La truffa del debito pubblico che ha fregato tutti gli italiani. La teoria

C. G.

10/04/2020

10/04/2020 - 16:45

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Ci hanno sempre detto che la colpa dell’elevato debito pubblico è di noi italiani che abbiamo speso più del dovuto, ma è davvero così?

La truffa del debito pubblico è una teoria che torna molto spesso sulle prime pagine dei quotidiani nazionali.

Dell’argomento hanno parlato diversi esperti e osservatori per mettere in luce la discrepanza tra i proclami delle élite politiche relativi al debito pubblico e i dati economici reali.
Tra questi individui anche Marco Bersani, che nel suo volume “Dacci oggi il nostro debito quotidiano. Strategie dell’impoverimento di massa” ha voluto parlare della cosiddetta truffa del debito pubblico che, a sua detta, continua ancora a pesare sulle nostre tasche.

Alla luce delle mai sopite discussioni sull’eccessivo indebitamento del Belpaese (anche alla luce del coronavirus) la questione è tornata più infuocata che mai.

Vale innanzitutto la pena di chiarire che cosa vuol dire truffa del debito pubblico. Con questa terminologia ci si riferisce a una particolare teoria secondo cui l’aumento del debito italiano, ma anche europeo, non sarebbe giustificabile tramite le “scuse” fornite dai governi nazionali.

In altre parole, se fino ad ora ci è stato raccontato che l’ascesa vertiginosa del debito pubblico è stata causata dagli stessi Paesi che hanno vissuto per anni oltre le loro concrete potenzialità, la realtà dei fatti potrebbe risultare ben diversa. È qui che entra in gioco la cosiddetta truffa del debito pubblico.

Truffa del debito pubblico: cosa ci hanno raccontato

Secondo la teoria citata, noi italiani, ma anche noi europei in generale, siamo stati accusati di aver vissuto sprecando risorse al di fuori delle nostre reali possibilità economiche. Il nostro vivere da “spendaccioni” ha portato il debito ad aumentare sempre di più fino a toccare i 2.443,5 miliardi di euro a gennaio scorso (+34,2 miliardi rispetto a dicembre 2019).

La colpa è nostra se l’Italia è ripetutamente salita sul podio dei Paesi con il debito pubblico più alto al mondo. La colpa è ancora nostra se il rapporto tra debito e prodotto interno lordo è sempre tra i più alti in ottica internazionale. Ma è davvero così oppure non siamo soltanto noi la causa della crescita del debito? È in mezzo a queste domande che si inserisce la teoria.

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I dati

Come accennato, della truffa del debito pubblico ha parlato diverso tempo fa Marco Bersani. La domanda centrale del suo discorso è stata: siamo stati fregati dalle belle scuse propinateci dai nostri governi nazionali?

Abbandonando per un attimo l’ambito europeo vale innanzitutto la pena di notare come il debito pubblico dell’Italia non sia nato già grande. In altre parole, l’ascesa del debito nostrano è un fenomeno relativamente recente le cui cause andrebbero ricercate oltre i semplici proclami.

Dal 1960 al 1981, ha fatto notare Bersani, il rapporto debito/PIL si è sempre assestato sotto la soglia del 60%, quella che ci dice se un’economia è in salute o è malata. Dal 1981 in poi, però, il rapporto è schizzato dal 58,46% al 121,84% rilevato nel 1994.

A tutto ciò si aggiunga però che, al netto degli interessi sul debito, la spesa pubblica italiana è salita dal 42,1% del PIL nel 1984 al 42,9% nel 1994. In Europa, invece, si è passati dal 45,5% al 46,6%, mentre nell’Eurozona dal 46,7% al 47,7%.

Come è possibile che con una spesa pubblica italiana inferiore alla media europea (anche in virtù della corruzione e dell’evasione che hanno sempre più pesato sulle nostre tasche), il nostro debito pubblico sia schizzato oltre i 100 punti percentuali solo a causa del nostro spendere troppo?

Debito pubblico: le cause dell’ascesa

Da Ferrero fino a Bersani, diversi osservatori hanno individuato nella scissione Tesoro-Banca d’Italia una delle maggiori cause dell’ascesa del debito italiano.

Nel 1981 viene proposta e approvata l’indipendenza della Banca d’Italia dal Ministero del Tesoro con implicazioni più che evidenti sulle stesse casse statali. Ricordiamo che sino a quel momento i titoli statali invenduti (a basso tasso di interesse) venivano comunque coperti da garanzia da parte della Banca d’Italia cosa che limitava le speculazioni.

Con la scissione, affermano i teorici, inizia a delinearsi la truffa del debito pubblico: per vendere tutti i titoli non più coperti dalla Banca d’Italia lo Stato inizia ad alzare i tassi degli stessi pagando così interessi superiori rispetto al tasso d’inflazione. È qui che il debito pubblico inizia a gonfiarsi ed è qui che entra in gioco la speculazione finanziaria italiana.

Secondo i dati riportati dall’analisi di Bersani, dal 1990 al 2015 noi cittadini abbiamo versato 700 miliardi in più allo Stato rispetto ai servizi effettivamente ricevuti. Il debito è aumentato ancora a causa degli interessi.

In altre parole secondo la truffa del debito pubblico dopo la scissione Tesoro-Banca d’Italia lo Stato ha cominciato a finanziarsi tramite i mercati e ha iniziato a pagare interessi sempre più elevati.

Il debito è schizzato dal 60% al 120% in pochi anni, sono state introdotte le prime misure di rigore e la spesa pubblica è stata tagliata ed è diventata inferiore rispetto alle entrate statali: lo Stato ha iniziato a pagare interessi da usura sempre più elevati. Il denaro degli italiani ha intrapreso una strada piuttosto peculiare: prelevato dalle nostre tasche tramite lo Stato esso è poi finito nelle mani degli speculatori.

La crisi del 2008

La situazione del debito pubblico italiano si è aggravata con la crisi finanziaria del 2008 che ha coinvolto soprattutto le banche europee. La conseguenza? 2.000 miliardi di euro in più sulle casse degli Stati e un debito ancora in salita. È qui che la truffa del debito pubblico si è evoluta ed è diventata la primaria giustificazione del rafforzamento delle politiche di austerità.

Dal 2008 in poi, fa notare Bersani, abbiamo assistito ad un travaso dai debiti privati a quelli pubblici, che a loro volta sono aumentati ancora (il debito sovrano della zona euro passa dal 25% del Pil nel 2007 al 94% nel 2014). In sintesi, secondo la truffa del debito pubblico teorizzata dagli osservatori citati, a pagare la crisi sono state di nuovo le fasce deboli.

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