Bankitalia: ecco come starebbe oggi l’economia italiana se non ci fosse stata la grande recessione

Antonio Atte

6 Ottobre 2016 - 17:17

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Senza il crollo di Lehman Brothers come se la passerebbe oggi l’economia italiana? Lo spiega Fabio Panetta, vice direttore generale di Palazzo Koch.

Bankitalia: ecco come starebbe oggi l’economia italiana se non ci fosse stata la grande recessione

Bankitalia porta le lancette del tempo indietro di qualche anno e, in uno studio sulla crescita Italiana nel contesto internazionale, fa una sorta di “sliding doors” del Belpaese provando a immaginare in che condizioni si troverebbe oggi la nostra economia se non ci fosse stata la grande crisi innescata dal crollo di Lehman Brothers.

Parlando dell’impatto della recessione sui redditi delle famiglie italiane, in un convegno romano organizzato da Il Messaggero il vice direttore generale della Banca d’Italia Fabio Panetta ha spiegato:

“Nei nuclei con capo-famiglia dipendente il calo del reddito equivalente ha superato il 10 per cento; ancora più forte è stato per i lavoratori autonomi. Si è registrato un complessivo slittamento della distribuzione dei redditi verso il basso che si è riflesso in un aumento del numero di famiglie in una situazione di disagio economico elevato, soprattutto tra i nuclei con capofamiglia più giovane”.

L’incremento della povertà - ha proseguito Panetta - in Italia è stato più accentuato che negli altri Paesi europei. Il tasso di disoccupazione, che nel 2007 era pari al 6%, negli ultimi anni ha sfiorato il 13% per poi assestarsi intorno all’11,5%.

Bankitalia: ecco come starebbe oggi l’Italia senza la crisi

Ma senza la grande recessione, quale sarebbe l’attuale stato di salute della nostra economia? Questi i dati forniti da Panetta:

“Secondo nostre stime, in assenza della crisi la crescita in Italia tra il 2008 e il 2015 sarebbe stata più elevata di circa 1,5 punti percentuali all’anno, risultando lievemente positiva. In un tale scenario il rapporto tra le sofferenze bancarie e lo stock di prestiti alle società non finanziarie, al netto degli accantonamenti, invece di raggiungere l’8,4 per cento, il valore massimo toccato l’anno scorso e oggi in calo, sarebbe rimasto pressoché inalterato sui livelli precedenti la crisi, intorno al 2 per cento; le banche italiane avrebbero inoltre colmato circa la metà del ritardo di redditività rispetto a quelle degli altri paesi europei”.

Per quanto riguarda il bilancio dello Stato

“Anche il necessario sforzo di risanamento del bilancio pubblico ha dovuto confrontarsi con il contesto macroeconomico sfavorevole. A quest’ultimo è ascrivibile l’aumento del rapporto tra debito pubblico e PIL, salito lo scorso anno al 132 per cento del prodotto, oltre 30 punti percentuali in più rispetto al 2007. Se da quell’anno il prodotto fosse cresciuto in linea con la media di lungo periodo e la dinamica dei prezzi si fosse mantenuta vicina al 2 per cento, tenendo conto anche delle maggiori entrate che sarebbero derivate da una crescita economica più sostenuta, il peso del debito sul PIL sarebbe sceso in misura non trascurabile”.

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