Sta per esplodere la bomba del commercio globale (e dei prezzi)

Violetta Silvestri

20/12/2023

20/12/2023 - 10:39

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Perché è scattato l’allarme commercio globale a causa della tensione nel Mar Rosso? Una bomba sta per esplodere e i prezzi dei beni di consumo possono impennarsi di nuovo.

Sta per esplodere la bomba del commercio globale (e dei prezzi)

Torna l’incubo delle catene di approvvigionamento interrotte, dei prezzi alle stelle, del commercio nel caos: una bomba commerciale sta per esplodere nel Mar Rosso, con la minaccia di travolgere il mondo.

Gli attacchi dei ribelli Houthi nello Yemen contro le navi commerciali nelle ultime settimane hanno portato molte aziende a decidere di evitare una delle rotte marittime più trafficate del mondo. Il gruppo yemenita ha dichiarato il suo sostegno ad Hamas e ha detto che sta prendendo di mira le navi dirette in Israele.

In un clima diventato molto teso, gli Stati Uniti sono intervenuti e hanno annunciato un’operazione di sicurezza internazionale denominata Operazione Prosperity Guardian a cui hanno partecipato Regno Unito, Bahrein, Canada, Francia, Italia, Paesi Bassi, Norvegia, Seychelles e Spagna.

Gli Houthi si sono affrettati a rispondere in un messaggio su X, sottolineando che anche se l’America riuscisse a mobilitare il mondo intero, le operazioni militari non si fermeranno finché i crimini di genocidio a Gaza non finiranno.

L’allerta è massima. Non solo per una estensione del conflitto tra Israele e Gaza nel più ampio Medio Oriente. Ma, soprattutto, per le conseguenze già visibili sul commercio marittimo internazionale. Una bomba rischia di esplodere e spingere, di nuovo, i prezzi delle materie prime globali alle stelle.

Perché la crisi del Mar Rosso è una bomba pronta a esplodere

I riflettori del mondo sono puntati sul Mar Rosso, una lingua di acqua navigabile di grande rilevanza. Lo stretto di Bab el-Mandeb tra Gibuti e lo Yemen, dove gli Houthi hanno attaccato le navi, segna infatti l’ingresso meridionale del Mar Rosso, che si collega al Canale di Suez e rappresenta un passaggio cruciale tra Europa e Asia.

Si stima che il 12-15% del commercio globale segua questa rotta, ovvero il 30% del traffico mondiale di container. Il Canale di Suez è la via marittima più veloce tra l’Asia e l’Europa ed è particolarmente importante per il trasporto di petrolio e gas naturale liquefatto (GNL).

Secondo la società di analisi dei trasporti Vortexa, nella prima metà del 2023, circa 9 milioni di barili di petrolio al giorno sono stati spediti attraverso il Canale di Suez. Gli analisti di S&P Global Market Intelligence hanno affermato che quasi il 15% delle merci importate in Europa, Medio Oriente e Nord Africa sono state spedite dall’Asia e dal Golfo via mare. Ciò include il 21,5% del petrolio raffinato e oltre il 13% del petrolio greggio.

“Ora che lo stretto è chiuso, le alternative richiedono costi aggiuntivi, ulteriori ritardi e non si adattano alla catena di approvvigionamento integrata che già esiste”, ha affermato Marco Forgione, direttore generale dell’Istituto per l’esportazione e il commercio internazionale.

La deviazione delle navi verso il giro dell’Africa allunga fino a due settimane i tempi di viaggio, creando costi aggiuntivi e congestione nei porti.

L’impatto della tensione nel Mar Rosso e di una eventuale e probabile chiusura, anche temporanea, del suo passaggio si tradurrebbe quindi in una situazione esplosiva. Un grafico elaborato dagli analisti di Politico.eu chiarisce l’allarme attuale, mettendo a confronto i flussi di merci via mare che transitano attraverso il Canale di Suez e altre rotte commerciali nel 2023 espressi come percentuale dei volumi totali (il riferimento al Canale di Suez è in rosa):

Merci che transitano nel Canale di Suez Merci che transitano nel Canale di Suez Percentuali in volumi dei principali beni, in confronto con altre vie commerciali

Le aziende portacontainer che rappresentano circa il 95% della capacità che di solito attraversa Suez, compresi giganti come la svizzera MSC e la danese Maersk, hanno sospeso i servizi nell’area. Anche alcuni colossi energetici, come BP ed Equinor, hanno temporaneamente impedito alle loro navi di utilizzare il canale.

Come quando la rotta è stata interrotta nel 2021 dopo che la Ever Given, una gigantesca nave portacontainer, si è incagliata e ha bloccato il canale per sei giorni, le compagnie di navigazione stanno già dirottando le navi intorno all’Africa. Ciò allungherà i viaggi da circa 31 a 40 giorni tra l’Asia e il Nord Europa secondo alcune stime. A meno che la rotta non possa riaprire in sicurezza, i ritardi e gli inevitabili disagi nei porti dovuti all’arrivo delle navi fuori orario creeranno disordini nei prossimi mesi.

Allarme prezzi: perché possono impennarsi

Sebbene una vera e propria crisi economica non sia ancora all’orizzonte, ciò che sta accadendo nel Mar Rosso potrebbe portare a un aumento dei prezzi.

“La situazione è preoccupante sotto ogni aspetto, in particolare in termini di energia, petrolio e gas”, ha affermato Fotios Katsoulas, analista capo delle navi cisterna presso S&P Global Market Intelligence.

“Si prevede già che la domanda di carburante [marittimo] aumenterà fino al 5%”, ha affermato, e prezzi più elevati del carburante, costi più elevati per la spedizione, premi assicurativi più elevati” significano in definitiva costi maggiori per i consumatori.

John Stawpert, senior manager della International Chamber of Shipping, ha affermato che mentre “ci sarà un impatto in termini di prezzo delle materie prime e alla cassa del supermercato” e potrebbe esserci un effetto sui prezzi del petrolio, c’è ancora un trasporto marittimo che sta transitando nel Mar Rosso e questa è una buona notizia.

Non si tratta di “un’interruzione totale” paragonabile al blocco del canale durato giorni nel 2021 da parte della nave portacontainer Ever Given, ha aggiunto. Tuttavia, la possibilità di vedere una chiusura de facto del Canale di Suez esiste, perché i ribelli Houthi hanno un’agenda molto chiara e potrebbero continuare a diffondere un clima di insicurezza.

In generale, sembra inevitabile che le catene di approvvigionamento vengano influenzate a causa del dirottamento delle navi dal Mar Rosso, ma i beni di consumo subiranno l’impatto maggiore secondo Chris Rogers, di S&P Global Market Intelligence. Si possono prevedere ritardi nell’arrivo di prodotti nei negozi, con i viaggi delle navi portacontainer che dovrebbero durare almeno 10 giorni in più a causa della rotta del Capo di Buona Speranza.

La distanza aggiuntiva costerà di più anche alle aziende. Le tariffe di spedizione sono aumentate del 4% la scorsa settimana e questo incremento può essere trasferito ai consumatori.

Lo spostamento delle merci via mare è l’unica opzione? Secondo Rogers il trasporto di merci su rotaia richiederebbe di “attraversare la Russia”, che è soggetta a sanzioni economiche a causa dell’invasione dell’Ucraina, mentre “i trasporti su strada dal Golfo a Israele potrebbero compensare solo circa il 3% delle spedizioni”.

Il caos commerciale del Mar Rosso può quindi tradursi in un incubo di fine anno e di inizio 2024. Con nuovi e inattesi guai per l’economia globale.

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