Il taglio dell’Irpef al ceto medio porta un beneficio reale soltanto a pochissimi contribuenti. Vediamo la simulazione e chi risparmia solo 3 euro al mese.
L’annunciato taglio Irpef al ceto medio entrerà in Legge di Bilancio 2026. L’intervento dovrebbe portare la seconda aliquota Irpef dal 35% al 33% per i redditi da 28.000 a 50.000 euro. Questa dovrebbe essere la misura più importante della prossima manovra, ma a beneficiarne realmente saranno davvero in pochi.
Intanto per chi ha un reddito fino a 28.000 euro (circa il 70% delle dichiarazioni dei redditi presentate non arrivano a questo importo), non ci sarà nessun beneficio visto che il taglio riguarda il secondo scaglione di reddito che parte, appunto, da 28.000 euro.
Anche per chi ricade nel secondo scaglione, però, i benefici potrebbero non essere rilevanti.
Taglio Irpef, solo una presa in giro?
Il taglio Irpef è stato annunciato come la misura che farà diminuire la pressione fiscale sul ceto medio, ma simulazioni effettuate dalla CGIL evidenziano che solo per i redditi più alti ci sarà un reale beneficio.
Per chi ha redditi di 30.000 euro l’anno il vantaggio sarebbe di poco più di 3 euro al mese, circa 40 euro l’anno. A risparmiare di più saranno coloro che hanno redditi a partire da 50.000 euro: in questo caso il vantaggio mensile sarebbe di 36,7 euro e quello annuale arriverebbe a 440 euro.
Il segretario generale della CGIL, Maurizio Landini, sottolinea che si tratta quasi di una presa in giro e punta il dito sul sistema fiscale italiano che tassa maggiormente e progressivamente solo pensionati e dipendenti. Coloro che hanno rendite immobiliari, finanziarie e altri profitti sono tassati meno grazie alla tassa piatta.
Le tasse non sono uguali per tutti
Le simulazioni effettuate dalla CGIL sulla tassazione dei redditi in Italia evidenzia che a parità di reddito pensionati e dipendenti sono le categorie maggiormente tassate a causa dell’Irpef.
Su 35.000 euro di reddito, infatti, si pagano:
- 6.898 euro di imposte se si è lavoratori dipendenti;
- 8.413 euro di imposte se si è pensionati;
- 4.095 euro di imposte se si è lavoratori autonomi che hanno aderito al regime forfettatio;
- 4.375 euro euro se il reddito deriva da una rendita finanziaria.
La disparità di imposta che emerge dalla simulazione fa chiaramente comprendere come, sullo stesso reddito, pagano più imposte i dipendenti e i pensionati.
Con la flat tax, autonomi e professionisti pagano una tassa piatta al 5% o al 15% contro l’Irpef ordinaria che parte dal 23% fino ad arrivare al 43%. In un’altra simulazione della CGIL si mostrava come su 85.000 euro di reddito un professionista con flat tax pagasse solo 7.000 euro di tasse, mentre sullo stesso importo un dipendente avrebbe pagato 19.000 euro di Irpef. Oltre a questo pensionati e dipendenti sono maggiormente penalizzati anche dal fiscal drug causato dall’inflazione.
Patrimoniale come alternativa
La Cgil, per finanziare misure che consentano di ridurre le tasse che gravano su dipendenti e pensionati e per ridurre il fiscal drag che proprio su queste categorie grava maggiormente, propone di introdurre una patrimoniale per le grandi ricchezze. Un contributo di solidarietà per chi ha redditi sopra i 2 milioni di euro (si tratta di 500mila contribuenti): applicando una sovrattassa dell’1,3% si avrebbe un gettito di 26 miliardi l’anno.
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