Lа Ruѕѕіа lаѕсіа l’Еurора ѕеnzа un іmроrtаntе fоrnіtоrе аltеrnаtіvо dі реtrоlіо

Alessandro Nuzzo

26 Luglio 2025 - 12:47

Il Cremlino ha imposto nuove restrizioni alle petroliere straniere e questo sta causando danni alla catena di approvvigionamento europea.

Lа Ruѕѕіа lаѕсіа l’Еurора ѕеnzа un іmроrtаntе fоrnіtоrе аltеrnаtіvо dі реtrоlіо

La Russia ha deciso di inasprire le restrizioni nei confronti delle petroliere straniere che intendono accedere ai principali porti del Mar Nero. D’ora in avanti, per attraccare nei porti russi, sarà obbligatorio ottenere un’autorizzazione preventiva dal Servizio di Sicurezza Federale russo (FSB). Una misura che, secondo le prime stime, potrebbe colpire circa il 2% della fornitura globale di petrolio, generando effetti rilevanti a livello internazionale.

Tra i soggetti più colpiti figura la Caspian Pipeline Consortium (CPC), società chiave nel trasporto di petrolio kazako verso l’Europa. Il consorzio, che annovera tra i suoi azionisti colossi americani come Chevron ed ExxonMobil, si trova ora al centro di una complessa crisi energetica. Le nuove limitazioni russe, infatti, ostacolano le esportazioni dirette verso il Kazakistan, interferendo con la rete logistica su cui fa affidamento anche l’Europa.

L’oleodotto gestito dalla CPC veicola oltre l’80% delle esportazioni petrolifere del Kazakistan attraverso il terminal russo di Yuzhnaya Ozereika. Per il mese di agosto sono previste esportazioni pari a 1,66 milioni di barili al giorno, ovvero circa 6,5 milioni di tonnellate. Qualsiasi rallentamento o blocco potrebbe avere un impatto diretto non solo sul Kazakistan, ma anche sull’Unione Europea, che si affida sempre più a fonti alternative dopo la riduzione delle importazioni dirette dalla Russia.

Nel primo trimestre del 2025, il Kazakistan è diventato uno dei tre maggiori fornitori di petrolio dell’UE, con una quota del 12,7%, in crescita rispetto al 10,9% dello stesso periodo dell’anno precedente. Solo Norvegia e Stati Uniti forniscono una quota maggiore, segno di una rinnovata dipendenza dalle rotte caucasiche e centroasiatiche.

Situazione critica in Romania, dove la raffineria Petromidia, la più grande del Paese, è fortemente dipendente dal greggio kazako. Controllata dalla compagnia statale kazaka tramite Rompetrol, la raffineria riceve forniture esclusivamente via mare attraverso il porto russo di Novorossijsk, ora soggetto alle nuove restrizioni.

Secondo fonti diplomatiche, il governo kazako era già consapevole del rischio e ha iniziato a pianificare rotte alternative. Si punta sull’Azerbaigian come snodo strategico, ma restano dubbi sulla velocità e l’efficienza della nuova logistica, soprattutto nel garantire continuità alle forniture verso l’Europa.

Le restrizioni russe mettono in luce la persistente vulnerabilità energetica dell’UE, che pur cercando fonti alternative resta esposta all’influenza indiretta di Mosca. Anche se la Russia non esporta più direttamente in Europa come in passato, il suo ruolo resta centrale nella catena logistica che collega Asia centrale e mercato europeo.

Il timore è che questo nuovo scenario possa comportare rallentamenti significativi nelle forniture, specialmente nei periodi di alta domanda energetica, come i mesi invernali. In tali condizioni, una diminuzione delle scorte o un aumento dei tempi di consegna potrebbe comportare nuovi aumenti dei prezzi energetici, con inevitabili ricadute su consumatori e imprese, tra cui bollette più salate e aumento dei costi di produzione.

Ungheria, Serbia e Russia collaborano su un nuovo oleodotto

In parallelo, Ungheria, Serbia e Russia stanno portando avanti la costruzione di un nuovo oleodotto regionale, in aperto contrasto con le politiche europee di riduzione della dipendenza energetica da Mosca. Il ministro degli Esteri ungherese, Péter Szijjártó, ha confermato che il progetto prosegue nonostante le sanzioni UE, sostenendo che Budapest ha bisogno di diversificare le rotte di approvvigionamento.

Il gasdotto, lungo 180 chilometri, collegherà Aldio, in Ungheria, a Novi Sad, in Serbia, e avrà una capacità annua di 5 milioni di tonnellate. L’entrata in funzione è prevista entro il 2027, con i lavori che dovrebbero iniziare all’inizio del 2026.

Per la Serbia, l’infrastruttura rappresenta un cambio di passo strategico. Il ministro dell’Energia, Dubravka Djedovic-Handanovic, ha definito il progetto «cruciale per la sicurezza energetica nazionale». Anche la Russia è coinvolta nei negoziati, con la partecipazione del vice ministro dell’Energia Pavel Sorokin, a dimostrazione del continuo interesse di Mosca a mantenere un ruolo influente nei Balcani.

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