Il viceministro Bellucci racconta la svolta del welfare italiano: Social bonus, Terzo settore, inclusione e un nuovo modello sociale al centro del Governo.
Dalla riforma del welfare al rilancio del Terzo settore, passando per l’attivazione del Social bonus, la certificazione delle competenze dei volontari e un maxi concorso per rafforzare i servizi sociali sui territori: il governo Meloni ha avviato una trasformazione profonda del modello sociale italiano.
Al centro di questa strategia, un’idea chiara di partecipazione, legalità e inclusione, che punta a superare l’assistenzialismo per costruire un welfare capace di valorizzare persone, comunità ed enti che operano per il bene comune.
Ne parliamo con Maria Teresa Bellucci, viceministro del Lavoro e delle Politiche sociali con delega al Terzo settore, protagonista di una stagione di riforme attese da anni e ora finalmente operative. Con lei approfondiamo gli strumenti adottati, i risultati già raggiunti e la visione che guida l’azione del governo: un’alleanza tra pubblico, privato sociale e cittadini per costruire un’Italia più giusta, coesa e solidale.
Recentemente ha parlato di strumenti come la comfort letter per il Terzo settore. Che valore hanno questi strumenti nel dare certezze fiscali agli enti che operano per il bene comune?
La comfort letter della Commissione Competition dell’Unione Europea rappresenta un punto di svolta decisivo per il Terzo Settore italiano, perché garantisce finalmente certezza giuridica e fiscale agli enti che operano quotidianamente per la costruzione del bene comune.
Dopo un’attesa durata otto anni, il Governo Meloni ha chiuso questa questione, mai affrontata dai precedenti esecutivi, portando a casa un risultato storico. La Commissione UE, infatti, non solo ha constatato che le agevolazioni fiscali previste per gli ETS non costituiscono aiuti di Stato - proprio in virtù della loro natura non profit e della finalità di interesse generale – ma così facendo ha anche riconosciuto il valore delle migliaia di realtà che operano nel mondo italiano della solidarietà sociale.
Il contenuto della lettera è stato poi recepito ufficialmente con un decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze approvato in Consiglio dei Ministri.
Un passaggio cruciale per mettere in sicurezza l’intero impianto di agevolazioni fiscali a favore del Terzo Settore, che entreranno in vigore dal 1° gennaio 2026.
Il nostro impegno si articola anche attraverso il tavolo congiunto attivato dal 2023 con MEF, Agenzia delle Entrate e rappresentanti del Terzo Settore, per sostenere gli ETS, semplificare la loro gestione e tutelare quelli di minori dimensioni. Lo facciamo anche includendo, per la prima volta nel Consiglio Nazionale del Terzo Settore, professionalità chiave come notai e commercialisti, perché crediamo che rafforzare il dialogo tra istituzioni, enti e professionisti sia la strada per un Terzo Settore sempre più forte, trasparente e riconosciuto nel suo valore sociale ed economico.
Tutto ciò si inserisce nell’azione strategica del Governo per costruire e rafforzare la via italiana all’economia sociale, valorizzando un modello di solidarietà organizzata unico in Europa e mettendo al centro la persona, il bene comune.
Il Social Bonus, previsto dal Codice del Terzo Settore, è finalmente diventato operativo. Qual è l’impatto che vi aspettate e quali sono i progetti simbolo di questa misura?
Dopo anni di stallo, grazie al Governo Meloni, il Social Bonus è finalmente diventato operativo, offrendo una concreta opportunità di collaborazione tra Istituzioni, imprese, cittadini ed enti del Terzo Settore.
La sua attivazione rappresenta un’opportunità fondamentale e una tra le innovazioni più significative introdotte dal Codice del Terzo Settore, che per anni era stata intrappolata nella palude dei decreti non attuati.
L’impatto che ci aspettiamo è duplice: da un lato, il recupero di beni pubblici inutilizzati e immobili confiscati alla criminalità organizzata, che troppo spesso giacevano in stato di abbandono; dall’altro, la rigenerazione sociale e culturale dei territori attraverso progetti ad alto valore civico.
La leva fiscale – con crediti d’imposta fino al 65% – consente di mobilitare risorse private, di cittadini o imprese, a sostegno di progetti di ETS e che rispondono a bisogni collettivi, sempre nel rispetto del principio di non commercialità.
I progetti già avviati – di cui alcuni conclusi o quasi - testimoniano la forza di questa misura. A ottobre 2024 ho avuto il piacere di incontrare i rappresentanti dei primi 5 enti vincitori del sostegno, a cui ne stanno seguendo molti altri.
Attraverso il Social Bonus lanciamo un messaggio chiaro: i beni pubblici e quelli confiscati alla mafia devono tornare ai cittadini, diventando presidi di legalità, cultura, solidarietà e inclusione. È questa la direzione in cui stiamo andando, rafforzando un’alleanza strategica tra pubblico e privato sociale.
È stata appena introdotta la certificazione delle competenze per chi svolge attività di volontariato. Perché è importante riconoscere il valore professionale e umano del volontariato?
La certificazione delle competenze è una svolta storica per il mondo del volontariato, anche questa attesa da otto anni, e che dà finalmente piena attuazione a un tassello fondamentale della Riforma del Terzo Settore. Con questo decreto, il Governo Meloni riconosce formalmente il valore umano, civico ed educativo dell’impegno volontario e ne valorizza anche la dimensione professionale.
In una Nazione a vocazione solidaristica come l’Italia, era doveroso garantire che le esperienze maturate sul campo potessero essere valorizzate anche nel percorso scolastico, universitario e lavorativo. Con questo decreto, dunque, le competenze acquisite in attività di volontariato – svolte per almeno 60 ore in 12 mesi - saranno ufficialmente attestate e potranno essere spese, ad esempio, come crediti formativi o nei concorsi pubblici.
In questo processo, gli ETS avranno un ruolo centrale in quanto soggetti titolati a erogare i servizi di individuazione delle competenze e di tutoraggio. Alla fine dell’esperienza, il volontario riceverà un documento di trasparenza relativo all’attività di volontariato svolta e, se avrà completato almeno il 75% dell’attività, anche l’attestazione ufficiale delle competenze acquisite, portabile nel Sistema Nazionale di Certificazione.
È un cambiamento culturale importante, con cui riconosciamo che l’impegno gratuito per il bene comune forma le persone, sviluppa soft skill fondamentali e rafforza il senso di cittadinanza attiva.
Volontariato non significa solo dono, ma anche crescita e responsabilità personale e collettiva.
A tal proposito, in questi giorni ha annunciato un maxi concorso per oltre 3.800 nuove assunzioni nel sociale. Qual è l’obiettivo principale di questo investimento? In che modo cambieranno i servizi sociali sui territori?
Il maxi concorso da 3.839 assunzioni rappresenta una riforma epocale per il nostro sistema di welfare sociale pubblico.
Grazie a un investimento straordinario di 545 milioni di euro da parte del Governo Meloni, per la prima volta psicologi, educatori e pedagogisti entreranno stabilmente negli organici degli Ambiti Territoriali Sociali, al fianco degli assistenti sociali già presenti e di nuovo personale amministrativo e contabile, per costruire e rafforzare le équipe multidisciplinari, così da offrire risposte più efficaci e tempestive alle fragilità.
L’obiettivo di questo investimento è potenziare la rete pubblica d’aiuto alle persone e alle famiglie su tutto il territorio nazionale.
Si tratta del frutto di un lungo lavoro, che ho seguito personalmente come Vice Ministro con delega alle Politiche Sociali, proprio per dare attuazione all’impegno assunto dal Governo Meloni: costruire un welfare capace di ascoltare, prendersi cura, intervenire con professionalità. Grazie a queste quasi 4mila nuove assunzioni, non solo colmiamo un vuoto strutturale – finora, infatti, mancavano tali figure professionali nel sistema pubblico dei servizi sociali – ma garantiamo finalmente una presa in carico integrata, multidimensionale e continuativa delle persone.
È una rivoluzione che mette al centro la dignità e i diritti dei più fragili, e che rafforza il presidio sociale territoriale di cui l’Italia ha urgente bisogno, a garanzia di politiche sociali che superino l’assistenzialismo passivo, in favore della valorizzazione delle persone e dell’inclusione sociale e lavorativa.
Per quanto riguarda l’Assegno di Inclusione, il Governo ha previsto anche un contributo straordinario per i nuclei più fragili. Può anticiparci di cosa si tratta e a chi è destinato? E soprattutto, qual è la filosofia che guida questa misura rispetto ai precedenti sussidi, come ad esempio il Reddito di cittadinanza?
L’Assegno di Inclusione rappresenta un cambio di paradigma rispetto alle misure assistenzialistiche del passato, come il reddito di cittadinanza. Non si tratta di un mero trasferimento economico, ma di uno strumento che vuole accompagnare le persone in condizione di fragilità verso un percorso di autonomia, favorendo la loro inclusione sociale e lavorativa. È una misura che nasce da una diversa visione che questo Governo ha del welfare: non assistenza passiva, ma leva di partecipazione, crescita e responsabilizzazione.
Il contributo straordinario che abbiamo recentemente introdotto risponde all’esigenza concreta di tutelare i nuclei più fragili nel periodo di sospensione dell’ADI previsto dalla normativa. Grazie a questo intervento da 234 milioni, circa 506 mila famiglie riceveranno un sostegno economico di 500 euro, a copertura del mese in cui l’Assegno non viene erogato.
È una risposta che dimostra la sensibilità e l’attenzione del Governo Meloni verso chi si trova in maggiore difficoltà, ma anche la volontà di intervenire in modo puntuale e mirato, sulla base dei dati raccolti con il monitoraggio costante della misura. Non vogliamo lasciare indietro nessuno e lo stiamo facendo con azioni concrete: semplificazioni procedurali condivise con INPS, potenziamento dell’ADI in legge di bilancio e, ora, questo contributo speciale.
Tutte queste misure sembrano far parte di una stessa visione. Qual è l’idea di welfare che questo Governo vuole costruire?
Tutte le misure che stiamo mettendo in campo – dall’Assegno di Inclusione alla certificazione delle competenze dei volontari, dal Social Bonus al maxi concorso per i servizi sociali fino alla promozione dell’amministrazione condivisa – fanno parte di un’unica visione coerente: costruire un nuovo modello di welfare italiano, centrato sulla persona.
Vogliamo superare l’approccio assistenzialista dei passati governi, fatto di soli sussidi che non aiutavano le persone a uscire dalle condizioni di fragilità economica né sociale, ma le rendevano sempre più dipendenti da un welfare statalista incapace di rendere autonomi e liberi. Il nostro obiettivo è costruire politiche pubbliche che sappiano accompagnare e valorizzare le risorse di chi vuole essere incluso nella piena partecipazione alla vita sociale e lavorativa. Politiche che nascono dal confronto con chi opera ogni giorno sul campo.
Per questo stiamo promuovendo un patto tripolare tra istituzioni, privato sociale e mondo delle imprese, in un dialogo aperto, partecipato e realmente proficuo. Siamo convinti che solo attraverso questa alleanza, fondata sulla fiducia e sulla corresponsabilità, possiamo affrontare le grandi sfide sociali della nostra epoca e costruire davvero un’Italia più forte, più giusta e più coesa. Un’Italia in cui nessuno venga lasciato indietro e che dia a tutti la possibilità di contribuire alla crescita della Nazione.
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