Quali sono i contenuti, le previsioni economiche e le riforme previste all’interno del DEF 2023, recentemente approvato da Camera e Senato?
Nei giorni scorsi, dopo lo scivolone sullo scostamento di bilancio, il parlamento italiano ha approvato il Documento di Economia e Finanza proposto dal Governo. Ma che cos’è nello specifico il DEF? E quali contenuti ha deciso di inserire il governo?
Il documento di economia e finanza, DEF per l’appunto, è uno dei più importanti documenti di programmazione economica previsto dal Semestre Europeo, cioè da quel cronoprogramma comandato a livello europeo che dal DEF ed arriva alla redazione del bilancio a fine anno. Esso va quindi approvato (in teoria) entro il 30 aprile di ogni anno.
La composizione del DEF
Anche se il DEF si compone di diversi capitoli ed allegati si possono riassumere di tre parti principali, una che analizza i risultati macroeconomici degli anni passati ma anche le prospettive future al netto degli interventi del Governo, i cosiddetti risultati tendenziali. Cioè risponde alla domanda: cosa prevediamo potrebbe succedere ai principali indicatori (PIL, deficit, debito, ecc.) a legislazione vigente? Cioè senza fare modifiche ulteriori. Questa parte è inoltre corredata da vari approfondimenti tecnici con ipotesi di scenario, ad esempio come potrebbe andare la crescita italiana se ad esempio aumentasse o diminuisse il prezzo del petrolio, oppure la crescita globale; ogni edizione presenta nuovi e diversi approfondimenti.
La seconda parte riguarda invece le cosiddette prospettive programmatiche, che indagano le stesse variabili macroeconomiche di cui prima ma scontando le misure e le nuove leggi di spesa che il Governo ha già annunciato. In questo modo emerge l’impatto delle azioni del governo sull’economia del paese, o quantomeno una stima delle stesse.
Infine, vi è il Programma Nazionale Riforme, una descrizione delle principali riforme che il Governo intende perseguire.
E nel DEF 2023 cosa c’è scritto?
Cosa c’è dentro il DEF 2023
Innanzitutto, un po’ come per tutti i governi, c’è qualche previsione leggermente esagerata. Ad esempio si prevede che la crescita del PIL per quest’anno sarà dell’1%. Mentre la Commissione Europea la stima allo 0,8%, il Fondo Monetario allo 0,7% e Banca d’Italia allo 0,6%. Pochi punti percentuali, che però sono utili alla maggioranza per rosicchiare qualche miliardo in più da spendere.
Purtroppo, come tante altre volte, anche questo governo non è immune da previsioni di riduzione del deficit piuttosto draconiane. Il dato programmatico di questa variabile risulterebbe passare dal 4,5% di quest’anno al 3% nel 2025, passando per il 3,7% nel 2024. Cioè una riduzione di 1,5 punti di PIL nel giro di due anni. Un indizio di politiche di riduzione della spesa e quindi di tagli a chissà quale comparto.
A corroborare questo sospetto ci possiamo aggiungere la lettura del dato sul deficit strutturale, questo è il deficit depurato dalle spese una tantum e dall’effetto del ciclo economico. Senza entrare nei dettagli possiamo dire che queste stime sono sempre molto dibattute e criticate ma la sostanza è questa: quando si è in una fase di ciclo economico positivo il deficit strutturale aumenta, quando si è in una fase di crescita negativa, quindi in recessione, lo stesso dovrebbe diminuire per dare spazio fiscale al governo.
Ora cos’è che vediamo nel DEF? Che nonostante delle aspettative di crescita positive, il deficit strutturale, quindi al netto del ciclo economico, diminuisce dello 0,9, quindi quasi un punto di PIL tra quest’anno ed il prossimo. Che è un aggiustamento addirittura, anche se di poco, superiore a quello del deficit nominale che diminuisce dello 0,8% tra il 2023 ed il 2024. In sostanza, come ha fatto notare il professor Piga, ordinario di economia a Tor Vergata, questo sembra un altro DEF scritto a Bruxelles.
I nodi del superbonus e crediti di imposta
Tra gli approfondimenti di quest’anno si può leggere un box sull’impatto economico del superbonus e sulla riclassificazione dei crediti d’imposta secondo i nuovi criteri dell’Eurostat, in cui si ravvede l’inclinazione e l’avversione per questa misura del Ministro Giorgetti. Ad esempio, si trova scritto che secondo alcune stime la metà dei lavori nell’edilizia residenziale si sarebbero fatti anche senza superbonus. Un’ipotesi abbastanza inverosimile per chiunque conosca il settore.
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O ancora, ha destato piuttosto scalpore per un governo di centrodestra, l’approfondimento a pagina 124 secondo cui con un aumento dell’immigrazione del 33% rispetto allo scenario tendenziale, il debito pubblico diminuirebbe molto più nettamente rispetto ad uno scenario in cui i flussi migratori diminuissero. Ben inteso, sappiamo che sono documenti lunghi e corposi, ma qualche ministro di maggioranza o qualche suo collaboratore lo aveva letto prima di approvarlo in Consiglio dei Ministri?
Qualche nota che potrebbe essere positiva riguarda la futura riforma del fisco che dovrebbe ridurre le aliquote da 4 e 3 e introdurre il cosiddetto ‘bonus IRES’ che abbasserebbe l’aliquota dal 24 al 15% per quelle aziende che faranno nuovi investimenti o assumeranno personale. Infine, da notare che tra i vari allegati al DEF rispunta la riforma del catasto, anche se sotto forma di elenco delle riforme che Bruxelles ci chiede da anni. Il governo almeno su questo è stato netto: la revisione catastale e quindi un possibile aumento delle tasse sulla casa, non si farà. Per ora.
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