Come funziona un referendum in Italia

Simone Micocci

20/09/2021

20/09/2021 - 16:36

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In Italia sembra essere iniziata una nuova stagione referendaria: al via la raccolta firme su diversi temi specifici. Ma come funziona davvero un referendum?

Come funziona un referendum in Italia

Sapere come funziona un referendum in Italia è molto importante, specialmente in questo periodo storico in cui la massima espressione della democrazia popolare sembra essere tornata “di moda”.

Sono diverse, infatti, le raccolte firme per i referendum attualmente in corso: da quello sull’eutanasia a quello per la legalizzazione della cannabis. E le firme non mancano, dimostrazione che qualcosa sta cambiando: solo qualche anno fa, infatti, dopo il fallimento di alcune campagne per la raccolta firme, si celebrava il tramonto dell’istituto referendario.

C’è quindi un rinnovato spirito, con il cittadino che sembra aver capito che il referendum è uno dei pochi strumenti che consente di esprimere la propria volontà politica senza che questa sia veicolata da un qualche rappresentante. Nonostante questo rinnovato interesse, però, solo pochi sanno rispondere effettivamente alla domanda su come funziona un referendum in Italia, vista tra l’altro la complessità della materia che ci troviamo ad approcciare.

Anche perché, va detto, sono diverse le tipologie di referendum e ognuna di queste presenta delle proprie regole. Facciamo chiarezza a riguardo.

Referendum in Italia: la normativa

Il referendum è quello strumento, esplicitamente previsto dalla Costituzione italiana, che insieme alla petizione (articolo 50) e al disegno di legge d’iniziativa popolare (articolo 71) garantisce la partecipazione diretta dei cittadini alla vita politica del Paese (che secondo l’articolo 3 è considerato diritto inviolabile).

Parlare di referendum in maniera generica, tuttavia, non è la cosa migliore da fare. Come anticipato, infatti, ne esistono diverse tipologie e per ognuna di queste vi sono delle specifiche procedure da seguire. In particolare partiamo dal referendum abrogativo, in quanto è questo che nell’ultimo periodo sta suscitando il maggiore interesse.

Come funziona il referendum abrogativo

Come si intuisce dal nome, con referendum abrogativo - disciplinato dall’articolo 75 della Costituzione - vi è la possibilità di abrogare - totalmente o parzialmente - una tra:

  • legge (legge in senso formale approvata dal Parlamento secondo il procedimento ordinario);
  • atto avente valore di legge (decreto legge, decreto legislativo).

Attenzione però: ci sono leggi che non possono essere oggetto di abrogazione referendaria. Si tratta di, come espressamente stabilito dall’articolo 75 della Costituzione, leggi:

  • tributarie e di bilancio;
  • di amnistia e d’indulto;
  • di autorizzazione a ratificare trattati internazionali
  • oppure disposizioni costituzionali, gerarchicamente sovraordinate alla legge ordinaria e quindi abrogabili solo mediante il procedimento aggravato previsto dall’art. 138 della Costituzione.

Secondo la Corte Costituzionale, inoltre, sono inammissibili i referendum che non hanno un oggetto unitario, o quelli in cui l’esito positivo rischierebbe di paralizzare l’attività di un organo costituzionale.

Possono proporre un referendum di tipo abrogativo:

  • i cittadini, in particolare da 500.000 elettori;
  • le Regioni, in particolare 5 Consigli regionali.

La richiesta della consultazione deve essere depositata nella cancelleria dell’Ufficio centrale per il referendum (Corte di Cassazione) entro il 30 settembre di ciascun anno, e comunque non nell’anno anteriore alla scadenza delle Camere e nei sei mesi successivi alle relative elezioni.

Una volta depositata la richiesta vengono effettuati due diversi controlli:

  • verifica della conformità della richiesta abrogativa alle norme vigenti. In questa fase, ad esempio, vengono validate le firme raccolte e si verifica che la procedura sia stata effettuata in forma legittima;
  • controllo se l’atto normativo a cui riferisce il referendum è ancora vigente o comunque se non è già stato dichiarato costituzionalmente illegittimo con sentenza della Corte Costituzionale.

Sarà sempre l’Ufficio centrale, in base a quanto stabilito dalla legge 173/1995, a determinare il quesito del referendum, ovviamente su indicazione dei promotori. Successivamente al controllo, con esito favorevole ovviamente, dell’Ufficio centrale si dà avvio al giudizio di ammissibilità, di cui invece se ne occuperà la Corte Costituzionale.

Superato anche questo step si può andare al voto. Solitamente l’appuntamento viene fissato tra il 15 aprile e il 15 giugno, e l’esito della consultazione è valido solo se viene raggiunto il quorum di partecipazione, ossia quando a votare si presenta la maggioranza degli aventi diritto.

Il referendum passa se il totale dei voti raggiunge la maggioranza dei voti validi.

Come funziona il referendum costituzionale

L’articolo 138 della Costituzione, invece, prevede la possibilità di richiedere il referendum di tipo costituzionale nel caso in cui le Camere abbiano approvato una legge di revisione costituzionale o una legge costituzionale.

Per i cittadini, quindi, vi è la possibilità di confermare o annullare una tale decisione.

Possono presentare la richiesta:

  • deputati o senatori, ossia un quinto dei membri di una Camera
  • i cittadini, in particolare da 500.000 elettori
  • le Regioni, in particolare 5 Consigli regionali

Questa va inoltrata entro 3 mesi dalla pubblicazione della legge in Gazzetta Ufficiale. Va detto, però, che nel caso in cui le camere dovessero raggiungere la maggioranza qualificata dei 2/3, allora non si potrà chiedere il referendum.

La differenza, rispetto al referendum abrogativo, è che in questo caso non serve raggiungere alcun quorum. Il risultato del referendum, quindi, si considera valido in ogni caso.

I referendum territoriali

Questi i due più importanti referendum presenti in Italia, anche perché si tratta di quelli più utilizzati negli ultimi anni. Ma ce ne sono altri, come ad esempio il referendum sulla modifica delle circoscrizioni territoriali, che a sua volta si suddivide in due tipologie:

  • referendum che costituisce, ovviamente in caso di votazione favorevole, il presupposto per una legge costituzionale che vada a fondere una o più regioni (articolo 132 della Costituzione, comma I). La richiesta va inoltrata da almeno tanti consigli comunali che rappresentino 1/3 della popolazione delle regioni interessate;
  • referendum che costituisce, sempre in caso di votazione favorevole, il presupposto per una legge ordinaria che consente a una provincia o a un comune di cambiare regione (articolo 132 della Costituzione, comma II) In questo caso, invece, il referendum dovrà essere richiesto da Consiglio regionali e comunali che rappresentino 1/3 della popolazione del territorio richiedente il distacco e 1/3 del territorio che rimarrebbe distaccato dal primo.

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