La polizia ha accesso ai dati degli utenti su Telegram

Pasquale Conte

28 Ottobre 2025 - 19:47

In che modo Telegram sfrutta i dati degli utenti? Anche la polizia ha accesso a determinate informazioni sensibili? Ecco tutto quello che c’è da sapere.

La polizia ha accesso ai dati degli utenti su Telegram

Il tema legato alla privacy personale sul web continua a tenere banco, in particolare quando si parla di piattaforme di messaggistica. Una delle più controverse, soprattutto per la libertà di cui gli utenti possono godere al suo interno, è Telegram. Come funziona il trattamento dei dati?

Più volte nel corso degli anni si è dibattuto a riguardo, fino a quando non è stato il servizio di Pavel Durov stesso a intervenire. Ma è vero che Telegram ha iniziato a collaborare con le autorità e che dunque la polizia può accedere ai dati personali degli utenti?

Ecco tutto quello che c’è da sapere a riguardo, in che modo vengono trattate le informazioni archiviate nei database di Telegram e quali sono i possibili risvolti futuri.

La collaborazione tra Telegram e la polizia

In effetti, un fondo di verità c’è. A seguito della modifica delle policy sulla privacy di Telegram avvenuta lo scorso anno, la piattaforma ha annunciato l’avvio di una collaborazione con le autorità locali (polizia compresa).

Viene espressamente dichiarato all’interno del paragrafo 8.3, in cui si specifica che ogni volta che Telegram riceverà un ordine legittimo dalle autorità giudiziarie competenti in cui viene confermato il sospetto dell’utente in casi che coinvolgono attività criminali e che violano i Termini di servizio di Telegram, i dati possono venire condivisi con la polizia.

Nello specifico, per queste evenienze vengono eseguite analisi legali e potrebbe seguire la divulgazione del numero di telefono e dell’indirizzo IP alle autorità competenti.

Per essere sempre a conoscenza dell’eventuale invio di informazioni sensibili di utenti alla polizia, c’è una pagina ufficiale di Telegram in cui vengono condivisi rapporti trimestrali sulla trasparenza. È possibile accedervi da questa pagina.

Cosa è cambiato rispetto a prima

A primo impatto, può sembrare scontato che una piattaforma web condivida determinate informazioni con le autorità giudiziarie nel caso emerga un caso che richiede indagini. Ma in realtà, per Telegram non è mai stato così.

Sin dalla sua nascita, infatti, la piattaforma di messaggistica si è presentata come a completa disposizione dei suoi consumatori in merito all’inviolabilità dei dati nei server. C’era anche il rifiuto di fornirli alla polizia, nonostante la presenza di indagini e di reati gravi.

Ora le cose sono cambiate e le regole si sono fatte più stringenti. In particolare per tutti gli utenti che erano soliti condividere contenuti illegali, pianificare attività criminali, vendere prodotti senza un reale consenso.

Anche andando ad analizzare meglio il testo relativo alle regole sulla privacy, ci sono alcune diciture che sono state prontamente rimosse. Per esempio, prima le limitazioni si fermavano al solo terrorismo. Oggi invece, qualsiasi forma di controversia in cui entrano in gioco le forze dell’ordine può diventare oggetto di revisione dei dati sensibili salvati.

È altresì stata rimossa la frase “So far, this has never happened”, che faceva riferimento proprio al non aver mai adempiuto alle richieste delle autorità competenti circa la condivisione delle informazioni personale.

Cosa potrebbe ancora succedere

Ma siamo arrivati a un punto definitivo, o ci sono ancora altre modifiche che potrebbero venire apportate? Sicuramente, sono state evidenziate alcune mancanze importanti che solo Telegram potrà risolvere nel prossimo futuro.

Innanzitutto, manca un testo scritto in cui viene chiarito quali sono i canali che la polizia può utilizzare per le richieste. Meta, per fare un esempio, ha alcuni canali predisposti al Law Enforcement in cui le autorità possono caricare delle istanze e scaricare successivamente un database coi dati dell’utente interessato.

Telegram non ha ancora nulla, se non alcuni indirizzi email che sono ottenibili direttamente dalle fondi aperte.

Al tempo stesso, molti esperti del settore fanno notare come la sola condivisione del numero di telefono e degli indirizzi IP potrebbe non essere sufficiente per garantire un pieno supporto alle autorità giudiziarie competenti.

Una grossa mano in più potrebbero darla la trasmissione dei dati di accesso e dei file che comprendono tutte le attività svolte dalla persona indagata all’interno di Telegram.

Alcuni casi recenti

Non sono mancati, nemmeno in Italia, casi in cui la polizia ha già potuto sfruttare la condivisione dei dati di Telegram per individuare attività fraudolente.

È successo lo scorso marzo in Puglia, dove l’attività investigativa diretta della Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni di Bari ha identificato due under 18 responsabili di aver divulgato dati sensibili di vittime ignare su gruppi e canali Telegram.

All’interno di questi database, sono state trovate informazioni private come nomi e cognomi personali, numeri di carte di credito frodate e istruzioni sull’utilizzo fraudolento per il riciclaggio di proventi illeciti.

Nel corso delle indagini, sono anche stati eseguiti due decreti di perquisizione, il che ha permesso di rinvenire una grande quantità di sostanze chimiche come acidi, solventi, comburenti e altro materiale per la creazione di oggetti esplosivi.

Sono inoltre state trovate informazioni sulla fabbricazione di ordigni esplosivi artigianali e video sull’esplosione degli stessi.

In questo caso, fondamentale è stata la condivisione degli indirizzi IP dei due criminali di Telegram. La polizia ha potuto in questo modo individuare la posizione esatta dei soggetti, recarsi sul luogo e procedere con l’arresto.

Lo stesso è avvenuto anche lo scorso anno con l’operazione La Croix, in contrasto alla pedopornografia online. In totale, si contano 3 arresti, 29 denunciati a piede libero e 33 perquisizioni.

La delega è stata assegnata alla Procura della Repubblica di Torino, che ha individuato gruppi Telegram in cui centinaia di persone si scambiavano materiale pedopornografico. Grazie al mantenimento dell’anonimato, infiltrati della polizia hanno potuto accumulare materiale illegale e individuare gli utenti coinvolti.

Con il supporto di Telegram e la condivisione degli indirizzi IP, è stato possibile procedere con le attività di sequestro e con gli arresti dei proprietari dei suddetti canali.

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