L’oro continua a muoversi al di sotto di 1.200$ e le prospettive per il prossimo anno restano sostanzialmente negative. Possibile un approdo intorno a 1.000$ l’oncia
Il prezzo dell’oro è diminuito molto negli ultimi giorni, passando da 1.238$ a 1.170$ per un deprezzamento intorno al 5,8%. Il 2014 potrebbe comunque chiudersi in territorio leggermente positivo, dopo il tonfo del 29% circa dello scorso anno. Gli instancabili estimatori del metallo prezioso, ma soprattutto i grandi acquirenti asiatici, sperano in una ripresa delle quotazioni ma la maggior parte degli analisti finanziari continua a ribadire che il metallo giallo sperimenterà un calo nel 2015. Due sono le variabili principali che giocano contro il bene rifugio: la forza del dollaro americano e le aspettative di bassa inflazione.
Tra il 2008 e il 2011 il valore dell’oro era cresciuto del 70% circa, raggiungendo addirittura un record storico a 1.921$ nel settembre del 2011. Erano gli anni della grande crisi finanziaria provocata dal crack di Lehman Brothers, della recessione mondiale, delle costanti iniezioni di liquidità delle banche centrali e della crisi dei debiti sovrani europei. L’oro veniva consacrato come asset rifugio per eccellenza, una protezione dal rischio carovita e di crisi economica prolungata nel tempo. Dalla primavera del 2013 le cose sono cambiate radicalmente, in concomitanza con l’annuncio della FED di voler avviare il tapering.
L’oro è crollato da 1.800$ a 1.180$, approfondendo ulteriormente la discesa a inizio novembre scorso quando ha aggiornato i minimi dal 2010 a 1.131$ l’oncia. Il mercato continua a scommettere sul ribasso, in particolare le principali case d’affari. Goldman Sachs stima un approdo a 1.050$ entro fine 2015, mentre Société Générale ritiene che il valore dell’oro scenderà anche di più fino a 950$ nel giro di dodici mesi. Secondo un sondaggio effettuato da Bloomberg, la quotazione media dell’oro attesa per il primo trimestre del 2015 dovrebbe attestarsi sui 1.175$ l’oncia. La debolezza del metallo prezioso dovrebbe poi accentuarsi nei trimestri successivi, a causa delle aspettative di perdurante forza del dollaro americano.
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