Clima e accordi diplomatici: ecco cosa potrebbero impedire l’invasione di Putin

Chiara Esposito

20 Febbraio 2022 - 10:36

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La finestra di tempo si restringe e la democrazia avanza, c’è ancora margine di manovra sull’esito delle tensioni al confine ucraino.

Clima e accordi diplomatici: ecco cosa potrebbero impedire l’invasione di Putin

Tenere d’occhio il confine ucraino è un’attività estremamente logorante per tutti gli attori coinvolti, i sostenitori della diplomazia in particolar modo, ma due fattori fanno ben sperare; c’è ancora una possibilità che la guerra potenziale non si trasformi in una vera e propria invasione.

A remare contro il Cremlino ci sono motivi climatici e diplomatici che incidono principalmente su fattori di natura operativa al fronte così come sulla percezione delle reali chance di Putin di ottenere l’effetto sperato con questa mossa «muscolare» messa in atto fino ad oggi.

Tutto potrebbe cambiare in poche ore, è vero, c’è ancora un breve lasso di tempo in cui la Russia, in barba alle spaventose conseguenze umanitarie del conflitto e ai risvolti economici, potrebbe attaccare ma con lucidità dobbiamo analizzare anche il fronte opposto.

Ecco quindi cosa potrebbero concretamente impedire l’invasione dell’Ucraina.

Il punto della situazione al fronte

Come ormai ben sappiamo il territorio ucraino è assediato da tutti i fronti; non c’è spazio e, come se non bastasse, le regioni del Donbass con le sue due repubbliche nemiche non hanno mai smesso di essere teatro di scontri.

Ad aggiungersi a questa già turbolenta situazione, a seguito di diversi annunci ufficiali, si erano anche insediate al confine bielorusso delle forze alleate di Mosca. Questa manovra aveva fatto sorgere non poche preoccupazioni e anzi, se dovesse partire l’attacco, questo sarebbe il punto di rottura per un escalation.

Prima di tutto però capiamo qual è la situazione sul campo. Raccogliere informazioni sui movimenti delle forze russe è una vera impresa e, vista l’esigua presenza di giornalisti indipendenti o impiegati dai giornali internazionali nella zona, la stampa è costretta ad affidarsi alle poche informazioni che le agenzie di intelligence lasciano trapelare sui giornali. Informazioni importanti infatti sono le immagini satellitari delle basi.

Le dichiarazioni dei leader occidentali sono un’altra fonte e stando ad un recente aggiornamento del presidente statunitense Joe Biden, i soldati russi sul confine russo o bielorusso con l’Ucraina sono circa 150mila. Il ministero della Difesa ucraino invece fa una stima simile, 149mila soldati.

Al netto dei numeri, l’interesse principale è rivolto ai movimenti stessi di queste decine di migliaia di soldati ammassati al confine. Alcuni osservatori parlavano di de-esclation dopo un video in cui si vedono i veicoli militari stanziati in Crimea allontanarsi passando per un ponte, ma non c’è certezza che queste siano le prove generali di una vera ritirata.

Il segretario generale dell’Alleanza atlantica, Jens Stoltenberg, ha piuttosto chiarito:

“Abbiamo sentito segnali da Mosca su una disponibilità a continuare sforzi diplomatici. Ma finora non abbiamo nessuna de-escalation o ritiro delle forze, al contro pare che aumenti l’ammassamento”.

Le immagini del filmato, non a caso, sono state diffuse dai russi, ben noti per le loro messe in scena.

Quelle che ancora oggi si proclamano come delle esercitazioni dovrebbero insomma concludersi il 20 febbraio. Solo a partire da questa data gli spostamenti saranno più attendibili.

Clima sfavorevole: cause della possibile ritirata

Le truppe in questione quindi sono il vero punto nevralgico dell’assetto bellico, ma il potenziale militare deve scontrarsi prima di tutto con le forze avverse del clima.

La realtà dei fatti è che ogni settimana in cui le truppe russe rimangono pronte al fronte si restringe ulteriormente la finestra per una possibile invasione a causa delle basse temperature alle quali uomini e donne dell’esercito sono sottoposti.

Disporre di queste forze in tende provvisorie e senza linee di rifornimento regolari equivale a dire che le forze russe non possono resistere per sempre alle porte dell’Ucraina.

Oltre al freddo però anche un eventuale disgelo primaverile potrebbe essere il nemico delle unità russe; il terreno fangoso è un ostacolo tale da rendere alcune rotte impraticabili per i mezzi meccanizzati.

Sul fronte delle temperature quindi la data stimata come «turning point» è l’1 marzo. Se fino a quel giorno non ci sarà stata ancora nessuna invasione si allontana il pensiero di un attacco concreto.

L’unica voce furi dal coro su questo punto è, come riporta anche POLITICO, Andrea Kendall-Taylor, ex funzionario dell’intelligence statunitense concentrato sulla Russia. Per lui anche allora che il pericolo sarebbe tutt’altro che finito perché Putin potrebbe pure decidere di «abbassare la tensione per poi rialzarla velocemente subito dopo». Nelle sue dichiarazioni però non viene specificato in che modo e misura.

I passi avanti della diplomazia

Ci sono anche dei motivi politici a sostegno dell’ipotesi che questo dispiegamento di forze si concluda in un «nulla di fatto» bellico. La soluzione ci sarebbe ma ha carattere strettamente diplomatico.

Le prospettive di peso avanzate dalla stampa sono ben sintetizzate dall’analista dell’Atlantic Council Emma Ashford che su Foreign Policy sostiene che ci sia la possibilità per Russia e Occidente di «trovare un modo per impegnarsi a impedire l’ingresso dell’Ucraina nella NATO nel breve termine. Un impegno a non inviare truppe né costruire basi della NATO in Ucraina, oppure una moratoria su una cooperazione militare fra Ucraina e NATO, per esempio, potrebbe essere un modo per dare alla Russia quello che vuole senza rinunciare alla nota politica della NATO delle “porte aperte”».

Quest’ultima prevede che qualsiasi paese possa unirsi all’alleanza accettando di rispettarne i princìpi di sicurezza.

C’è anche chi scommette sul fatto che Putin non abbia mai pensato davvero di invadere l’Ucraina e che questo movimento di truppe fosse solo una prova di forza per spuntarla al tavolo delle trattative. A quel punto però al leader servirebbe un modo per uscirne senza per questo apparire debole e sconfitto e, come è ormai chiaro, riconquistare il consenso politico perso in patria.

Il board di editorialisti di Bloomberg ha analizzato le proposte più appetibili e meno dispendiose che ancora restano sul tavolo: una maggiore trasparenza reciproca sugli esercizi militari e il rafforzamento del Consiglio NATO-Russia, o entrambi.

Queste concessioni parziali sarebbero sì frutto di un compromesso non entusiasmante ma foraggerebbero una de-escalation piuttosto rapida ed indolore. Non essendoci però delle prove concrete rispetto a queste decisioni in sede di negoziati, possiamo solo dire che non è ancora stata detta l’ultima parola.

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