Il Kazakistan condanna duramente l’Ucraina per il terzo attacco drone al terminal CPC nel Mar Nero, che ha bloccato l’80% delle sue esportazioni di petrolio
C’è un fronte aperto «collaterale», nella guerra tra Federazione russa e Ucraina, che viene raccontato poco dai media: quello del Mar Nero, fondamentale porta di accesso di Mosca ai «mare caldi» (il Mediterraneo). Nei giorni scorsi, il Kazakistan ha duramente criticato l’Ucraina dopo l’attacco con droni navali di Kiev al terminal marino della Caspian Pipeline Consortium (CPC) nel Mar Nero, che ha provocato la completa sospensione delle esportazioni di petrolio attraverso quella che è la principale arteria energetica del Paese centroasiatico.
Secondo quanto riportato dal Berliner Zeitungil 2 dicembre scorso, il ministero degli Esteri kazako ha definito l’attacco «un’azione che danneggia le relazioni bilaterali tra la Repubblica del Kazakistan e l’Ucraina» e ha sottolineato che si è trattato del terzo attacco contro «un’infrastruttura esclusivamente civile, il cui funzionamento è protetto dalle norme del diritto internazionale».
Astana ha chiesto a Kiev «misure efficaci per prevenire il ripetersi di incidenti simili in futuro». La CPC trasporta circa l’80% delle esportazioni petrolifere kazake (circa 68,6 milioni di tonnellate nel 2024) e rappresenta oltre l’1% della produzione mondiale di greggio. La pipeline lunga 1.500 km collega i grandi giacimenti di Tengiz, Karachaganak e Kashagan al terminal russo di Juzhnaja Ozereevka vicino a Novorossiysk. L’attacco di sabato scorso ha gravemente danneggiato la boa di carico SPM-2 (Single Point Mooring), rendendone impossibile l’utilizzo e costringendo alla sospensione di tutte le operazioni di imbarco. Kiev ha difeso l’operazione definendola una legittima azione di autodifesa contro «l’aggressione russa su vasta scala» e ha precisato che gli obiettivi non erano diretti contro il Kazakistan né contro terzi Paesi. [...]
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