8 marzo: 97% imprese ha misure per donne

Massimiliano Carrà

07/03/2019

Il 97% delle imprese adotta misure per includere e promuovere la diversità, ma solo il 28% delle persone interessate ne ha beneficiato

8 marzo: 97% imprese ha misure per donne

L’impegno c’è e continua a crescere, ma i risultati non si vedono. Sebbene circa il 98% delle aziende nel mondo abbia investito in misure apposite per le donne, le persone di colore e Lgbtq per includere e promuovere la diversità, tuttavia solo il 28%, ossia un quarto delle persone interessate, ne ha beneficiato.

È quanto emerge dal report realizzato da Boston Consulting Group intitolato "Fixing The Flawed Approach To Diversity", che ha intervistato 16.500 dipendenti di aziende in 14 Paesi, tra cui l’Italia. Sono state individuate lacune e ritardi nell’implementazione delle misure antidiscriminatorie aziendali.

Laura Villani, Partner and Managing Director di Boston Consulting Group e responsabile del progetto Women@BCG per Italia, Grecia e Turchia, afferma che la strada è ancora lunga e che nonostante la consapevolezza su questi argomenti sia globale, non si riescono a creare e a mettere in atto programmi concreti e strutturali.

La situazione italiana

La situazione italiana segue la scia degli altri Paesi. Il 97% delle imprese ha adottato politiche a favore delle donne, ma quelle che ne hanno beneficiato sono appena il 29%.

Laura Villani sottolinea che in Italia l’impegno di Bcg è molto forte. Ad esempio in tema di diversity ’’al femminile’’, sono stati creati specifici a supporto della crescita personale e professionale e di un corretto equilibrio tra le due.

E da questi sono nate iniziative per la maternità o legate alla salute come quella dell’8 marzo, dove sarà offerta in collaborazione con Lilt Milano (Lega Italiana per la Lotta ai Tumori) un momento di formazione e di prevenzione, con la possibilità per tutte le colleghe di Bcg di effettuare una visita senologica gratuita nella sede di Milano.

I vertici delle aziende sottostimano il problema

Come risulta dalle interviste effettuate, il problema è strutturale e riguarda l’identità dei vertici aziendali, che si rispecchia nel gruppo dominante.
Gruppo che per la maggior parte dei Paesi presi in esame è composto da uomini bianchi over 45 ed eterosessuali.

Tra i leader delle migliori 500 aziende inserite nella lista di Fortune 500, solo 24 sono donne, cioè meno del 5% e addirittura solo 3 sono di colore e sempre lo stesso numero sono omosessuali dichiarati. Le conseguenze sono ovvie: i dirigenti sottostimano gli ostacoli incontrati da questi dipendenti.

Tra le varie fasi del ciclo lavorativo (assunzione, mantenimento del posto, avanzamento, impegno dei leader) il 30% degli uomini bianchi over-45 dichiara che la difficoltà la si incontra nella prima fase, quella dell’assunzione. Una media più bassa rispetto all’opinione delle donne (37%), delle persone di colore (35%) e di quelle Lgbtq (37%).

Una differenza che aumenta del 10/15% in tutte le altre voci. È positivo invece che l’alta esposizione mediatica delle problematiche del lavoro femminile ha portato a una diffusa sensibilità sulla questione.

Alla domanda "ci sono ostacoli per le donne" la maggioranza dei dipendenti e le sole donne hanno dato risposto simili, intorno al 36%. Anche in Italia i due gender sono allineati, con al massimo un punto percentuale di differenza.

A livello globale, lo stesso non vale per i lavoratori di colore, dove la differenza è del 9% e per i membri delle comunità Lgbtq, dove addirittura arriva all’11%. L’Italia riflette questa differenza soprattutto nella seconda categoria.

Ad esempio, il 39% degli intervistati Lgbtq ritiene che ci siano ostacoli nell’avanzamento della propria carriera, problema percepito solo dal 28% degli eterosessuali. Stessa differenza nella voce relativa all’impegno della leadership (36% vs 25%).

Le richieste delle donne: flessibilità oraria e esperienze quotidiane

Per cercare di migliorare queste differenze nell’ambito lavorativo, alcune donne intervistate chiedono una gestione più elastica dell’orario di lavoro, per poter conciliare lavoro e famiglie senza danni alla carriera.

Altre chiedono una maggiore presenza femminile in ruoli apicali: segno che fare carriera è possibile. Altre congedi parentali e altre ancora gradirebbero delle strutture, anche interne, per la cura dei figli.

Le donne italiane chiedono soprattutto che ci sia un’esperienza quotidiana: per esempio attività di staffing o partecipazione alle riunioni. Ovviamente tutto ciò deve svolgersi senza pregiudizi.

Le persone di colore insistono sul "blind screening", modalità di selezione che cancella dai cv informazioni quali nome, genere, età e istruzione per eliminare ogni possibile pregiudizio cognitivo.

Infine, gli intervistati Lgbtq chiedono un coinvolgimento sostanziale dell’azienda nelle loro iniziative, per esempio il Pride; la realizzazione di infrastrutture adeguate, come i bagni gender free e tolleranza zero verso l’’omofobia.

Accesso completo a tutti gli articoli di Money.it

A partire da
€ 9.90 al mese

Abbonati ora

Iscriviti a Money.it