Tassazione rendite finanziarie: come funziona, quanto (e come) si paga di tasse

Claudia Cervi

23 Maggio 2023 - 16:36

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Una guida per districarsi nella giungla della tassazione delle rendite finanziarie in attesa dell’agognata riforma fiscale che raggrupperà tutti i proventi da investimenti in un’unica categoria.

Tassazione rendite finanziarie: come funziona, quanto (e come) si paga di tasse

Le tasse sulle rendite finanziarie rappresentano un aspetto di grande rilevanza nel sistema fiscale, in quanto possono incidere significativamente sulla redditività degli investimenti. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, le aliquote di prelievo fiscale sui rendimenti e sui frutti finanziari spesso superano quelle previste per altre fonti di reddito.

A differenza di altre tipologie di reddito, che possono beneficiare di una vasta gamma di esenzioni, deduzioni o riduzioni fiscali, le rendite finanziarie spesso non godono di tali agevolazioni. L’imposta viene applicata in maniera standard, senza considerare specifiche circostanze personali o detrazioni particolari. Di conseguenza, l’impatto fiscale può essere più pesante sul rendimento complessivo degli investimenti.

Esistono diverse modalità di tassazione delle rendite finanziarie, che varia a seconda della tipologia di strumento finanziario e dell’intermediario utilizzato. In questa guida chiariamo come funziona la tassazione sulle rendite finanziarie e quanto (e come) si paga di tasse.

Cos’è la tassazione delle rendite finanziarie

La tassazione delle rendite finanziarie fa riferimento all’imposizione fiscale applicata sui guadagni derivanti dagli investimenti in strumenti finanziari, come azioni, obbligazioni, fondi comuni di investimento e altri prodotti finanziari. Le rendite finanziarie si riferiscono ai proventi ottenuti da tali investimenti, che possono includere interessi, dividendi, plusvalenze e altri frutti.

Nella maggior parte dei casi, i guadagni derivanti dalle rendite finanziarie sono soggetti a tassazione, che può avvenire in diversi modi.

Ad esempio, gli interessi generati da titoli di stato o conti di deposito possono essere soggetti a una ritenuta alla fonte, in cui una percentuale dell’importo viene trattenuta direttamente dall’ente finanziario che effettua il pagamento. I dividendi distribuiti dalle società possono essere soggetti a una tassazione separata, mentre le plusvalenze realizzate dalla vendita di strumenti finanziari possono essere soggette a un’imposta sulle plusvalenze.

Come sono tassate le rendite finanziarie

Le rendite finanziarie sono soggette a una specifica tassazione che varia a seconda della natura dei redditi generati dagli investimenti. In base al Testo unico delle imposte sui redditi (Tuir), che regolamenta l’Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche (Irpef) in Italia, le rendite finanziarie possono essere classificate in tre categorie:

  • redditi di capitale (non definiti esplicitamente dalla normativa fiscale ma regolati dagli artt. 44-45 Tuir), quando le rendite finanziarie derivano dai frutti dell’investimento, come dividendi, cedole e interessi, plusvalenze su ETF armonizzati, o da rapporti di partecipazione;
  • redditi diversi (art.67 Tuir), quando i proventi sono generati da plusvalenze derivanti dalla compravendita di azioni o altri titoli rappresentativi di quote di partecipazione al capitale di imprese;
  • redditi Irpef ordinari, non soggetti a tassazione separata, come le plusvalenze a ETF non armonizzati.

Indipendentemente dalla classificazione, l’aliquota fiscale applicata è fissa e proporzionale, pari al 26% (tranne in alcuni casi) per le attività detenute da persone fisiche non i regime di impresa. Questo significa che la percentuale di prelievo fiscale è stabilita e non progressiva in base al livello di reddito. Pertanto, l’inquadramento delle rendite finanziarie come redditi di capitale o redditi diversi ha una rilevanza limitata ai fini pratici, ad eccezione della possibilità di compensazione delle perdite.

Dal punto di vista teorico, la distinzione tra redditi diversi e redditi di capitale risiede nel fatto che i guadagni associati ai redditi diversi sono correlati ad eventi futuri ed incerti, che possono portare sia a profitti che a perdite (conosciute come minusvalenze), mentre i proventi derivanti dalla vendita di quote di fondi comuni e di ETF vengono sempre considerati redditi di capitale.

Tuttavia, non sono ammesse compensazioni tra le due tipologie di redditi: nel caso dei redditi diversi, le minusvalenze possono essere compensate solo con plusvalenze della stessa categoria, mentre i redditi di capitale possono essere compensati anche con altri redditi di capitale o con redditi diversi.

Agevolazioni fiscali per alcune rendite finanziarie

Alcune rendite finanziarie godono di un trattamento fiscale differenziato rispetto all’aliquota fissa del 26% e sono soggette a regimi particolari. Tra queste vi sono i proventi finanziari derivanti dai titoli di Stato, come i Bot (Buoni ordinari del Tesoro), i Btp (Buoni del Tesoro poliennali, tra cui il Btp Italia), i Cct (Certificati di credito del Tesoro) e i Ctz (Certificati del Tesoro zero coupon), oltre ai prodotti di risparmio postale come i buoni postali fruttiferi, sia ordinari sia a termine. Per tutte queste tipologie di investimenti, l’aliquota fiscale applicata è del 12,5%.

Questa specifica aliquota agevolata rappresenta un vantaggio significativo per gli investitori, poiché comporta una minor imposizione fiscale rispetto alla tassazione standard del 26%. Tale differenza riflette l’intento di favorire la partecipazione dei cittadini al finanziamento del debito pubblico e promuovere il risparmio a livello nazionale.

Anche i fondi pensione INPS e altre forme di pensione complementare beneficiano di un trattamento fiscale più favorevole rispetto ad altri strumenti di investimento. L’aliquota fiscale applicata a tali rendite è del 20%, mentre per la parte che deriva dal possesso di titoli di Stato l’aliquota è sempre del 12,5%.

Inoltre, è importante notare che l’aliquota fiscale per i dividendi corrisposti da società «figlie» italiane a società «madri» nell’ambito della direttiva «madri-figlie» è fissata al 5%.

I proventi da partecipazione in Organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR) sono tassati al 26% ma se la partecipazione è superiore al 5% seguono invece le regole dell’Irpef.

Infine, esistono alcune eccezioni che prevedono delle esenzioni fiscali specifiche. Tuttavia, queste eccezioni sono limitate e si applicano solo a determinati casi, come per esempio ai PIR (Piani Individuali di Risparmio): se vengono detenuti per almeno cinque anni, sono esenti da alcune imposte.

Come si pagano le tasse sulle rendite finanziarie

Le tasse sulle rendite finanziarie sono pagate in modi e tempi diversi a seconda del regime scelto tra:

Nel regime amministrato, l’intermediario finanziario funge da sostituto d’imposta, pagando le tasse e accreditando sul conto il risultato netto della vendita. Le imposte vengono saldate al momento del realizzo, in base al principio di cassa.

Nel regime dichiarativo, le tasse sulle rendite finanziarie si pagano tramite la dichiarazione dei redditi. La dichiarazione viene presentata annualmente entro il 30 giugno e include i guadagni ottenuti e le perdite subite dagli investimenti, ma ha la possibilità di compensare le plusvalenze con le minusvalenze se queste sono della stessa natura. Questo meccanismo consente agli investitori di bilanciare i risultati finanziari positivi e negativi, fornendo un certo grado di flessibilità fiscale.

Nel regime gestito, l’intermediario agisce come sostituto d’imposta, gestendo l’intero portafoglio di titoli per conto proprio. L’imposta viene calcolata secondo il principio di competenza, tenendo conto del capital gain maturato nell’anno, al netto delle spese. Le minusvalenze possono essere utilizzate come credito d’imposta nei quattro anni successivi. Un vantaggio di questo regime è che anche dividendi e plusvalenze derivanti da fondi comuni ed ETF possono essere compensati con il risultato della gestione, e le minusvalenze possono essere riportate all’anno successivo come credito d’imposta.

Come funzionano le minusvalenze

Le minusvalenze sono le perdite realizzate a seguito della vendita di uno strumento finanziario ad un prezzo inferiore a quello di acquisto. Le minusvalenze generano effetti fiscali diversi a seconda del regime in cui si verificano. Non tutti gli strumenti finanziari permettono infatti di recuperare le minusvalenze.

Vediamo di seguito le principali caratteristiche e modalità di utilizzo delle minusvalenze in diversi contesti:

Redditi di Capitale:
I redditi di capitale, come cedole obbligazionarie, dividendi azionari o le plusvalenze derivanti dalla vendita di ETF o fondi comuni di investimento non consentono di recuperare le minusvalenze.

Redditi Diversi:
I redditi diversi derivano da operazioni nel mercato finanziario e hanno una natura aleatoria, pertanto possono essere positivi (plusvalenze) o negativi (minusvalenze). Le plusvalenze derivanti da investimenti in azioni, obbligazioni, Etc, certificati, derivati e criptovalute permettono di recuperare le minusvalenze.

Gestioni Patrimoniali:
Le gestioni patrimoniali consentono la compensazione tra redditi di capitale e redditi diversi negativi (minusvalenze).
Le minusvalenze possono essere portate in deduzione dai risultati positivi di gestione degli anni successivi, entro un limite temporale di quattro anni.

Fondi di Diritto Estero Armonizzati U.E.:
I fondi di diritto estero, come quelli irlandesi o lussemburghesi, prevedono la tassazione dei redditi di capitale al 12,50% senza possibilità di compensazione, mentre la componente negativa dei redditi diversi (minusvalenza) può essere compensata con plusvalenze realizzate da redditi diversi.

Regime del risparmio gestito:
Nel regime del risparmio gestito, le minusvalenze maturate durante l’anno possono essere compensate con i risultati positivi degli anni successivi, entro un limite di quattro anni.
Alla chiusura della gestione patrimoniale, le minusvalenze possono essere utilizzate in compensazione in altre gestioni patrimoniali o con plusvalenze nel regime del risparmio amministrato o dichiarativo.

Regime del risparmio amministrato:
Nel regime del risparmio amministrato, le perdite realizzate sono automaticamente dedotte su plusvalenze realizzate successivamente dallo stesso cliente, entro lo stesso periodo d’imposta e i quattro anni successivi.
Le minusvalenze residue alla chiusura o revoca del regime possono essere utilizzate in altri rapporti in regime amministrato o in dichiarazione dei redditi, a condizione che siano scomputate solo da plusvalenze finanziarie realizzate in detto regime.
È importante notare che le minusvalenze devono essere utilizzate entro il quarto anno successivo a quello di formazione, pertanto le minusvalenze maturate nel 2019 scadranno il 31 dicembre 2023.

Regime dichiarativo:
Nel regime dichiarativo, le minusvalenze possono essere riportate per ridurre eventuali plusvalenze nella stessa categoria di prodotti realizzati nei periodi di imposta successivi. Le minusvalenze devono essere riportate nella colonna 5 del rigo RT94 e la compensazione può avvenire soltanto entro il quarto anno successivo.

Riforma fiscale sulle rendite finanziarie

La riforma fiscale attualmente in corso di elaborazione mira a introdurre una nuova modalità di tassazione delle rendite finanziarie al fine di evitare disparità e ingiustizie. Secondo il disegno di legge delega presentato dal Governo per l’approvazione parlamentare, tutti i proventi derivanti dagli investimenti saranno raggruppati in un’unica categoria reddituale ai fini dell’Irpef, chiamata «redditi finanziari». Questa nuova categoria supererà l’attuale distinzione tra redditi di capitale e redditi diversi, che per alcuni era considerata irrazionale.

I redditi finanziari comprenderanno interessi, dividendi e capital gain, ossia i guadagni ottenuti dalla vendita di asset finanziari. La tassazione di tali redditi sarà basata sul principio di cassa, ovvero il momento in cui i profitti vengono effettivamente incassati, anziché sul metodo di competenza che considera il periodo di contabilizzazione dei guadagni, indipendentemente dall’incasso effettivo. Questo nuovo approccio alla tassazione mira a rispettare meglio il principio di capacità contributiva sancito dalla Costituzione.

Una delle novità introdotte dalla riforma fiscale riguarda anche la possibilità di compensare le perdite derivanti dagli investimenti finanziari. Sarà consentito sottrarre le minusvalenze per compensare i risultati positivi, consentendo così una gestione più equa e flessibile degli investimenti. Attualmente, ci sono limitazioni significative per lo scomputo delle minusvalenze, ad esempio riguardo alla tipologia di investimenti e al periodo in cui possono essere utilizzate. Con la riforma, si potranno riportare le minusvalenze negli anni successivi fino alla liquidazione dell’investimento. I contribuenti potranno anche scegliere di tassare solo i profitti effettivamente realizzati anziché quelli teoricamente maturati, comunicando la loro scelta nella dichiarazione dei redditi o agli intermediari finanziari.

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