L’annunciato taglio delle tasse per il ceto medio non è così certo come si vuol far credere. La perdita di gettito fiscale va compensata, ma si troveranno le risorse?
Mentre ancora non è certo come si voglia attuare il taglio dell’Irpef per il ceto medio, l’intervento sembra essere in bilico per la mancanza delle necessarie coperture finanziarie. Anche se nel mese di agosto la politica è in vacanza e non si sta discutendo delle misure da inserire nella Legge di Bilancio 2026, le attività riprenderanno a settembre quando si dovranno iniziare a prendere decisioni concrete per quel che riguarda i provvedimenti da inserire nella manovra di fine anno.
Il taglio dell’Irpef al ceto medio è stato annunciato ormai da tempo e molti esponenti politici, ottimisticamente, affermano che questo sarà l’anno buono per inserire il beneficio nella Legge di Bilancio. La riduzione dell’Irpef, promessa in campagna elettorale, è sempre sfumata negli ultimi anni a causa della mancanza di coperture economiche.
Taglio Irpef, quali proposte in ballo?
La proposta è la stessa dello scorso anno: tagliare di due punti percentuali la seconda aliquota Irpef che riguarda lo scaglione di reddito che va da 28.000 a 50.000 euro. L’aliquota, con un simile intervento, scenderebbe dall’attuale 35% al 33% con un risparmio massimo, per i redditi più alti, di 440 euro.
A questa proposta, però, nel tempo se ne è affiancata un’altra: quella di completare il taglio dell’Irpef anche con un ampliamento dello scaglione di reddito e coinvolgere i contribuenti con redditi fino a 60.000 euro. In questo caso il risparmio per chi ha redditi superiori a 50.000 euro e fino a 60.000 euro sarebbe abbastanza alto, visto che l’aliquota si ridurrebbe dal 43% attuale al 33% auspicato. I lavoratori in questa fascia di reddito risparmierebbero 100 euro su ogni 1.000 euro guadagnati, ovvero il 10%.
L’intervento, però, in entrambi i casi avrebbe un costo molto alto che necessita di risorse certe.
Taglio Irpef in bilico, servono risorse
Tagliare l’Irpef del ceto medio dal 35% al 33% comporterebbe un minor gettito di 4 miliardi di euro. Per sostenere la perdita di entrate sono necessarie coperture che non compromettano i conti pubblici, che il ministro Giancarlo Giorgetti sta già faticosamente cercando di mantenere in ordine.
Se a questo intervento si somma anche la rottamazione quinquies e il taglio dell’aumento dell’età pensionabile (il cui costo è stimato in circa 300 milioni di euro l’anno) si comprende che non ci sono coperture sufficienti per tutti e tre gli interventi.
Senza la certezza delle risorse finanziarie che possano permettere di inserire le misure in Legge di Bilancio, le proposte restano soltanto ipotesi. Il taglio dell’Irpef al ceto medio è stato annunciato come certo per il prossimo anno, ma anche lo scorso anno veniva dato per sicuro.
Va considerato, infatti, che l’Irpef è il pilastro del sistema tributario italiano che, nel 2024, ha garantito un gettito di oltre 235 miliardi di euro. Abbassare questo gettito senza le necessarie coperture comporterebbe mettere a rischio le casse pubbliche.
La decisione sul taglio dell’Irpef, se concentrare le poche risorse a disposizione solo sulla riduzione dell’aliquota o se ampliare anche lo scaglione di reddito, dipenderà dalla spesa sostenibile nella prossima Manovra. La partita è ancora aperta: sarà la Legge di Bilancio 2026 a svelare se il tanto atteso sconto fiscale per il ceto medio si trasformerà in un fatto o resterà l’ennesima promessa mancata.
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