La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha annunciato di voler tagliare il cuneo fiscale a imprese e lavoratori: di quanto cresceranno davvero gli stipendi se dovesse mantenere la promessa?
Tra le priorità del governo Meloni c’è sicuramente il sostegno alle imprese e all’occupazione. Intenzione che dovrebbe tradursi con vari interventi - alcuni immediati, altri meno - già dai prossimi mesi. Tra questi uno dei più significativi, soprattutto sul fronte stipendi, riguarda il taglio del cuneo fiscale.
La presidente del Consiglio, in occasione del suo discorso programmatico, ha annunciato che l’obiettivo è tagliare il cuneo di cinque punti percentuali, sia lato imprese che lato lavoratori, con un conseguente aumento in busta paga. L’operazione che Meloni vuole mettere in campo sarà graduale, come ha spiegato lei stessa, e non bisogna attendersi un taglio del cuneo di cinque punti in pochi mesi.
Inoltre altro obiettivo del governo è quello di premiare le imprese che creano più occupazione (cioè che più aumentano i contratti rispetto al triennio precedente), attraverso delle super-deduzioni. Sul fronte cuneo fiscale, comunque, l’intervento dovrà arrivare subito, quantomeno per prorogare lo sgravio contributivo del 2% già introdotto dal governo Draghi per il 2022, per poi andare oltre con l’ulteriore taglio promesso da Meloni. Ma quanto inciderà sulle buste paga?
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Taglio del cuneo fiscale, l’annuncio di Meloni
Meloni ha detto di voler tagliare, durante il suo governo, il cuneo fiscale di cinque punti percentuali. E nella sua replica al Senato ha precisato che la volontà è quella di optare per un taglio che riguardi per due terzi i lavoratori e per un terzo le aziende, sempre per i redditi sotto i 35mila euro. Un impegno “di medio termine”, l’ha definito. E che ricalca la proposta di Confindustria sul tema.
Stipendi, cosa succederà in legge di Bilancio
Il primo banco di prova sul tema Meloni dovrà affrontarlo con la legge di Bilancio: serviranno subito 3,5 miliardi di euro per confermare per tutto il 2023 il taglio di due punti del cuneo fiscale previsto fino a dicembre 2022 dal governo Draghi. Ricordiamo che questa misura riguarda chi ha redditi inferiori ai 35mila euro lordi annui. Per il momento sembra l’unica certezza in vista della manovra sul tema degli stipendi: il nuovo governo sa che deve confermare questa misura contro l’inflazione e sembra quindi da escludere una mancata proroga. Difficile, invece, prevedere se si riuscirà - come vorrebbe la stessa Meloni - ad andare oltre questa soglia e incrementare da subito, almeno in parte, lo sgravio contributivo del 2%.
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A quanto ammonta il cuneo fiscale in Italia
Per capire quanto pesa il cuneo fiscale per aziende e lavoratori in Italia possiamo far riferimento all’analisi dell’Osservatorio conti pubblici basato sui dati del 2021. Per un lavoratore dipendente senza figli il cuneo fiscale pesa per il 46,5% del totale del costo del lavoro. Se prendiamo come riferimento per un’azienda un costo di 45mila euro, dobbiamo calcolare circa 20mila di cuneo per un netto in busta paga che si aggira attorno ai 24mila (poco meno).
Il carico del cuneo fiscale è quasi equamente suddiviso tra lavoratore e datore di lavoro. Il 24% dei contributi è a carico dell’azienda, quindi in questo caso parliamo di circa 10.700 euro. Per il lavoratore, invece, è del 22,5%, ovvero circa 10mila euro, di cui il 15,3% di Irpef e il 7,2% di contributi.
Nell’area Euro la media del cuneo fiscale è del 41,4%, quindi circa cinque punti percentuali più bassa rispetto all’Italia. Che è il quinto Paese per carico del cuneo, dietro a Belgio, Germania, Austria e Francia. In realtà va comunque detto che nel 2022 il cuneo è già sceso con l’assegno unico e il taglio dell’Irpef, per cui la differenza dovrebbe essere leggermente inferiore ai 5 punti rispetto alla media Ue.
Quanto aumenterebbero gli stipendi secondo il piano Meloni
Come abbiamo detto, Meloni vorrebbe tagliare il cuneo fiscale proprio di 5 punti percentuali, per raggiungere così un livello simile a quello della media europea. Ma quanto aumenterebbero le buste paga se si applicasse davvero questo taglio? Il governo dovrebbe applicare questa riduzione per due terzi lato lavoratori, il che vorrebbe dire - in totale - un taglio dei contributi di circa 3,3 punti percentuali.
Un obiettivo a lungo termine e che non verrà messo in campo già dal 2023, probabilmente. Ma cosa vorrebbe dire concretamente per le buste paga dei lavoratori dipendenti? Proviamo a fare qualche calcolo per capirlo, ricordando che il riferimento è sempre a stipendi inferiori ai 35mila euro annui.
Se prendiamo l’esempio di un lavoratore che guadagna 1.000 euro al mese, sappiamo che al momento versa il 7,19% di contributi (con il taglio che deve essere confermato per il 2023), pari a 71,90 euro di contributi al mese. Se si scendesse del 3,3% arriveremmo al 3,89% di contributi, ovvero 38,90 euro. Quindi la differenza sarebbe di 33 euro: a tanto ammonterebbe, mensilmente, l’aumento in busta paga applicando il taglio del cuneo fiscale.
Se prendiamo uno stipendio di 1.500 euro mensili, invece, ora si pagano 107,85 euro di contributi. Con il taglio del 3,3% si arriverebbe a 58,35 euro di contributi: l’aumento in busta paga sarebbe di 49,5 euro. Su un reddito di 2mila euro mensili ora si pagano 143,8 euro di contributi, con il taglio sarebbero 77,8: la differenza - e quindi l’aumento mensile di stipendio - sarebbe di 66 euro.
Infine, prendiamo il reddito limite per rientrare nel taglio del cuneo fiscale: 2.692 euro mensili. Attualmente di contributi si versano 193,5 euro al mese, che con il taglio al 3,89% scenderebbero a 104,7 euro. Il che vuol dire che gli stipendi, per chi ha un reddito di 35mila euro, potrebbero aumentare di circa 89 euro al mese. Al momento, comunque, è presto per capire quando questo taglio promesso da Meloni arriverà davvero, considerando che la stessa presidente del Consiglio ha parlato di un processo graduale.
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