. Mentre il tempo passa, il processo darwiniano di separare le analisi sbagliate da quelle giuste sta prendendo piede e le cose iniziano a diventare più chiare. Speriamo che le seguenti 10 osservazioni saranno meno controverse nel 2013 rispetto agli anni precedenti.
- Come a lungo saputo dai lettori di libri di testo elementari, le politiche di austerità hanno effetti recessivi.
Gli economisti più sofisticati sono a conoscenza degli effetti non-keynesiani, ma sanno anche le condizioni impegnative ai sensi delle quali questi effetti si verificano. Sicuramente non sono previsti nel bel mezzo di una grave recessione in parte provocata dal deleveraging delle banche.
- La riduzione del debito è un processo molto lungo; stiamo parlando di decenni, non del successivo rapporto della Troika.
Che inizi nel 2011 o nel 2016 non fa alcuna differenza sostanziale per quel processo, ma ha una grande importanza per la macroeconomia.
- Il rapporto debito pubblico/Pil è ridotto meglio attraverso una crescita sostenuta del Pil nominale.
L’inflazione potrebbe sembrare la soluzione migliore, ma non è così. Il Giappone ha dimostrato quanto una banca centrale possa non essere in grado di estrarre il paese dalla trappola della deflazione. I titoli pubblici non sono più quello che erano una volta: in un mondo globalizzato, con la promessa di due decenni di inflazione moderata, si ottiene una nuova crisi del debito sovrano. Inoltre, essendoci già passati, nessuno più vuole davvero scatenare l’inflazione. Questo ci lascia con la crescita del Pil reale come condizione necessaria per far scendere in modo indolore il rapporto debito/Pil.
- In un mondo migliore, avremmo un’unione fiscale con cui il famoso dittatore benevolo permetterebbe di coordinare le politiche fiscali nazionali per ottenere un buon mix di politiche dell’Eurozona e organizzare i trasferimenti dai paesi che ottengono i più bassi tassi di disoccupazione in un decennio a quelli in cui la sofferenza sociale è acuta.
Ma nel mondo di oggi gli elettori sono arrabbiati con tutto ciò che si chiama Europa e non sosterranno mai un’unione fiscale. E, comunque, non abbiamo neanche alcun dittatore benevolo.
- La crisi ha fornito un livello sorprendente di flessibilità dei salari e di mobilità del lavoro.
Ciò significa che la necessità di dissolvere l’euro e tornare alle vecchie monete nazionali quasi ad ogni costo è evaporata.
- Il tanto auspicato risveglio della Bce ha prodotto diversi miracoli, in particolare un grande rilassamento dall’angoscia di mercato.
Il risultato prevedibile è stato purtroppo che anche i politici si sono rilassati. Adesso sono sempre meno disposti ad affrontare la realtà.
- Nella maggior parte dei paesi dell’eurozona, le riforme strutturali sono tanto necessarie ora quanto lo erano prima della crisi.
Ci sono speranze secondo cui la crisi in qualche modo (attraverso pressioni esterne) stia rendendo meno impossibile una loro realizzazione. Ma i progressi sono stati limitati e, soprattutto, i risultati impiegano molto tempo a materializzarsi.
- Le banche sono al centro di un circuito diabolico: le quote del debito pubblico nazionale detenute dalle stesse.
Mentre questi debiti perdono valore di mercato, le banche subiscono perdite. Se le banche falliscono, i governi devono prendere in prestito per salvarle. Ma le banche nazionali sono rimaste le uniche acquirenti private dei debiti pubblici.
- La tolleranza massima ha permesso a molte banche di non tenere pienamente conto delle perdite subite nel 2007-8.
Per questo motivo, si è dato il via al deleveraging, il che ha portato ad una stretta creditizia, che a sua volta rallenta la crescita. Mentre la recessione si diffonde e si intensifica, la qualità del credito bancario si sta rapidamente deteriorando. Questo secondo circuito diabolico collega le banche all’economia reale.
- La Bce è il prestatore di ultima istanza sia per banche che per governi.
Ciò comporta un enorme rischio morale. Il rischio morale può essere fortemente ridotto con adeguate misure istituzionali.
Le implicazioni politiche
Se queste osservazioni sono accettabili, quali sono le implicazioni politiche? Ecco le mie.
- La crescita reale sostenuta dovrebbe essere la priorità numero uno.
A lungo termine, le riforme strutturali produrranno i loro effetti magici, ma dobbiamo anche preoccuparci del breve termine, e siamo ormai a corto di strumenti. Come le altre banche centrali, la Bce ha raggiunto il limite di efficacia macroeconomica.
- Le politiche di austerità devono finire, ora.
Tuttavia, questo non significa che le politiche fiscali espansive siano possibili. Paesi che hanno perso l’accesso al mercato non possono prendere in prestito una via d’uscita, a meno che i creditori ufficiali non siano disposti a dare una mano. Mentre sempre più paesi perdono l’accesso ai mercati, i prestiti ufficiali possono solo essere forniti da un numero sempre minore di paesi, molti dei quali sono già fortemente indebitati. La Germania è un esempio calzante. Quindi non possiamo aspettarci che le politiche fiscali diventino espansive, soprattutto in paesi in cui la recessione è più profonda.
- La crescita non tornerà a meno che il credito bancario non sarà sufficientemente disponibile.
Perché ciò accada, le banche devono uscire dai due diabolici circuiti di cui abbiamo parlato prima: 1) devono smettere di finanziare i propri governi, 2) devono essere chiuse se non in grado di aumentare il capitale necessario per concedere prestiti al settore privato. Ma i loro governi potrebbero non avere le risorse necessarie per effettuare una risoluzione.
- La Bce può agire come prestatore di ultima istanza per banche e governi, ma chi ne sosterrà i costi residui?
Il Meccanismo europeo di Stabilità è troppo ristretto per il compito di cui sopra e ci sono poche possibilità che i paesi più ricchi saranno d’accordo ex ante a sostenere costi enormi e imprevedibili.
- L’unica opzione che rimane è la ristrutturazione del debito pubblico.
Questo porterà a fallimenti bancari. Ciò significa che le riduzioni del debito dovranno essere sufficientemente profonde da consentire ai governi di prendere in prestito, passare a politiche fiscali espansive e salvare le banche che sono state distrutte all’inizio, di fatto annullando il circuito diabolico.
Chi presterà? Anche la migliore ristrutturazione delle banche non consentirà un recupero immediato di accesso al mercato. La Bce è l’unica istituzione al mondo che può dare una mano. Questo significa perdite di massa sul proprio bilancio e quindi patrimoniale negativo, il che non è un problema economico ma potenzialmente un grave problema politico.
Conclusioni
Non esiste alcuna opzione facile per l’Eurozona, dopo tre anni di cattiva gestione. I governi non accetteranno misure drastiche, se non costretti. Questo significa che abbiamo bisogno di un altro round di peggioramento della crisi. Dal momento che ogni giorno che passa è un giorno di miseria e dal momento che i costi sono in aumento mentre i debiti pubblici continuano a crescere, il meglio che possiamo sperare è che ciò accadrà nel 2013 piuttosto che nel 2014.
| Traduzione italiana a cura di Erika Di DIio. Fonte: Voxeu |
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