Stop bonus edilizi, le imprese: “così chiudiamo tutti”

Antonella Ciaccia

23/06/2022

23/06/2022 - 16:07

condividi

Accesso ai bonus edilizi: le richieste superano le attese. I fondi sono esauriti e le banche non concedono cessioni del credito. Cosa succede a chi ha già iniziato con i lavori di ristrutturazione?

Stop bonus edilizi, le imprese: “così chiudiamo tutti”

Siamo davvero al capolinea per il superbonus 110%? Di certo si tratta dell’agevolazione maggiormente richiesta negli ultimi anni in ambito edilizio, dati i notevoli vantaggi previsti dal sostegno.

Le istanze per ricevere il credito sulle spese di diversi interventi di ristrutturazione sono state numerosissime. Tuttavia il sostegno, prorogato per il 2022, attualmente è arrivato al termine dei fondi messi a disposizione per l’anno in corso: questo vuol dire che i 33,3 miliardi di euro messi a disposizione dallo Stato sono già esauriti, a causa dell’enorme mole di richieste.

Alcune banche, tra le quali Intesa San Paolo e Unicredit, hanno deciso di fermare l’acquisto di crediti perché hanno raggiunto la massima capienza di utilizzo del credito di imposta. Dagli ultimi dati Enea, al 31 maggio 2022 risultano richiesti interventi per un totale di detrazioni pari a 33,7 miliardi di euro. Quindi è già stata superata la somma messa a disposizione dallo Stato.

Il tira-e-molla dei provvedimenti ha mandato in affanno un esercito di consulenti, commercialisti, bancari e, ovviamente, clienti che non sanno davvero come muoversi.

In attesa di capire quali saranno le nuove mosse dell’Esecutivo, sono diverse le ipotesi che possono trovarsi a fronteggiare coloro che hanno richiesto di fruire del superbonus. Decine di migliaia di imprese sono rimaste impigliate nella stretta sulla cessione dei crediti e rischiano il fallimento. Molti dei cantieri avviati con il superbonus si sono già bloccati o si stanno per fermare. Vediamo insieme cosa potrebbe accadere.

Superbonus 110%: esauriti i fondi per l’agevolazione

In questa primavera 2022 è stato lanciato l’allarme sull’esaurimento dei fondi stanziati per coprire il superbonus.

In assenza di interventi normativi, finalizzati quantomeno a individuare una rapida soluzione per tutti coloro che si trovino imprigionati in questa morsa economico-finanziaria, le ripercussioni sull’intero sistema Paese sono notevoli. Per cercare di smuovere gli intenti del Governo affinché intervenga tempestivamente le imprese del comparto edile hanno indetto una manifestazione di protesta per domani 24 giugno a Roma.

L’ultima goccia che ha fatto traboccare il vaso del superbonus è stata la chiusura da parte degli Istituti di credito degli acquisti dei crediti fiscali dalle imprese edili che hanno operato lo sconto in fattura o l’acquisto diretto. Nonostante questi crediti siano già sul cassetto fiscale dei general contractor o delle imprese che hanno eseguito i lavori e siano, nei fatti, già oggetto di una prima validazione di conformità da parte dell’Agenzia delle Entrate, le banche hanno comunicato, pochi giorni fa, la loro improvvisa indisponibilità all’acquisto degli stessi.

D’altra parte gli italiani hanno presentato domande di accesso all’agevolazione per 33,7 miliardi di euro, contro i 33,3 messi a disposizione per la misura. Questo significa prima di tutto che mancano i fondi per rimborsare imprese e banche, ed è evidente che queste ultime abbiano nuovamente bloccato, in alcuni casi, la possibilità di acquisire il credito tramite le cessioni.

Cosa succederà a chi ha già iniziato i lavori?

Secondo i calcoli di Cna Confartigianato, sarebbero 33.000 in Italia le imprese a rischio fallimento, se non dovessero arrivare i fondi disponibili per i lavori già iniziati, e 150.000 i posti di lavoro che andrebbero perduti per effetto della mancata cessione alle banche del credito proveniente dal superbonus 110%.

Le maggiori preoccupazioni derivano in questa fase da chi ha già iniziato i lavori, o per cui una parte del bonus è già stata recepita. In questo caso il rischio è quello di un blocco a metà dei lavori stessi, a causa della mancanza dei fondi per il superbonus 110%. La preoccupazione che segue è quella eventualità in cui il fisco richieda indietro il credito per quei lavori non completati.

Alcune associazioni di categoria stanno proponendo soluzioni che possano tamponare momentaneamente la situazione, in attesa dell’introduzione di nuovi fondi, come ad esempio la possibilità per le banche già in possesso di crediti derivati dalle cessioni, di estendere la possibilità di acquisto. Ad oggi non c’è niente di certo dunque, ma le proposte sono diverse.

Per chi ha già avuto tutte le autorizzazioni e ha concluso un accordo di cessione del credito con l’istituto di credito la pratica dovrebbe andare avanti: la banca difatti, non può più tirarsi indietro e dovrà aspettare in qualche modo la decisione del Governo per proseguire l’iter già avviato.

Per chi ha già stipulato accordi con l’impresa e attende il via libera definitivo dalla banca per la cessione del credito, spiega l’associazione Altroconsumo, è ancora possibile bloccare tutto, sia nel caso che l’appalto preveda la partenza dopo il via libera dell’Istituto di credito, sia che non venga riportato. In questo caso è possibile la via del recesso o della sospensione del contratto, in attesa di capire cosa farà il governo.

Se i lavori sono iniziati e l’impresa ha già in parte anticipato di tasca propria, la questione diventa più complessa. In questa situazione è possibile che venga bloccato il cantiere e a quel punto è necessario vedere cosa è riportato sul contratto d’appalto, che potrebbe includere una polizza per danni di questo tipo. In ogni caso anche qui è possibile una “exit strategy”, che preveda revisione o risoluzione del contratto.

Se solamente una parte dei lavori ha ottenuto un finanziamento, impresa e committente possono decidere di eliminare parte dei lavori deliberati e operare una riduzione del contratto. Se non si trova l’accordo si può chiedere la risoluzione del contratto per «eccessiva onerosità sopravvenuta» ed è possibile che sia i condomini che l’impresa possano a quel punto fare ricorso al giudice.

Se mancano i requisiti per accedere al superbonus 110%, possono essere applicate sanzioni al contribuente, tuttavia questo può chiamare in causa l’impresa o il professionista che hanno compiuto l’illecito.

Se non si può ottenere la cessione del credito, è possibile valutare altre modalità per ricevere il credito di imposta spettante, anticipando tutta la somma oppure chiedendo un apposito finanziamento.

I possibili interventi sul superbonus 110%

La chiave per risolvere almeno in parte la situazione potrebbe essere quella di sbloccare l’ammontare di crediti in un certo senso attualmente «fermi» che, in base a nuove disposizioni normative, possono essere utilizzati esclusivamente in compensazione.

Un’altra possibile soluzione potrebbe essere quella di introdurre nuovi finanziamenti per il sostegno, con un nuovo fondo per permettere al superbonus 110% di continuare nei prossimi mesi.

Altri pareri contemplano la possibilità che il Fisco invece provvederà a risolvere il problema recuperando dai beneficiari i crediti ottenuti indebitamente, tenendo conto, in tal caso, anche delle somme derivanti dalle sanzioni pecuniarie che verrebbero applicate a loro carico.

L’attenzione comunque adesso è tutta sul dl Aiuti che dovrà essere convertito in legge entro il 16 luglio: infatti, ha già fatto il pieno di proposte di modifica soprattutto sula questione della cessione dei crediti.

In merito a questo argomento la Commissione Industria del Senato ha approvato una risoluzione che impegna il Governo:

  • ad adottare, in tempi estremamente celeri, ogni opportuna iniziativa, anche di carattere legislativo, volta a garantire le più ampie possibilità per le imprese del settore di operare nell’ambito degli interventi previsti dal superbonus 110%, in particolare rendendo funzionale e pienamente utilizzabile il meccanismo della cessione del credito, consentendo così lo sblocco dei crediti d’imposta presenti nei cassetti fiscali delle medesime imprese;
  • ad ampliare la platea dei cessionari, prevedendo, tra l’altro, la possibilità per le banche e le società appartenenti a un gruppo bancario di cedere i crediti d’imposta derivanti ai propri correntisti corporate, rientranti nella definizione europea di piccole e medie imprese, di cui al dm 18 aprile 2005, e anche valutando l’opportunità di coinvolgere Poste Italiane S.p.A. e Cassa depositi e prestiti.

Queste misure potrebbero essere inserite nella legge di conversione del decreto Aiuti che prevede, infatti, che le banche possano cedere sempre il credito ai clienti professionali privati che abbiano stipulato un contratto di conto corrente con la banca cedente, o con la banca capogruppo. Durante la discussione del ddl di conversione, sono stati presentati emendamenti che puntano a estendere la cessione a professionisti e Pmi.

Insomma, le proposte sono tante, ma ancora di più sono le incognite su quello che accadrà. Non ci resta che attendere notizie ufficiali direttamente dai vertici governativi.

Argomenti

Iscriviti a Money.it