La BCE sostiene che il protezionismo proposto da Trump non avrà effetti positivi sulla riduzione del deficit commerciale. La soluzione è aumentare il commercio attraverso riforme che rendano competitiva l’economia.
In un bollettino economico di recente pubblicazione la BCE ha inteso rispondere alle provocazioni protezionistiche di Donald Trump: i Paesi che hanno deficit commerciali significativi non dovrebbero chiudersi ai flussi esteri ma intensificare il commercio attraverso riforme che rendano l’offerta più competitiva.
Fin dal suo insediamento Donald Trump ha sfruttato un malcontento generale per legittimare una visione dell’economia internazionale tesa al protezionismo e contraria ai principi del neo-liberismo (à la carte, almeno).
Dopo aver rigettato in toto accordi commerciali quali il TTP e il NAFTA (la procedura non è ancora partita, ma sul piano retorico l’accordo è morto da tempo) e proposto un innalzamento del piano tariffario sulle importazioni, Trump si è speso (e si sta spendendo) sul piano internazionale per rimodellare il carattere del commercio. Dure critiche sono state infatti scagliate dall’amministrazione USA nei confronti di Germania e Cina, colpevoli di avere un surplus commerciale spropositato.
La BCE, notoriamente sensibile ai bisogni dei creditori e raramente a quelli dei debitori, ha di recente punzecchiato gli USA sulla questione commerciale. Chiudersi nella speranza di guadagnare competitività attraverso la sola leva dei prezzi non è una soluzione per chi segna un deficit nella bilancia commerciale. Importare prodotti a basso costo, continua la BCE, è sempre meglio che produrre internamente a costi più alti. L’esatto contrario di quello che va cantando in giro per il mondo Trump.
Trump: l’obiettivo degli USA non è isolarsi ma arginare il neo-liberismo
I fautori del liberismo internazionale hanno fin dal principio sostenuto che l’obiettivo di Trump sia quello di promuovere una forma di puro protezionismo. Trump, d’altro canto, ha sempre rispedito al mittente le critiche di quanti lo ritengono un isolazionista, tanto sul piano economico che su quello militare. Di recente, e con lui il Ministro del Tesoro USA Steven Mnuchin, Trump ha sostenuto che non è intenzione degli USA inficiare 40 anni di progresso economico internazionale tramite la promozione di politiche protezionistiche; semplicemente, gli USA di Trump stanno approntando un cambiamento significativo al paradigma internazionale basato sul neo-liberismo sfrenato (che gli USA hanno introdotto, promosso e spacciato nel mondo come risolutivo di ogni problema per più di 40 anni).
L’economista tedesco Heiner Flassbeck ha di recente chiarito che l’ascesa politica di Trump sia dipesa proprio dal rigetto dei principi neo-liberali e dalla constatazione - apparentemente non ovvia - che il commercio è fatto di due dimensioni: l’export e l’import. Surplus commerciali come quello tedesco (o cinese) non sono sostenibili.
BCE: il protezionismo non serve. Più riforme per ridurre il deficit
Tuttavia, la BCE è del parere che i propositi USA siano sbagliati. La velleità USA di ripianare il gap di competitività con l’estero attraverso l’imposizione di barriere commerciali o con il rientro coatto delle imprese statunitensi sfiora l’ingenuità.
La BCE pensa che gli USA dovrebbero seguire una strada del tutto diversa per risolvere il problema del deficit. Anzitutto, la BCE crede che per trovare un equilibrio tra import e export un Paese sia tenuto a mettere mano alle discrepanze del mercato interno. Significa che anche in un contesto di cambio flessibile come quello del dollaro, la politica monetaria non è sufficiente per ristabilire un elevato livello di competitività. Per rilanciare l’export (l’unico modo contabile per ridurre il deficit commerciale) gli USA dovrebbero, secondo la BCE, rendere il mercato interno più competitivo e tecnologico.
Inoltre, nel suo bollettino economico la BCE ricorda anche come la maggior parte dei Paesi che presentano un deficit commerciale significativo siano anche quelli che hanno la minor propensione a rispettare i principi della global value chain. Non che questo aspetto interessi direttamente gli USA, ben inteso. La BCE allude al fatto che sono molte le imprese nel mondo che preferiscono non esporsi troppo sui mercati esteri per paura di essere fagocitati dai colossi della produzione a basso valore aggiunto.
Tuttavia, per la BCE la soluzione sembra essere sempre la stessa (i Paesi dell’eurozona lo sanno bene): per ridurre il deficit commerciale un Paese è tenuto a promuovere riforme che rendano il mercato interno più competitivo (quindi più votato all’export) senza distorcere il valore della moneta.
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