Barcellona: “Puigdemont è il nostro Presidente!”

Felice Di Maro

03/11/2017

Sette ministri sono stati arrestati, mentre un mandato di arresto europeo contro il Presidente Puigdemont e i suoi quattro ministri che si trovano in Belgio è stato richiesto dalla procura spagnola, mentre migliaia di catalani hanno manifestato in tutta la Catalogna contro i processi politici.

Barcellona: “Puigdemont è il nostro Presidente!”

Davanti al Palazzo della Generalità a Barcellona si grida “Puigdemont è il nostro Presidente” e anche “Llibertat!”. Si canta l’inno di Els Segadors e si manifesta contro i processi politici; manifestazioni sono state fatte anche a Girona, Badalona, Tarragona e Lleida.

L’appello delle organizzazioni indipendentiste è stato raccolto perché non sorprende la sproporzione tra la proclamazione della Repubblica catalana di venerdì 27 ottobre e l’accusa che la Procura dell’Audiencia Nacional di Madrid ha formalizzato per i capi di imputazione di ribellione, sedizione e malversazione di fondi pubblici.

La Procura ha chiesto la carcerazione preventiva senza cauzione per otto dei nove ministri del governo regionale catalano che si sono presentati per essere interrogati ed ha presentato alla giudice della Audiencia Nacional Carmen Lamela di emettere un mandato di arresto europeo contro il President catalano Carles Puigdemont e i suoi 4 ministri che si trovano in Belgio e che oggi non si sono presentati a Madrid per essere interrogati.

La giudice della Audiencia Nacional Carmen Lamela ha accolto la richiesta tranne il ministro Santi Vila che si era dimesso il giorno prima della proclamazione della Repubblica e la detenzione è stata evitata con il pagamento di una cauzione di 50mila euro.

Ha così ordinato la detenzione provvisoria del vicepresidente Oriol Junqueras, Jordi Turull (consigliere della Presidenza e portavoce del governo della Generalitat) e di altri sei ministri del Governo catalano: Raül Romeva (Esteri), Josep Rull (Territorio), Carles Mundó (Giustizia), Meritxell Borràs (Cultura), Joaquim Forn (Interni) e Dolors Bassa (Lavoro). Tutti sono stati portati in carceri diversi. La giudice spagnola Carmen Lamela ha ordinato che gli otto ministri siano separati e detenuti in cinque prigioni diverse: il vicepresidente Oriol Junqueras e il ministro Joaquim Forn nel carcere di Estremera, Jordi Turull e Raul Romeva a Valdemoro, Josep Rull a Navalcarnero e Carlesd Mundò a Aranjuez. Dolors Bassa e Meritxell Borras nel carcere per donne di Alcalà.

Svolta in Catalogna

Tutto si inquadra perfettamente nella strategia del PP di Rajoy, basata sulla provocazione continua e sulla repressione sistemica. Si tratta di una strategia che mostra le radici pienamente visibili in quel blocco politico e sociale, erede diretto del franchismo, che ripercorre senza vergogna gli stessi percorsi tanto ordinari e tanto analizzati dagli storici che solo nel 1975 con la nuova Costituzione hanno subito varianti di maniera ma nella pratica dell’agire politico non hanno cambiato nulla.

La Spagna era ed è ancora oggi una monarchia ereditaria ed al re la Costituzione gli affida quella funzione di garanzia che non può essere assolutamente ereditaria in uno stato che fa parte dell’Unione europea.

Una spia eloquente che mostra come sta mutando lo scenario a Barcellona la si osserva per la manifestazione del 29 ottobre degli attivisti dell’unità della Spagna che ha lasciato dietro di sé numerose violenze. I media dopo annunci di grido che erano falsi hanno pubblicato che in realtà erano in circa 300.000 e presentati come unionisti secondo le stime della polizia municipale che hanno sfilato in vari punti della città.

Si ricorderà che già in quella grande manifestazione unionista dell’8 ottobre dopo appena una settimana dal referendum sull’indipendenza della Catalogna dichiarato illegale da Madrid si erano verificati episodi di violenza ad opera di una piccola minoranza molto attiva e aggressiva di manifestanti unionisti.

Nella successiva manifestazione del 29 ottobre gli “ultras” che a quanto pare così in Spagna si definiscono i sostenitori dell’estrema destra hanno cercato di aggredire i Mossos d’Esquadra, la polizia catalana a guardia del palazzo della Generalitat, sede del governo regionale mentre altri hanno aggredito un giornalista e un tassista è stato colpito alla testa da un corpo contundente lanciato da un manifestante. Sabato 28, in occasione della dichiarazione di indipendenza votata dal Parlamento catalano, un gruppo di manifestanti unionisti avevano assalito la sede dell’emittente pubblica catalana Catalunya Radio e colpito dei passanti nel centro di Barcellona, ferendone tre.

Le dichiarazioni di protesta

La sindaca di Barcellona Ada Colau ha dichiarato:

È una giornata buia per la Catalogna perché il governo eletto democraticamente nelle urne è in carcere. Dobbiamo fare fronte comune per ottenere la liberazione dei detenuti politici.

Durissima la reazione della Cup che sosteneva Puigdemont dall’esterno. La capogruppo in Parlamento Mireia Boya ha twittato:

Il governo legittimo in prigione. È uno Stato fascista!

Le segretarie di Erc e Pdecat, Marta Pascal e Marta Rovira, hanno lanciato appelli alla popolazione perché mantenga la calma. Carles Puigdemont ha dichiarato con un tweet:

Il governo legittimo della Catalogna è stato incarcerato per le sue idee e per essere stato fedele al mandato approvato dal parlamento catalano. Il clan furioso della 155 vuole il carcere. Il clan sereno dei catalani, la libertà.

Gli avvocati degli otto detenuti hanno detto che prima di essere portati via, nei furgoni cellulari sono venuti appelli alla tranquillità.

Con un Appello per la Democrazia di tutte le organizzazioni della società civile indipendentista sono state convocate manifestazioni di protesta per venerdì 3 novembre alle 19 in tutte le città catalane contro la detenzione degli otto membri del Governo destituito di Carles Puigdemont ordinata dalla giudice spagnola Carmen Lamela.

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