Cosa ha fatto Trump in 4 anni da presidente degli Stati Uniti

Riccardo Lozzi

3 Novembre 2020 - 12:17

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Dall’economia all’ambiente, ecco le politiche e gli obiettivi realizzati da Donald Trump durante i suoi 4 anni da presidente degli Stati Uniti.

Cosa ha fatto Trump in 4 anni da presidente degli Stati Uniti

Dopo mesi di dura campagna elettorale, tra poche ore tutto il mondo conoscerà il risultato delle elezioni USA 2020. Si saprà quindi se Joe Biden diventerà il nuovo presidente americano, o se Donald Trump verrà confermato alla Casa Bianca per un secondo mandato.

Nell’attesa di comprendere quali potrebbero essere le conseguenze per gli Stati Uniti e per il pianeta in caso di vittoria dell’uno o dell’altro, dal punto di vista economico, politico e sociale, andiamo ad analizzare cosa ha fatto Trump in 4 anni da presidente degli Stati Uniti.

Cosa ha fatto Trump per l’economia USA

La politica economica dell’amministrazione Trump si è caratterizzata per l’attivazione di diverse azioni protezionistiche che hanno visto nella Cina il principale avversario.

Nel corso di questi 4 anni, infatti, sono stati annullati diversi accordi di commercio internazionale, tra cui il Trans-Pacific Partnership (TPP), il trattato che coinvolge 12 Paesi del Pacifico e che si pone l’obiettivo di rafforzare i legami economici tra questi Stati, promuovendo il commercio per rilanciare la crescita.

Questo ha portato anche a un crollo delle esportazioni, soprattutto del settore agricolo, a cui sono stati alzati i sussidi statali sul reddito.

Inoltre, il tycoon newyorkese ha abbassato le tasse alle società americane, portando le aliquote dal 35% al 21%, permettendo un risparmio di miliardi di dollari ai grandi industriali.

Nel 2020, anche a causa degli aiuti erogati a causa della contrazione economica per il coronavirus, il rapporto deficit/PIL è stato del 102%, mai così alto dal 1946.

Politica estera

Con Donald Trump alla Casa Bianca si è assistito a un netto cambiamento della politica estera statunitense. I suoi sostenitori sottolineano il fatto che Trump, a differenza dei suoi predecessori, non ha iniziato nuove guerre.

Tuttavia non sono mancate occasioni in cui le sue decisioni di politica estera non abbiano fatto tremare il mondo.

In più di un’occasione “The Donald” non ha risparmiato critiche agli storici alleati europei, tanto che secondo alcuni analisti sarebbe in discussione l’esistenza stessa della NATO in caso di rielezione. Al tempo stesso si sono fatti sempre più tesi i rapporti con la Cina, accusata di aver creato in laboratorio e diffuso a tutti il virus del Covid-19, e con l’Iran (ricordiamo il blitz americano per uccidere il generale iraniano Soleimani).

Il suo grande successo nell’ambito diplomatico è stato certamente l’incontro a Singapore con il leader nordcoreano Kim Jong-un, che ha dato il via all’allentamento delle tensioni storiche tra i due Paesi. Trump è stato anche il primo presidente degli Stati Uniti a varcare il confine tra le due Coree, con successiva stretta di mano con Kim.

Come aveva promesso, inoltre, Trump ha trasferito l’ambasciata in Israele da Tel Aviv a Gerusalemme e, nell’ultimo periodo del mandato, ha svolto il ruolo di mediatore per gli accordi di normalizzazione delle relazioni tra Israele, Emirati Arabi, Barhein e Sudan.

Immigrazione

Tutti si ricordano, durante la sfida del 2016 con Hillary Clinton, la promessa di Trump di costruire un muro al confine con il Messico, garantendo inoltre che a pagarlo sarebbe stato proprio il Paese centro-americano.

Ad oggi la barriera non è stata ancora realizzata, tuttavia sono stati inviati diversi militari al confine per vigilare sull’ingresso delle persone all’interno degli Stati Uniti.

La tolleranza zero applicata dalla sua amministrazione ha fatto sì che diversi bambini siano stati (e siano ancora) separati dai genitori, accogliendo i primi e respingendo i secondi.

Non solo. Con l’approvazione del cosiddetto Muslim Ban, sono stati negati gli accessi, anche temporanei, all’interno degli USA per i cittadini provenienti da: Somalia, Sudan, Iran, Iraq, Siria, Yemen e Libia.

Politica interna: sicurezza e giustizia

La politica interna di Donald Trump è stata caratterizzata dallo slogan “law and order” utilizzato più volte in questo primo mandato. Il motto ha portato tra le conseguenze anche ai duri scontri tra gli attivisti di Black Lives Matter e le forze di polizia.

Non si possono certo addossare all’attuale presidente le colpe della discriminazione razziale, molto presente negli States anche durante gli 8 anni di Obama.

Tuttavia in molti hanno accusato Trump di aver alimentato le tensioni a causa del suo atteggiamento molto duro anche nei confronti delle frange più pacifiste del movimento.

Nei suoi anni da presidente, Trump ha nominato 3 giudici della Corte Suprema, tra cui l’ultima, Amy Coney Barrett, proprio nelle ultime settimane prima delle elezioni, scatenando più di una polemica.

Con questa mossa, al momento il massimo organo giudiziario federale ha una solida maggioranza conservatrice di 6 a 3, potendo influire sulle politiche etico-sociali anche in caso approdasse allo Studio Ovale un presidente progressista.

Clima

Tra i suoi primi provvedimenti, Trump ha annullato gli sforzi di Obama nella lotta contro il cambiamento climatico, sostenendo che questo sarebbe stato dannoso per gli affari.

Sono stati avviate le pratiche per ritirarsi dall’accordo di Parigi, annullando l’obiettivo di riduzione del 26-28% delle emissioni di CO2 entro il 2025.

Si è proceduto quindi alla cancellazione del Clear Power Plan e il National Environmental Policy Act, attuati dall’amministrazione precedente per la transizione ecologica del settore dei trasporti e delle infrastrutture.

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