Voluntary disclosure su contante interno 2017. È rischio riciclaggio

Anna Maria D’Andrea

17 Ottobre 2016 - 10:00

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Una voluntary disclosure sul contante interno nella Legge di Bilancio 2017. Lo Stato cerca l’evaso nelle cassette di sicurezza e nei caveau delle banche. Si favorisce il riciclaggio?

Voluntary disclosure su contante interno 2017. È rischio riciclaggio

Nuova voluntary disclosure inserita ufficialmente nella Legge di Bilancio 2017. La manovra finanziaria presentata dal Governo il 15 ottobre non punta più soltanto ai redditi esteri. La procedura di autodenuncia è stata riaperta con l’obiettivo di far emergere anche l’evaso domestico, ovvero i soldi che si custodiscono nella propria casa o nelle cassette private delle banche.

Era già trapelata la notizia di voler inserire una nuova voluntary disclosure in Legge di Bilancio 2017: non si tratta soltanto della riapertura dei termini per i redditi evasi all’estero ma di una nuova opportunità per dichiarare i capitali detenuti nella propria abitazione sui quali si è concretizzata un’evasione fiscale.

L’obiettivo del Governo con la Legge di Bilancio 2017 è quello di andare a scovare il contante non dichiarato e conservato in cassette di sicurezza, casseforti e nei caveau delle banche. La nuova procedura di voluntary disclosure non punta più alle somme nascoste nei paradisi fiscali ma mira a convincere anche gli evasori interni ad aprire la procedura di conciliazione con il Fisco.

La voluntary disclosure sul contante interno riguarderà il periodo compreso tra il 2009/2015 e l’inserimento nella manovra della Legge di Bilancio 2017, presentata dal Governo sabato 15 ottobre, ha confermato l’annuncio del viceministro Casero al Forum Tax di Milano.

Più di 2 miliardi di euro potrebbero essere recuperati dal Fisco e la voluntary disclosure sul contante interno permetterebbe di trovare una parte delle coperture economiche per la Legge di Bilancio 2017: la manovra finanziaria presentata dal Governo ammonta a circa 26,5 miliardi di euro. I dubbi verso la voluntary disclosure sono tanti: si parla di una nuova era di condoni ma Renzi e Padoan smentiscono.

Vediamo cosa prevede la voluntary disclosure nazionale e quali i punti critici.

Voluntary disclosure in Legge di Bilancio 2017: l’attenzione è al contante interno

Nella Legge di Bilancio 2017 è stata inserita una nuova voluntary disclosure. In questo caso, però, l’obiettivo non è solo quello di scovare i capitali detenuti all’estero e non dichiarati: il Governo punta a far emergere i capitali nascosti ed evasi sul territorio nazionale.

Con la voluntary disclosure inserita in Legge di Bilancio 2017 - ex Legge di Stabilità il Governo punterebbe a far emergere una cifra che si aggira intorno ai 2 miliardi di euro. Per trovare nuove coperture agli interventi della Legge di Bilancio 2017, che costerà allo Stato 26,5 miliardi di euro (si parla di notevoli Bonus a famiglie e imprese e dell’ abbassamento di imposte Iri, Ires, Irpef) il Governo ha pensato di andare a cercare l’evaso in casa.

Si tratta di una voluntary disclosure incentrata sui contanti interni nascosti nelle casseforti, nelle cassette di sicurezza e nei caveau delle banche. C’è un problema: quale tipo di denaro potrebbe essere dichiarato e quindi ripulito con la manovra introdotta dalla Legge di Bilancio 2017?

Il dubbio, neanche tanto inverosimile, è che con la procedura della voluntary disclosure verrebbero dichiarati, tassati ma anche coperti e ripuliti soldi di provenienza tutt’altro che lecita.

Infatti, nonostante le imposte e le sanzioni da pagare sui soldi evasi, con l’adesione alla procedura di riconciliazione della voluntary disclosure chi ha nascosto i capitali al fisco avrebbe sicuramente notevoli vantaggi, tra cui ripulire proventi di natura illegale.

In tanti hanno inoltre salutato la voluntary disclosure inserita in Legge di Bilancio 2017 come l’inizio di una nuova fase di condoni fiscali. Il premier Renzi e il Ministro Padoan smentiscono e non vogliono sentirne parlare: la voluntary disclosure non ha niente a che vedere con il condono fiscale e la misura potrà soltanto avvantaggiare lo Stato.

Voluntary disclosure nazionale: intermediari per stabilire la legalità dei proventi

La scorsa voluntary disclosure ha permesso il rimpatrio e la regolarizzazione di circa 60 miliardi di euro, con entrate per l’Erario di non più del 6% della cifra. Le imposte e le sanzioni pagate con la voluntary disclosure 2009/2014 hanno fatto rientrare nelle casse del Fisco circa 4 miliardi di euro. Si tratta di cifre importanti che certamente andrebbero a vantaggio dello Stato. Ma con la voluntary disclosure sul contante interno il rischio è che ad essere dichiarati siano in realtà proventi illegali.

Il dubbio è più etico che altro, insomma. Ma al vaglio del Governo anche le misure per certificare il nero domestico, ovvero stabilire se si tratti di proventi leciti o illeciti.

Per verificare la legalità e la provenienza della somma dichiarate con la voluntary disclosure le opzioni attualmente in campo sono due.
La prima, prevede che gli intermediari, ovvero banche, istituti di credito o fiduciari certifichino la provenienza fiscale dei depositi; questa ipotesi risulterebbe più attrattiva per il candidato “emergente”, ma con meno garanzie per l’erario.

La seconda opzione è che sia la Guardia di Finanza a certificare la legalità dei proventi, escludendo il riciclaggio. La certificazione da parte della Guardia di Finanza sarebbe inattaccabile ma finirebbe per andare a svantaggio dei possibili adesori alla voluntary disclosure nazionale e quindi penalizzerebbe l’emersione dell’evaso.

Dopo l’ufficializzazione della voluntary disclosure sul contante interno nella Legge di Bilancio 2017 presentata il 15 ottobre le opzioni e i dubbi attualmente in campo sono questi.
Resta da vedere cosa studierà il Governo per non rischiare che le coperture della manovra finanziaria siano frutto di riciclaggio e soldi illegali.

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