Farsa senza fine: gli stoccaggi Ue sono pieni di LNG russo. E Putin ci paga i droni

Mauro Bottarelli

27 Ottobre 2022 - 13:57

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Il Wall Street Journal scoperchia il vaso di Pandora: grazie ai commodity traders svizzeri, i Paesi europei hanno bypassato le sanzioni sul gas via pipeline. Millantando scorte indipendenti da Mosca

Farsa senza fine: gli stoccaggi Ue sono pieni di LNG russo. E Putin ci paga i droni

Forse sarebbe il caso di finirla. Quantomeno per decenza. E il minimo sindacale di rispetto che merita chi il costo della guerra lo sta pagando sulla propria pelle. Ucraino o russo che sia. Perché quanto scoperto e denunciato dal Wall Street Journal - ovviamente con tempismo che nulla lascia al caso, stante i rapporti tesissimi in seno all’Ue - si configura come il proverbiale chiodo che sigilla la bara della dignità continentale.

Se infatti esistono due ragioni ritenute alla base del calo dei prezzi del gas registrato in queste ultime settimane, queste sono lo riempimento record degli stoccaggi europei - oggi al 93,6%, stando a calcoli rilanciati da Reuters - e l’abbondanza di gas LNG in arrivo via tankers, una trentina dei quali da almeno dieci giorni attendono al largo della costa spagnola di poter essere scaricati.

La narrativa vuole che quel gas liquefatto fosse l’aiuto a caro prezzo che gli Stati Uniti stanno offrendo all’alleato europeo per rompere del tutto la sua dipendenza da Mosca. Ma più di un analista storceva da giorni il naso: con l’export dall’hub texano della Freeport ancora ai minimi dall’incidente dello scorso luglio, appare decisamente improbabile che quel LNG sia statunitense. Quantomeno a livello di origine. La rotta di trasporto fisico, invece, è altra cosa.

Ed ecco che questo grafico

Andamento delle importazioni europee di gas LNG dalla Russia Andamento delle importazioni europee di gas LNG dalla Russia Fonte: Kpler/Wall Street Journal

mostra plasticamente come le importazioni europee di LNG di provenienza russa siano aumentate del 41% su base annua nei dodici mesi conclusisi lo scorso 31 agosto. Esattamente i mesi estivi in cui è partito il rush disperato per accaparrarsi tutto il gas disponibile sul mercato, al fine di riempire gli stoccaggi in vista della stagione fredda. E alla luce di prezzi in continuo aumento e dibattito in sede Ue sul price cap che assumeva contorni kafkiani.

Stando a quanto dichiarato al Wall Street Journal da Maria Shagina, research fellow presso l’International Institute for Strategic Studies di Londra, il gas liquefatto russo ha rappresentato finora il cavallo oscuro del regime sanzionatorio europeo, Ovvero, i Paesi dell’Ue che in pubblico fanno a gara nel mostrare il volto aggressivo verso Vladimir Putin, in realtà hanno abusato senza tanti scrupoli della totale assenza normativa rispetto al gas liquefatto. Le sanzioni, infatti, fanno riferimento unicamente a quello via pipeline.

Al centro del gioco ci sarebbero le oltre 1.000 commodity firms con base operativa in Svizzera, Paese da cui transita l’80% delle materie prime russe contrattate. E con un volume di trading pari a 903,8 miliardi di dollari, ultimo dato disponibile e riferito al 2018, difficilmente il governo elvetico appare motivato nel creare disturbo a un tale generatore di Pil.

Al netto di un export di gas e petrolio che ha pesato per circa il 35% del budget russo del 2021, ecco che gli operatori su materie prime utilizzano come strumento preferenziale le cosiddette lettere di credito, ovvero documenti che certificano la proprietà della commodity e che il trader pone a garanzia di un prestito bancario. Chiaramente, erogato senza tanti controlli di provenienza e reale possesso alla consegna. In tal senso Elisabeth Bürgi Bonanomi, senior lecturer all’Università di Berna, non ha avuto dubbi nel dipingere il quadro della situazione, intervistata da Deutsche Welle: L’intero comparto del commodity trading è sotto-regolamentato e sotto-documentato.

E tanto per capire come quanto accaduto non sia stato un una tantum deprecabile ma legato alla necessità estiva di riempire gli stoccaggi, stando a tracciature di MarineTraffic riportate dalla CNBC, oggi al largo o ancorati presso le coste Nord-occidentali, mediterranee e iberiche dell’Europa si trovano 60 tankers per trasporto di LNG. Ovvero, oltre il 10% del totale di quella categoria di vessels in giro per il mondo.

Calcolando che con i miliardi garantiti da questa vergognosa attività sottobanco, negli ultimi mesi Vladimir Putin ha potuto finanziarie la prosecuzione della guerra e magari pagato i droni iraniani che paiono averne cambiato il corso, l’Europa davvero ha ancora il coraggio di parlare di obbligo morale di armare l’Ucraina per difendersi? Quanto può precipitare nell’abisso dell’ipocrisia e dell’incoerenza un’intera classe politica?

In compenso, comparto del warfare e commodity trading festeggiano. E forse questo spiega più di quanto serva. In compenso, ciò che l’opinione pubblica rischia di non cogliere sono le conseguenze di lungo termine di questa farsa. Perché ottenuto il risultato di spedire l’intera economia Ue - Germania in testa - nella peggior recessione dal 2008 attraverso la crisi del gas, ora Usa, Russia e Cina potranno dar vita alla loro Yalta energetica. E spartirsi il mondo.

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