Sono 9 i Paesi nella lista di controllo USA per le politiche valutarie e il possibile ingiusto vantaggio commerciale. Ecco le novità.
Gli USA mettono 9 Paesi nella lista di controllo del Dipartimento del Tesoro. C’è infatti un nuovo Stato sotto osservazione per potenziale manipolazione dei cambi, l’Irlanda. Almeno questo è quanto ritenuto dagli Stati Uniti, che monitorano con attenzione le pratiche valutarie e le misure economiche dei propri partner commerciali. Ad allungare la lista nera è anche il ritorno della Svizzera, che dal 2023 era uscita dall’elenco, ma ora è di nuovo accusata di slealtà e pratiche valutarie scorrette. Accuse fermamente negate dalla Confederazione e dalla Banca nazionale svizzera, che nega “qualsiasi manipolazione del franco”. Secondo il Tesoro Usa, però, Irlanda e Svizzera sono sospettate di sfruttare le politiche monetarie per ottenere un vantaggio ingiusto nel commercio con gli Stati Uniti. Le tensioni sono quindi elevate, soprattutto perché l’andamento del dollaro non accenna a miglioramenti significativi.
I 9 Paesi nella lista di controllo degli Stati Uniti
Attualmente, la lista di controllo degli Stati Uniti, con cui il Dipartimento del Tesoro americano (Usdt) vigila sui potenziali manipolatori di cambi comprende ben 9 Paesi:
- Cina;
- Giappone;
- Corea;
- Taiwan;
- Singapore;
- Vietnam;
- Germania;
- Svizzera;
- Irlanda.
Come anticipato, i nuovi ingressi nell’elenco sono quelli della Svizzera e dell’Irlanda (che al momento non ha rilasciato commenti ufficiali), come risulta dal rapporto di giugno 2025 dell’Usdt. Secondo il segretario al Tesoro Scott Bessent si tratta di nazioni che hanno un massiccio surplus commerciale e il governo Trump non accetta relazioni commerciali squilibrate. Lo stesso conferma tuttavia che durante il 2024 nessun partner commerciale degli Stati Uniti ha manipolato il tasso di cambio della propria valuta per assicurarsi vantaggi competitivi ingiusti, nonostante ciò Washington è sempre più all’erta. Per quanto riguarda gli altri 7 Paesi della lista di controllo (Cina, Giappone, Corea, Taiwan, Singapore, Vietnam e Germania) non c’è alcuna differenza e ne viene confermata la posizione sotto la lente d’ingrandimento statunitense.
La Svizzera nega la manipolazione dei cambi e cerca il dialogo
La decisione dell’Usdt non è stata accolta di buon grado dalla Svizzera, che soltanto nel novembre 2023 era uscita dalla stessa lista di controllo. La Banca nazionale svizzera (Bns) ha infatti ribadito pubblicamente, come peraltro in molte occasioni precedenti, la legittimità e la trasparenza delle proprie politiche. I portavoce della Bns sono stati interpellati dall’agenzia tedesca Awp in merito al rapporto periodico del Tesoro statunitense, che riporta quanto segue:
“La BNS non sta manipolando il franco svizzero«, afferma la BNS, ribadendo la sua posizione già espressa in altre analoghe occasioni. La politica monetaria è orientata alle esigenze del Paese: l’obiettivo non è né impedire aggiustamenti della bilancia commerciale né ottenere vantaggi competitivi ingiustificati. Lo strumento principale della BNS è il tasso guida, ricorda l’entità guidata da Martin Schlegel. In determinate situazioni possono essere anche necessari interventi sui mercati valutari per garantire condizioni monetarie adeguate. La BNS non persegue però un obiettivo di tasso di cambio, ma è invece guidata dal suo mandato legale di assicurare la stabilità dei prezzi.La BNS fa infine sapere che, insieme alle autorità elvetiche, sta dialogando con le controparti statunitensi per spiegare la situazione economica e la politica monetaria della Confederazione. I colloqui avvengono nel quadro del»dialogo macroeconomico”.
Inutile dire che gli Stati Uniti hanno una visione diametralmente opposta e intendono vigilare con ulteriore severità sulle politiche economiche e valutarie svizzere per tutelarsi da svantaggi spropositati e ingiusti. In particolare Washington rileva che il surplus della Confederazione svizzera è aumentato eccezionalmente, attestandosi nel 2024 a 17 miliardi di dollari, contro i 5 miliardi dell’anno precedente. La causa principale è da ricercarsi nel commercio dell’oro (anche perché la domanda di oro fisico negli Usa è salita alle stelle nel corso dell’anno) e in misura minore anche alle importazioni di prodotti farmaceutici svizzeri negli Stati Uniti. La Bns ha tuttavia fiducia di poter instaurare un dialogo soddisfacente con gli Stati Uniti, evidenziando che gli interventi sul mercato dei cambi sono ispirati esclusivamente all’interesse del Paese e alla stabilità dei prezzi, nel rispetto delle leggi.
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