Sì al taglio del cuneo fiscale per aumentare gli stipendi: cosa significa e cosa può succedere.
Il taglio del cuneo fiscale è in cima alle priorità del Governo Draghi; secondo le ultime indiscrezioni, infatti, entro la fine di luglio verrà approvato un provvedimento che ha come obiettivo quello di aumentare lo stipendio netto degli italiani, o almeno della maggior parte, visto il notevole aumento dei prezzi a cui stiamo assistendo nelle ultime settimane.
Ma non è la prima volta che si parla di taglio del cuneo fiscale, in quanto si tratta di un problema di lunga data visto che l’Italia è uno dei Paesi in cui questo valore è più alto. Nel dettaglio, con il termine cuneo fiscale si intende il costo complessivo del lavoro, ossia la somma delle imposte, sia dirette che indirette, e dei contributi. Volendo semplificare, dunque, possiamo definirlo come la differenza che c’è tra lo stipendio netto e il lordo.
Va detto che esiste un cuneo fiscale lato lavoratore e un altro lato aziende: è bene sottolineare questo aspetto, perché ne dipendono le ragioni, come pure le conseguenze, di un eventuale taglio.
Cuneo fiscale lato azienda e lato dipendente
Come noto, il lavoratore non percepisce l’intero importo indicato in busta paga. È a carico del dipendente, infatti, il pagamento delle imposte e il versamento di una piccola parte di contributi previdenziali.
Sull’importo lordo, dunque, si paga l’Irpef secondo quelle che sono le aliquote previste per lo scaglione di riferimento, al netto però delle detrazioni a cui ha diritto il dipendente. Il tutto come modificato dalla riforma fiscale del 2022. A ciò si aggiunge poi il pagamento delle addizionali regionali e comunali, sempre a carico del dipendente.
Il lavoratore, inoltre, versa una parte del 33% di retribuzione a titolo contributivo: nel dettaglio, il 9,19% nel settore privato, 8,80% nel pubblico. Per il 2022 però bisogna considerare lo sgravio contributivo riconosciuto sugli stipendi che risultano inferiori a 2.692 euro, il che comporta una riduzione dello 0,8% della quota contributi dovuta dal dipendente.
Grava sull’azienda, invece, il restante 23,81% dei contributi, come pure il contributo assicurativo Inail.
Le richieste di lavoratori e aziende
Da anni le aziende chiedono di ridurre il costo del lavoro, così da incentivare le assunzioni. Oggi, infatti, la spesa relativa a stipendio lordo più contributi pensione più contributi Inail risulta proibitiva per molte aziende, salvo i casi in cui è possibile di fruire dei cosiddetti bonus assunzioni, degli incentivi che hanno come obiettivo quello di ridurre il costo dell’assunzione tagliando tutta, o una parte, la quota contributiva dovuta dal lavoratore per un certo lasso di tempo.
D’altra parte, anche i lavoratori sperano in un taglio del cuneo fiscale per la parte che grava sulle loro tasche. In questo modo, infatti, ci sarebbe un aumento dello stipendio netto a parità di lordo, con il vantaggio che per l’azienda non ci sarebbero costi ulteriori.
Un primo tentativo è stato fatto appunto con la riforma fiscale, ma va detto che il vantaggio non è stato per tutti i lavoratori poiché molti hanno pagato la decisione di cancellare il bonus Renzi per i redditi compresi tra i 15 e i 28 mila euro.
Per questo motivo, complice anche la crescita esponenziale dell’inflazione e la conseguente perdita del potere di acquisto degli stipendi, il Governo ha in mente un provvedimento che andrà a tagliare il cuneo fiscale, ma solo per la parte riferita al dipendente. Per le aziende, quindi, non sono attesi sconti: d’altronde, per il momento l’obiettivo è di riconoscere una maggiore liquidità alle persone, mentre per incentivare le assunzioni ci sarà tempo.
Come il taglio del cuneo fiscale aumenterà gli stipendi
Per il momento sappiamo che per il prossimo taglio del cuneo fiscale il Governo avrà a disposizione 5 miliardi di euro, per un intervento che dovrebbe vedere la luce verso la fine di luglio.
Ad essere tagliata sarà la quota Irpef dovuta dal dipendente, probabilmente con il riconoscimento di un nuovo trattamento integrativo come già fatto in passato con la trasformazione del bonus Renzi in bonus 100 euro.
Non si conoscono le cifre, ma basti pensare che per il bonus una tantum 200 euro - spettante però a una platea maggiore di persone - ne sono serviti 6,3 miliardi, di cui 2,75 miliardi di euro per i lavoratori dipendenti.
Facendo un rapido calcolo, dunque, con 5 miliardi di euro si potrebbe arrivare a un risparmio di circa 400 euro complessivi per il 2022, sempre se ci si concentrerà su coloro che hanno uno stipendio annuo lordo inferiore a 35 mila euro.
Siamo comunque lontani dalle richieste dei sindacati e di una parte della politica, i quali avevano chiesto di riconoscere ai lavoratori italiani almeno una mensilità in più, ossia l’equivalente di quanto già perso a causa dell’inflazione.
Le prossime settimane saranno dunque decisive per capire su cosa si concentrerà il prossimo taglio del cuneo fiscale, misura che tuttavia dovrebbe riguardare solamente le ultime mensilità del 2022.
Per il 2023 si guarderà all’andamento dell’inflazione ed eventualmente si interverrà utilizzando le risorse della prossima legge di Bilancio.
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