Scontro Stellantis-Governo: cosa succede?

Violetta Silvestri

02/02/2024

02/02/2024 - 16:42

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Stellantis-Governo Meloni, è scontro: cosa succede tra il quarto gruppo auto mondiale e l’esecutivo italiano e perché la tensione è alta su veicoli elettrici e posti di lavoro? Cosa c’è da sapere.

Scontro Stellantis-Governo: cosa succede?

La tensione è ancora alta tra Stellantis e il Governo Meloni dopo l’infuocato botta e risposta tra l’ad del gruppo automobilistico Tavares e la presidente del Consiglio.

La posta in gioco dello scontro è di enorme rilevanza per il futuro industriale ed economico del nostro Paese. In ballo ci sono lo sviluppo nazionale del settore automotive, migliaia di posti di lavoro negli stabilimenti italiani e la strategia di transizione verso i veicoli elettrici.

Le aspre critiche del Governo in carica contro la politica aziendale di Stellantis, per voce soprattutto di Giorgia Meloni, si sono concentrate sul fatto che il gruppo nato nel 2021 dalla fusione FCA-PSA abbia sancito la predominanza della Francia nella partecipazione societaria, a svantaggio degli interessi italiani.

La questione ha quindi avviato un acceso dibattito sulla opportunità, paventata dallo stesso ministro delle Imprese e del Made in Italy Urso, di un ingresso italiano nell’azionariato di Stellantis. Tavares ha inoltre sollevato il tema dei mancati incentivi statali nel settore, mettendo a rischio i lavoratori italiani.

Lo scontro Stellantis-Governo Meloni apre probabilmente un nuovo capitolo della complessa storia tra la Fiat (e quello che oggi ne resta), il ruolo dello Stato e la tutela dei lavoratori dell’automotive. In alcuni punti salienti, di seguito una sintesi per capire cosa succede nella diatriba Tavares-Meloni.

Tavares-Governo Meloni, è scontro: cosa succede?

Nel question time alla Camera dello scorso 24 gennaio, incalzata da una domanda del deputato Richetti, capogruppo di Azione-Per-Renew Europe, sulla strategia aziendale di Stellantis Giorgia Meloni ha sottolineato in modo inequivocabile cosa pensa davvero del gruppo creato dalla fusione FCA-PSA.

Pur riconoscendo il valore industriale che da sempre ha avuto Fiat - e i marchi a essa collegati - per ricchezza prodotta, occupazione, patrimonio economico generati in Italia, la presidente del Consiglio non ha sottratto critiche al nascente gruppo automobilistico. Il passaggio più duro del suo discorso è stato il seguente:

“Occorre avere il coraggio di criticare alcune scelte fatte dal managment aziendale...distanti dagli interessi italiani...penso allo spostamento della sede fiscale fuori dai confini nazionali, alla presunta fusione tra FCA-PSA che celava in realtà un’acquisizione francese dello storico gruppo italiano, tanto che oggi nel Cda di Stellantis siede un rappresentante del governo francese e non è un caso se le scelte industriali del gruppo prendono in considerazione molto più le istanze francesi rispetto a quelle italiane”.

Le conseguenze di un tale orientamento sono evidenti secondo Giorgia Meloni: in Francia si produce più che in Italia, dove siamo passati da oltre 1 milione di auto prodotte nel 2017 a meno di 700mila nel 2022. E l’obiettivo del Governo è proprio quello di sostenere la produzione nazionale del settore affinché si torni a 1 milione di veicoli prodotti negli stabilimenti nazionali.

La risposta dell’ad Tavares non si è fatta attendere e l’amministratore delegato ha dichiarato a Bloomberg che l’Italia dovrebbe fare di più per proteggere i posti di lavoro nel settore automobilistico invece di cercare capri espiatori e attaccare il proprietario di Stellantis.

“Tutto questo è un capro espiatorio, cercando di evitare di assumersi la responsabilità del fatto che se non si danno sussidi per l’acquisto di veicoli elettrici, si mette a rischio il mercato degli impianti italiani”, ha sottolineato Tavares.

Alla critica rivolta al Governo, incolpato di non voler incentivare il settore delle auto elettriche italiane, ha risposto il ministro Urso. Oltre alla presentazione di un piano incentivi auto, il ministro ha aperto una questione cruciale: “Se Tavares o altri ritengono che l’Italia debba fare come la Francia, che recentemente ha aumentato il proprio capitale sociale all’interno dell’azionariato di Stellantis, ce lo chiedano”, ha dichiarato.

Incalzato anche dalle opposizioni, il Governo potrebbe quindi pensare seriamente a una partecipazione statale in Stellantis. Su questo, Tavares non ha commentato. Per ora.

Da evidenziare che il clima era diventato teso già alcune settimane prima, quando ha iniziato a circolare la notizia di una presunta lettera di Stellantis ai suoi fornitori italiani che segnalava opportunità di investimento in Marocco. La delocalizzazione della produzione rimane un tema caldo e fortemente connesso al futuro industriale italiano.

Stellantis, chi sono oggi gli azionisti?

Il tema di un potenziale ingresso dello Stato in Stellantis sta animando il dibattito politico. “Si prenda sul serio l’ipotesi di una partecipazione italiana a Stellantis che bilanci quella francese”, è l’invito delle opposizioni di Governo.

Il segretario della Cgil Maurizio Landini ha commentato che occorre un piano forte, non basato soltanto su incentivi: “Torniamo a chiedere che anche lo Stato italiano entri. Non è una novità. Lo chiediamo da tempo”.

Tuttavia, al momento le idee sono confuse al riguardo, anche all’interno del Governo. Il ministro dell’Economia Giorgetti ha rilasciato una battuta sul tema: “Lo stato in Stellantis? Io entrerei in Ferrari”. L’uscita sintetizza il clima teso e la mancanza di un progetto dell’esecutivo su una potenziale partecipazione statale.

Come ricordato da Il Corriere della Sera, la questione non è nuova. Nel 2022, infatti, il Copasir guidato proprio dall’attuale ministro Urso, aveva suggerito al Governo Draghi di prendere in considerazione la possibilità che Cassa Depositi e Prestiti entrasse nel capitale della società per equilibrare la posizione dei due Governi - italiano e francese - nell’azionariato.

Per fare chiarezza su chi sono e quale peso hanno gli attuali azionisti del gruppo automobilistico ricordiamo che la quota principale spetta a Exor, la holding della famiglia Agnelli, che ha una partecipazione del 14,2%.

Poi c’è Peugeot, secondo azionista con il 7,1% e il terzo è il Governo francese, tramite Bpi, con il 6,1%. Trascorsi tre anni dal possesso delle quote, i tre azionisti hanno ottenuto di aumentare i diritti di voto in assemblea con queste percentuali aggiornate: Exor 23,13%, Peugeot 11,1% e Bpi il 9,6%.

Lo Stato francese, in sintesi, ha una quota del 9,6% e il Paese transalpino, sommando anche la partecipazione di Peugeot, raggiunge un peso del 20,7%.

Per quanto riguarda le cariche del gruppo, John Elkann è il presidente e l’ad di Exor. Robert Peugeot, in rappresentanza di Psa ricopre la carica di vicepresidente. Carlos Tavares è l’amministratore delegato del gruppo.

Tensione Stellantis-Governo Meloni su auto elettriche e posti di lavoro

Le parole di Tavares sulla possibilità che i lavoratori siano minacciati dalla inesistente politica di elettrificazione del Governo Meloni agita sindacati e operai.

L’amministratore delegato ha citato gli stabilimenti di Mirafiori, dove l’azienda produce la Fiat 500 elettrica, e la sua fabbrica di Pomigliano, vicino a Napoli, come siti in cui gli occupati sono più a rischio.

“Chiediamo alla presidente del Consiglio un incontro urgente con l’amministratore delegato e le organizzazioni sindacali per garantire la produzione e l’occupazione nel nostro Paese”, ha allertato il segretario generale Fiom-Cgil, Michele De Palma.

Un problema di produzione in Italia esiste e Landini ha evidenziato che la situazione è critica, come denunciato da tempo. La capacità produttiva dell’azienda nel nostro Paese è di oltre 1,5 milioni di auto ma la produzione è ferma a 500mila, ha ricordato il segretario della Cgil.

La Cisl con le parole del suo segratario Luigi Sbarra ha incalzato Stellantis affinchè si impegni in modo serio e responsabile a investire in tutti gli stabilimenti italiani a cominciare da Pomigliano aumentando la produzione di auto in Italia, garantendo i livelli occupazionali. “A Tavares vogliamo ricordare che gli incentivi sono risorse pubbliche e non regalìe”.

Bombardieri della Uil ha invece ammonito il Governo, colpevole di avere “poche idee e confuse”.

Il focus si sta intanto spostando sulla strategia italiana per incentivare il rinnovamento del settore auto, sempre più orientato in Europa verso l’elettrico. I sussidi sono fondamentali per sostenere la domanda e quindi la produzione in Italia, in particolare per i veicoli elettrici, insiste Tavares. Stellantis chiede anche una riduzione delle bollette energetiche e il rinvio o l’annullamento del progetto di nuove norme sulle emissioni Euro 7.

“L’Italia sta spendendo molto meno denaro di qualsiasi altro grande Paese europeo per sostenere i veicoli elettrici”, ha detto Tavares, aggiungendo che l’approccio sta costando all’Italia in termini di perdita di produzione.

Il ministro Urso ha fatto sapere che il Governo ha presentato il nuovo piano incentivi auto - rivolto al parco auto generale, non propriamente sull’elettrico come pretenderebbe Stellantis - e che sull’Euro 7 l’Italia si è impegnata nella direzione sostenuta da Tavares.

Il Governo, però, ha anche sottolineato che negli scorsi anni Stellantis ha beneficato del 40% degli incentivi anche se poi la metà di questi hanno sostenuto modelli prodotti all’estero e importati in Italia. “Non può continuare così. L’ho detto con chiarezza”, ha avvertito Urso.

Per poi proseguire: “Ove non ci fosse una inversione di tendenza, che riduca il delta tra produzione e immatricolazione in Italia, dal prossimo anno tutte le risorse del Fondo automotive andranno non più a incentivare i consumi ma la produzione. Quindi a chi produce o chi intende produrre di più nel nostro Paese. Per esempio una seconda casa automobilistica”.

Lo scontro Stellantis-Governo Meloni rispecchia il contesto di transizione complessa che sta vivendo il settore auto. Da una parte c’è la spinta al green voluta dall’Europa e sposata dai piani produttivi di Stellantis (con l’intento di aaumentare la competitività nei confronti di una Cina ormai dominatrice del comparto), dall’altra ci sono Paesi, come l’Italia che arrancano nel cambiamento e prediligono il diesel per un passaggio all’elettrico più graduale. Nel mezzo di questa vicenda ci sono le prospettive dei lavoratori e il futuro industriale italiano. Incerti entrambi.

Quanti stabilimenti Stellantis ci sono in Italia?

La produzione di veicoli Stellantis in Italia è attualmente attiva in 6 stabilimenti:

  • Mirafiori Carrozzerie: qui si producono la 500 elettrica e le Maserati Levante, Ghibli, Quattroporte, Granturismo e Gran Cabrio con le nuove versioni Folgore full-elettric;
  • Maserati Modena: qui si producono la MC20 di Maserati e la versione cabrio Cielo;
  • Pomigliano: qui si producono Fiat Panda, suv Alfa Romeo Tonale e Dodge Hornet;
  • Melfi: qui si producono Fiat 500X, Jeep Compass e Renegade. Dal 2024 previsti 5 modelli elettrici.
  • Atessa: qui si producono Fiat Ducato, Opel Movano, Citroen Jumper, Peugeot Boxer. Sono previsti i veicoli elettrici per Toyota;
  • Cassino: qui si producono veicoli dei marchi premium e di lusso, quali Alfa Romeo e Maserati

Inoltre, il gruppo Stellantis opera in Italia con le fabbriche Meccaniche di Mirafiori e di Verrone per produrre i cambi e gli stabilimenti di Pratola Serra (Avellino) e Termoli (Campobasso) per i motori diesel. A Cento (Ferrara) vengono prodotti i motori industriali marini.

Secondo i dati riportati da Fim Cisl, nel 2023 la produzione italiana del gruppo ha registrato un +9,6% con la produzione totale, tra autovetture e veicoli commerciali, di 751.384 unità contro le 685.753 del 2022.

Nel complesso, i lavoratori Stellantis in Italia sono 43.000.

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