Molti contribuenti aderiscono alla pace fiscale, ma non pagano. La rottamazione quinquies sarà soltanto un espediente per ritardare fermo
La rottamazione quinquies è in arrivo: al più tardi nel 2026 entrerà in vigore la nuova pace fiscale che permetterà di pagare i debiti con il Fisco in modo più flessibile. La nuova sanatoria fiscale consente di versare il debito, con l’esclusione di interessi di aggio e sanzioni, in 120 rate spalmate su 10 anni e prevede una decadenza molto più difficile rispetto alle versioni precedenti.
Sicuramente prevedere rate a livello mensile invece che trimestrale e un piano di rateizzazione suddiviso in 10 anni (invece che in 5) darà ai contribuenti una modalità di versare gli importi dovuti in maniera molto più agevole. In teoria, questo dovrebbe spingere i debitori a estinguere le situazioni debitorie e ripianare la propria posizione con il Fisco. Ma siamo proprio sicuri che i debitori approfittino delle diverse rottamazioni per versare le somme dovute alla pubblica amministrazione?
La Corte dei Conti, proprio mentre la rottamazione quinquies prosegue il proprio iter parlamentare, mette in guardia: con le sanatorie le cartelle restano non pagate.
Rottamazione quinquies, l’allerta
Nonostante le rottamazioni le cartelle esattoriali restano spesso inevase. Questo significa che i contribuenti aderiscono alle definizioni agevolate per bloccare le procedure esecutive e non per pagare. Il messaggio giunge dopo la Relazione sul Rendiconto generale dello Stato, presentato lo scorso 26 giugno e ci si chiede: a questo punto serve una nuova rottamazione?
La nuova sanatoria dovrebbe riguardare i debiti affidati all’Agenzia delle Entrate – Riscossione nel periodo tra il 1° gennaio 2000 e il 31 dicembre 2023. A quanto pare, però, i cittadini presentano in maggioranza domanda di adesione più per i benefici che comporta che per estinguere realmente i debiti con il Fisco.
La Corte dei Conti, proprio a questo proposito, suggerisce di potenziare le attività di riscossione guardando se non con sospetto almeno con un certo allarme alla pace fiscale: 11,2 miliardi di euro con la rottamazione quater, infatti, sono andati persi. L’importo in questione riguarda le rate scadute e non versate dall’entrata in vigore della misura nel 2023.
Tra le entrate stimate, a seguito delle adesioni, e quelle realmente avute c’è una distanza di oltre 11 miliardi di euro e questo nonostante le diverse proroghe previste nel corso degli ultimi mesi e la riammissione per i decaduti, tuttora in corso di definizione.
La Corte dei Conti ammette che
“probabilmente una quota cospicua delle adesioni alla rottamazione è finalizzata a ritardare la riscossione coattiva”.
In altre parole, molti cittadini presentano domanda di adesione per ritardare pignoramento e fermo amministrativo e non per pagare e mettersi in regola. La rottamazione, quindi, viene presa come una misura da usare per prendere tempo.
I benefici dell’adesione alla rottamazione
Solo presentando la domanda di adesione alla rottamazione si hanno diversi benefici. In prima battuta c’è la sospensione dei termini di prescrizione e decadenza. Ma non è tutto. Le precedenti dilazioni di pagamento sono sospese (ad esempio presentando domanda entro la scadenza per l’adesione, non si devono più pagare le vecchie rate ma si deve attendere la scadenza della prima rata della sanatoria, solitamente tre mesi dopo).
L’Agenzia delle Entrate Riscossione non può iscrivere nuovi fermi amministrativi, nuove ipoteche o pignoramenti al debitore che ha aderito alla definizione agevolata, così come non può avviare altre azioni esecutive o proseguire quelle già avviate.
Infine, il debitore nel periodo che intercorre tra la presentazione della domanda di adesione e la scadenza di pagamento della prima rata può ottenere il rilascio del Durc senza essere considerato inadempiente.
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