Uber: 6.000 aggressioni sessuali in due anni

Marco Ciotola

06/12/2019

06/12/2019 - 17:38

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Uber ha pubblicato un report sulla sicurezza che quantifica in circa 6.000 gli episodi di violenza sessuale tra il 2017 e il 2018. I dettagli

 Uber: 6.000 aggressioni sessuali in due anni

Uber ha da poco dato un numero preciso alle aggressioni sessuali verificatesi durante il servizio di trasporto passeggeri negli Stati Uniti: sono 5.981.

Il numero - riferito al 2017 e al 2018 - è molto elevato, di certo preoccupante per il colosso del car sharing, da tempo bersagliato da opinione pubblica e diverse categorie dei suoi stessi utenti, per un problema apparentemente quasi insormontabile.

La cifra è stata rivelata dalla compagnia nel più recente report sulla sicurezza, pubblicato nella serata di ieri, e va precisato che fa riferimento al totale delle segnalazioni di violenza sessuale. Tra queste, ci sono 464 casi di stupro denunciati.

Le statistiche arrivano a più di un anno di distanza dall’indagine della CNN, che faceva luce sulle ricorrenti aggressioni a sfondo sessuale durante il servizio in USA, mettendo l’accento sui 19 decessi tra il 2017 e il 2018.

Riverberi di quelle polemiche arrivarono poi in Italia, favorendo l’attenzione a diversi episodi di violenze anche nel Belpaese.

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Uber: 5.981 aggressioni sessuali in due anni

Nel suo report, Uber ha cercato di contestualizzare il numero delle aggressioni sessuali rispetto alla percentuale delle corse totali, evidenziando che il 99,9% delle corse si svolge “senza incidenti”.

Nel 93% dei casi le vittime sono passeggeri, i conducenti aggrediti sono il 7%. Le donne costituiscono l’89% delle vittime, gli uomini circa l’8%, mentre meno dell’1% rappresentano minoranze di genere.

Oltre allo stupro, le altre categorie di aggressione sessuale identificate da Uber sono “baci non consensuali, contatti fisici non consensuali e tentativi di stupro”.

Il documento - lungo 84 pagine - contiene i dati della compagnia riferiti a 2017 e 2018, e include i report di tutti gli incidenti giunti a una risoluzione entro il 31 ottobre del 2019.

La compagnia si è impegnata per la prima volta a rilasciare uno studio interno simile circa un anno fa, in risposta all’indagine targata CNN secondo cui almeno 103 conducenti Uber negli Stati Uniti erano stati accusati di aver aggredito o abusato sessualmente dei loro passeggeri nei quattro anni precedenti.

Da lì, diversi autisti furono arrestati o citati in cause civili. Nel 2018 Uber ha annunciato maggiori misure di sicurezza, tra le quali spiccava la partnership con RapidSOS, società che si occupa di trasmettere alla polizia la posizione precisa di un conducente e tutte le informazioni relative alla violenza segnalata se viene utilizzato il tasto d’emergenza sull’app.

È stata anche rivista la politica di controllo precedenti, con una estromissione diretta di quelli condannati per aggressione, mentre prima l’azienda procedeva solo a una comunicazione più formale con la persona in oggetto, firmando eventualemente un accordo di riservatezza sulla circostanza.

Uber e il rivale di settore Lyft hanno affrontato azioni legali relative a problemi di sicurezza in diversi Paesi. La mancanza di trasparenza in relazione al numero di incidenti che coinvolgono i conducenti ha sempre rappresentato un punto critico nelle cause, tanto che anche Lyft ha affermato che pubblicherà un rapporto sulla sicurezza entro la fine dell’anno.

Problemi del genere si riscontrano anche in Cina, specie con il colosso del car sharing Didi Chuxing. A novembre la società aveva persino annunciato un coprifuoco alle 8 di sera per le donne in relazione al suo servizio di noleggio auto, per poi tornare sui suoi passi dopo le pesanti critiche.

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