Trump rivede il Giorno della Vittoria, eliminando l’Europa dalla narrazione. Un gesto simbolico che accende il dibattito su memoria storica e nazionalismo americano.
Revisionismo storico o propaganda?
L’annuncio di Donald Trump di rinominare l’8 maggio, il “Giorno della Vittoria in Europa" (VE Day), in “Giorno della Vittoria per la Seconda Guerra Mondiale” ha sollevato polemiche immediate.
Dietro una decisione apparentemente simbolica si cela un’operazione di riscrittura storica che punta a valorizzare esclusivamente il ruolo degli Stati Uniti nella sconfitta del nazismo, ignorando il contributo fondamentale delle forze alleate europee e dell’Armata Rossa. Trump ha affermato che “nessuno ci è stato vicino in termini di forza, coraggio o brillantezza militare”, una dichiarazione che rimuove deliberatamente la complessità della vittoria alleata, riducendola a una narrazione americanocentrica.
La scelta di eliminare i riferimenti all’Europa, così come la decisione parallela di ridefinire la fine della Prima Guerra Mondiale come “Giorno della Vittoria per la Prima Guerra Mondiale” al posto del tradizionale Giorno dell’Armistizio, rappresenta più di un cambiamento semantico. È un messaggio politico preciso, coerente con il tono isolazionista e nazionalista che ha contraddistinto l’amministrazione Trump.
Le implicazioni di questa scelta vanno ben oltre la cronaca. Ecco tutto quello che c’è da sapere.
Una vittoria tutta americana: la narrazione unilaterale di Trump
La decisione di Trump di rinominare il VE Day riflette una visione storica unilaterale, che riduce il contributo internazionale nella Seconda Guerra Mondiale al solo ruolo degli Stati Uniti. La nuova denominazione, “Giorno della Vittoria per la Seconda Guerra Mondiale”, cancella il riferimento all’Europa e con esso l’importanza dell’azione congiunta di inglesi, francesi, polacchi e russi. È un atto simbolico ma significativo, che si inserisce perfettamente nella linea politica trumpiana: una continua esaltazione della forza militare americana, accompagnata dalla riduzione e svalorizzazione degli alleati.
Le parole del presidente “abbiamo vinto entrambe le guerre, nessuno ci è stato vicino” sono un chiaro esempio di questo approccio. Viene ignorato il sacrificio di nove milioni di soldati sovietici, rispetto ai circa 400.000 americani caduti nel conflitto. Viene cancellato il ruolo cruciale della Resistenza in Europa (e quindi in Italia) e del coordinamento alleato durante lo sbarco in Normandia. È un tentativo di ridefinire la memoria storica in funzione di una glorificazione esclusiva del potere statunitense.
Trump non è nuovo a simili mosse. Già in passato aveva tentato di organizzare parate militari ispirate a modelli autoritari, e più volte ha mostrato scetticismo verso gli accordi multilaterali. In questo contesto, il VE Day diventa un terreno ideologico su cui combattere un’altra battaglia: quella per rafforzare una narrativa patriottica in cui l’America è non solo leader, ma unico protagonista.
Provocazione o strategia? Il nazionalismo dietro la scelta di Trump
Ma perché Trump ha deciso ora di “riscrivere la storia” nella Seconda Guerra Mondiale? Le risposte possibili sono molte, ma tutte convergono su una chiave interpretativa comune: il nazionalismo militare. In un momento di crescente polarizzazione politica e in vista di nuove sfide elettorali, Trump sembra voler consolidare il suo legame con l’elettorato più conservatore, offrendo loro un simbolo potente: una celebrazione della vittoria che escluda gli “altri”, siano essi alleati storici o nemici sconfitti.
Il gesto assume anche il tono di una provocazione nei confronti dell’Europa, con cui i rapporti sono sempre più tesi. Trump ha più volte accusato l’Ue di approfittarsi della protezione militare americana senza contribuire adeguatamente alle spese della NATO. Le frasi trapelate in una chat interna del vicepresidente JD Vance e del Segretario alla Difesa Pete Hegseth come “Detesto dover salvare di nuovo l’Europa” e “odio per gli scrocconi europei”, confermano un sentimento di insofferenza verso il Vecchio Continente, visto come un peso più che un partner.
Rinominare il VE Day non è dunque solo una questione di “etichette”. È un’operazione politica che mira a riscrivere i simboli del passato per orientare l’opinione pubblica del presente. In questo periodo di grandi tensioni è importante più che mai conoscere la storia per non cadere nella trappola delle narrazioni manipolative.
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