Vino: la Brexit fa più paura dei dazi di Trump

Massimiliano Carrà

12/04/2019

13/04/2019 - 01:41

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Vino: la Brexit fa più paura dei dazi di Donald Trump. È questo l’allarme lanciato dal Presidente di Federvini Sandro Boscaini a Money.it

Vino: la Brexit fa più paura dei dazi di Trump

Sebbene la 53ª edizione del Vinitaly, terminata due giorni fa, sia stata un vero e proprio successo, tuttavia l’export italiano del comparto vino è stato turbato dai possibili dazi statunitensi contro i prodotti europei annunciati dal Presidente americano Donald Trump.

Come affermato da Coldiretti, il valore complessivo delle esportazioni agroalimentari italiane negli USA è pari a 4,2 miliardi e rappresenta circa il 10% del totale delle esportazioni nazionali che è di 42,4 miliardi nel 2018.

E proprio per analizzare i rischi ai quali potrebbe andare incontro il comparto di vino, Money.it ha intervistato “Mr Amarone” Sandro Boscaini, Presidente di Federvini e dell’azienda Masi Agricola.

Presidente Boscaini, quali potrebbero essero le ricadute per il comparto vino in Italia, se il Presidente americano Donald Trump dovesse confermare i dazi?

“Anche se gli USA rappresentano con 1,5 miliardi di euro il primo mercato di sbocco del vino Made in Italy, non credo che i danni possano essere incalcolabili, soprattutto per i vini come il Barolo, il Chianti e Il Valpolicella, che sono lo zoccolo duro della nostra tradizione e sono rinomati in tutto il mondo.

Quello che potrebbe avvertire più il colpo è il Prosecco, perché è più sostituibile. Di conseguenza, il Veneto che produce il 90% di Prosecco e di Pinot Grigio - uno dei più amati negli USA - è la regione italiana che potrebbe avere i danni maggiori. Secondo me però, il Presidente Donald Trump non attuerà i dazi”.

Oltre ai dazi statunitensi, la Brexit è un altro fattore che potrebbe causare delle ricadute all’export del vino italiano?

“Assolutamente, la Brexit a mio avviso è molto più pericolosa rispetto ai dazi statunitensi. Non bisogna dimenticare che l’Inghilterra è il terzo mercato di riferimento del vino made in Italy ed è quello che ha avuto delle crescite impressionanti soprattutto sul Prosecco.

Ed essendo gli inglesi bravi selezionatori, potrebbero sostituirlo con quello prodotto dal Sud America o dalla Nuova Zelanda, dall’Australia e dal Sud Africa, dove loro stessi hanno promosso e supportato la viticoltura. Dobbiamo quindi stare attenti”.

L’Asia potrebbe essere il nostro salvagente e limare quindi i possibili effetti negativi dei dazi statunitensi e della Brexit?

“Solo in forma teorica. In Giappone stiamo crescendo, anche grazie agli accordi bilaterali, ma in Cina dobbiamo assolutamente cambiare marcia. È assurdo e imbarazzante che l’Italia nel mercato cinese risulti il quinto Paese esportatore di vini.

Il problema è che la Cina non identifica l’Italia come la terra del vino. Dobbiamo quindi fare una promozione istituzionale e diventare almeno il secondo Paese nel loro mercato. Dobbiamo riformare la nostra immagine, vendere la nostra tradizione e far capire ai cinesi che l’Italia non è solo moda”.

Infine, il presidente di Federvini Sandro Boscaini ha anche parlato con soddisfazione dell’ultima edizione del Vinitaly

“È stato davvero un successo. Finalmente si è capito che il Vinitaly è un vero salone del business, della cultura e della socialità del vino e che - conclude Boscaini - è una vera e propria manifestazione di livello nazionale e internazionale”.

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