10 domande vietate a un colloquio di lavoro

Ilena D’Errico

09/09/2023

09/09/2023 - 15:16

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Ecco le 10 domande vietate a un colloquio di lavoro secondo le leggi che tutelano i diritti dei lavori e vietano la discriminazione dei candidati.

10 domande vietate a un colloquio di lavoro

Il colloquio di lavoro è un momento delicato, non solo per i candidati ma anche per i selezionatori, che devono assicurarsi di fare una buona scelta. Questo però non consente di esulare dalla materia professionale e indagare sulla vita privata dei candidati, violando la loro privacy e i divieti di discriminazione.

In base agli ambiti di discriminazione, rilevano soprattutto 10 domande personali che sono vietate a un colloquio di lavoro. Per alcune di queste domande, non rileva un divieto assoluto, quanto più il motivo per cui si richiedono le informazioni al candidato.

Conoscerle è importante per entrambe le parti del colloquio di lavoro, così da evitare spiacevoli conseguenze e garantire il buon funzionamento del processo di selezione. Coerentemente con i diritti dei lavoratori, anche i divieti di discriminazione si applicano per tutti i candidati, senza alcun tipo di distinzione. Le 10 domande vietate a un colloquio di lavoro, che ora scopriamo, non possono quindi essere poste nemmeno ai soggetti non appartenenti alla minoranza tutelata.

1. Stato civile e famiglia

La prima domanda vietata non poteva che essere quella riguardante lo stato civile e la famiglia, con particolare riguardo alla presenza di figli, all’intenzione di farne e alle questioni organizzative del menage familiare.
Chiedere a un candidato se è sposato, se ha figli (o intenzione di farne) è vietato dall’articolo 27 del Codice sulle pari opportunità, che vieta una serie di discriminazioni in ambito lavorativo. Le domande su figli, gravidanze e stato civile non sono mai giustificate all’interno di un colloquio di lavoro, anche quando inerenti agli aspetti economici e organizzativi.

La legge, infatti, riconosce una serie di diritti ai genitori lavoratori che non devono essere violati e adeguati meccanismi di tutela per i datori di lavoro in caso di comportamento scorretto da parte dei dipendenti. Riguardo alle gravidanze, è dovere del datore di lavoro informare i candidati riguardo a eventuali rischi di salute legati alla professione, chiedendo loro di prenderne atto.

2. Orientamento sessuale e identità di genere

Un altro argomento spinoso durante i colloqui di lavoro riguarda l’orientamento sessuale e l’identità di genere, questioni assolutamente irrilevanti dal punto di vista professionale. Domande di questo tipo o legate a discriminazioni di genere non sono quindi ammesse al colloquio, perché possono attuare discriminazioni e non hanno alcuna utilità.

3. Etnia e origini

Il decreto legislativo n. 215/2003 assicura la parità di trattamento indipendente dall’origine etnica. Chiedere a un candidato informazioni sulla sua etnia e le sue origini è dunque vietato, a prescindere dalla motivazione perché non è mai rilevante rispetto all’occupazione.

Per esempio, è lecito chiedere al candidato quali lingue conosce e a che livello, ma non è necessario sapere la sua provenienza.

4. Religione

La religione rientra tra gli aspetti strettamente personali di un individuo e non è per nulla rilevante rispetto all’attività lavorativa. Chiedere al candidato qual è la sua fede religiosa contrasta l’articolo 8 dello Statuto dei lavoratori, che considera vietate le domande su religione, ideologia politica e opinioni sindacali.

Il datore di lavoro può comunque chiedere al candidato le sue disponibilità nel calendario annuale e in riferimento alle festività religiose, senza per questo necessitare di informazioni sulla sua fede.

5. Partito politico e sindacati

Come citato, lo Statuto dei lavoratori vieta le domande sulle ideologie politiche dei candidati e sulle adesioni sindacali. Non solo le domande dirette, ma anche quelle indirette sono vietate. Ad esempio, non è consentito chiedere opinioni sulle leggi o su scelte governative.

6. Disabilità

Sono vietate anche le domande mirate a conoscere l’eventuale disabilità dei candidati, a meno che questi ultimi appartengano alle categorie protette. In quest’ultimo caso, le informazioni necessarie al datore di lavoro sono già contenute nel curriculum.

7. Età, caratteristiche fisiche, opinioni

Sono poi vietate tutte quelle domande volte a conoscere aspetti della vita personale dei candidati irrilevanti per lo svolgimento dell’attività lavorativa. Per esempio, è vietato chiedere l’età, ma è possibile chiedere la maggiore età se la professione lo richiede. Lo stesso principio si applica in genere a tutti gli elementi fisici, come peso e altezza, o le opinioni filosofiche e così via.

Ovviamente si fa riferimento alle domande finalizzate alla selezione, per esempio può essere richiesta la taglia di abito per fornire la divisa o di rientrare in parametri di peso per l’uso di macchinari che richiedono questo parametro di sicurezza.

8. Salute fisica e psicologica

Così come è vietato indagare sulla possibile disabilità dei candidati, non è possibile nemmeno porre loro domande sulla salute fisica e psicologica. Come già osservato in merito alla gravidanza, il datore di lavoro deve informare i candidati di eventuali contraddizioni mediche e chiedere loro di firmare un documento in cui dichiarano di essere stati informati.

9. Lavoro precedente

Anche le informazioni relative alla precedente occupazione, quando non rilevanti (ad esempio per valutare l’esperienza), sono vietate, specie se riguardanti il salario o le cause di termine del rapporto.

10. Lavoro dei genitori

Infine, non si può chiedere ai candidati di che professione si occupano o occupavano i loro genitori. Questa domanda ne viola l’intimità, garantita dal decreto legislativo n. 198/2006, e non ha alcun fine utile.

Come comportarsi e come rispondere

I candidati che si sentono poste le domande vietate possono far notare il problema all’intervistatore oppure semplicemente eludere la domanda rispondendo in modo pertinente all’attività lavorativa. Questo è utile nel caso di domanda mal posta, magari nel tentativo di familiarizzare, che non ha intenti discriminatori.

Per esempio, alla domanda sullo stato di gravidanza si può rispondere di essere a conoscenza dei rischi della professione e alla domanda sulle origini etniche sulle proprie competenze linguistiche. Ovviamente, se il fine delle domande risulta discriminatorio e non serve farlo notare, il candidato può rivolgersi a un legale e alle associazioni dedicate. Per contro, chi si occupa del colloquio può evitare problemi attenendosi alle domande legate esclusivamente agli aspetti professionali, formulandole in modo chiaro.

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