Dalla candidatura di Trump al Nobel alla scomparsa di Paolo Sottocorona: due modi opposti di intendere la responsabilità pubblica e la comunicazione.
Ci sono momenti in cui l’attualità ci offre un riflesso impietoso del nostro tempo. Due notizie, solo in apparenza lontane, si sono rincorse sui media negli ultimi giorni: l’autocandidatura di Donald Trump a premio Nobel per la pace in virtù del cessate il fuoco a Gaza; nella nostra piccola, grande Italia, la scomparsa di Paolo Sottocorona, meteorologo e volto storico della televisione italiana, simbolo di un giornalismo sobrio, competente ed arricchente.
Due figure agli antipodi, due visioni del mondo che non potrebbero essere più distanti. Da una parte, la politica trasformata in spettacolo permanente, autocelebrazione, egocentrismo dove la pace diventa un trofeo da esibire; dall’altra, un giornalismo silenzioso e di servizio, che non cerca applausi ma chiarezza, anche con qualche sorriso. In mezzo, la domanda che attraversa il nostro tempo: porsi al servizio della collettività è ancora un valore oggi?
Il muso duro di Donald J. Trump
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