Concorso call center Inps per 3.000 posti: perché rischia di essere una guerra tra precari

Luna Luciano

09/10/2021

09/10/2021 - 23:29

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Il concorso per i call center dell’INPS rischia di trasformarsi in una guerra di precariato. Il presidente Tridico non si è ancora espresso sulle modalità di selezione.

Concorso call center Inps per 3.000 posti: perché rischia di essere una guerra tra precari

Una guerra tra precari della pubblica amministrazione. In questo rischia di trasformarsi il processo di internalizzazione dei call center dell’INPS. La decisione di assorbire il sistema dei call center all’interno dell’Inps Servizi S.p.A. non risulta infatti essere un cambiamento positivo per i precari.

Se da una parte il presidente dell’ente, Pasquale Tridico, ha annunciato che l’INPS procederà alla selezione pubblica per tremila assunzioni, d’altro canto non sono chiari quali saranno i “criteri preferenziali” per chi da tempo lavora nel campo dell’assistenza telefonica per l’ente.

Call center INPS: qual è la situazione attuale?

C’è una costante confusione e tensione tra gli assistenti telefonici sull’operazione di internalizzazione dei call center dell’INPS. A oggi questi lavoratori sono alle dipendenze di due società fornitrici: la Comdata e Network Contacts. Tra mille incertezze la speranza di questi dipendenti, che fino a oggi hanno gestito il servizio, è quella di essere assorbiti dall’INPS per continuare a svolgere la propria professione.

Eppure, nonostante l’esistenza della legge sulla clausola sociale, il dipartimento della Funzione pubblica ha escluso che l’ente previdenziale sia costretta ad assorbire i dipendenti delle due società. L’unica cosa certa al momento è che l’ente previdenziale non potrà concludere il processo entro questo dicembre 2021.

L’INPS ha quindi dovuto rinnovare il contratto di fornitura di call center per 12 mesi, con la possibilità di rescindere il contratto con tre mesi di preavviso. Nonostante il rinnovo non rimane molto tempo agli operatori telefonici che chiedono di conoscere le sorti del loro impiego, a farli tremare è stata la notizia che l’ente ha avviato le selezioni dei candidati che abbiano esperienza in campo previdenziale, assistenziale e anche fiscale, allargando così il bacino di ricerca. Una selezione che si avvia a essere una guerra fra precari.

Call center INPS: una guerra fra precari

In quelle che sono le procedure di selezione dovrebbero essere previsti dei criteri in favore di chi abbia già esperienza professionale di quel genere. A parlarne è stata Fabiola Bravi dell’Unione sindacale di base. Alla notizia della ricerca di personale con competenze fiscali, la Bravi ha voluto precisare che questa soluzione rischia di fornire un vantaggio ai dipendenti di ex-fornitori di call center dell‘Agenzia delle Entrate.

In questo modo la stabilizzazione degli operatori telefonici che per anni hanno lavorato per l’INPS potrebbe essere in pericolo, trasformando la situazione in una vera guerra fra precari con retribuzioni misere: si parla infatti di mensilità che vanno dai 500 ad 800 euro, straordinari inclusi.

Non a caso il sindacato USB ha chiesto di avere informazioni più precise riguardo le future retribuzioni. Quello che doveva essere un processo virtuoso, che avrebbe posto fine ad anni di precariato, si sta trasformando in un incubo per i lavoratori delle due ditte fornitrici.

Call center INPS: la legge si divide

Anche la legge si divide su tale questione. A entrare in contrasto sarebbero due leggi che dovrebbero tutelare i lavoratori. L’INPS Servizi vorrebbe selezionare i candidati attraverso lo strumento della selezione pubblica su titoli ed esperienza in campi affini. Questo non solo allarga il bacino di ricerca ma vede il rischio che gli stessi operatori, che per anni hanno lavorato in questo campo per lo stesso ente previdenziale, potrebbero vedersi strappare via il lavoro.

In situazioni del genere esiste una legge sulla clausola sociale (l.n. 11/2016) che è stata inserita anche nel contratto nazionale della categoria degli operatori telefonici. Questa legge garantirebbe la prosecuzione del lavoro nonostante gli enti cambino le ditte appaltatrici.

Eppure, secondo la Funzione pubblica la clausola potrebbe non valere perché contrasterebbe i requisiti di pubblicità, trasparenza ed equità previsti dal Testo Unico in materia di Società a partecipazione pubblica (Dlgs 175/2016).

Una situazione che sembra essere senza via d’uscita con il risultato che i dipendenti non solo rischiano di perdere il posto presso l’ente, per cui hanno lavorato per anni, ma a causa di alcune manovre interne alle aziende fornitrici potrebbe definitivamente restare disoccupati.

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