Le stablecoin promettono pagamenti istantanei e globali, ma restano confinate al mondo cripto. Quali sono i limiti strutturali che frenano una vera rivoluzione? Un’analisi approfondita.
Nel panorama delle tecnologie finanziarie emergenti, le stablecoin occupano un posto centrale nella narrativa sull’evoluzione dei pagamenti globali. Nate con l’intento di combinare la stabilità delle valute fiat con l’efficienza delle reti blockchain, queste valute digitali ancorate – tipicamente al dollaro statunitense – dovrebbero offrire trasferimenti transfrontalieri in tempo reale, costi drasticamente ridotti e trasparenza assoluta. Ma, a oltre dieci anni dalla loro introduzione, i progressi concreti al di fuori del perimetro del crypto trading sono stati modesti.
In teoria, le stablecoin rappresentano una vera innovazione. Possono funzionare come mezzo di pagamento per abbonamenti, assicurazioni, microtransazioni e servizi digitali grazie all’uso degli smart contract, che automatizzano e garantiscono l’esecuzione degli accordi. Inoltre, l’interoperabilità tra confini, la disintermediazione bancaria e la possibilità di agire in tempo reale su una rete trasparente e pubblica sono vantaggi significativi.
In pratica, però, la domanda reale per le stablecoin continua a essere dominata dal mercato cripto: secondo JPMorgan, circa l’88% del loro utilizzo è interno all’ecosistema delle criptovalute. Al di fuori di questo ambito, la diffusione è minima, ostacolata da problemi strutturali, regolamentari e tecnologici. [...]
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