Il sistema integrato 0-6 sarà un fallimento? Sì se lo Stato non stanzierà abbastanza risorse per l’assunzione straordinaria degli insegnanti della scuola dell’infanzia.
La riforma della scuola dell’infanzia continua a far discutere: dopo che il Senato ha espresso il proprio parere ribadendo che per il sistema integrato 0-6 non verranno creati dei nuovi posti per il potenziamento, molti sindacati hanno manifestato il loro malcontento per come sta gestendo le cose il Miur.
Secondo alcuni sindacati, Anief su tutti, ma anche per l’Anci (Associazione nazionale Comuni italiani) sarà molto difficile che la riforma della scuola dell’infanzia possa raggiungere gli obiettivi prefissati dal testo della delega. Infatti, le risorse stanziate dallo Stato non sono abbastanza per permettere al sistema integrato 0-6 di funzionare come dovrebbe.
C’è il rischio che se non si prenderanno i giusti provvedimenti prima dell’entrata in vigore della riforma, il nostro Paese si troverà davanti all’ennesimo progetto incompiuto. Quindi, mentre gli insegnanti sono divisi sulla bontà della riforma, sia l’Anief che l’Anci hanno indicato i motivi per cui il sistema integrato 0-6 rischia di essere un fallimento.
Anief: ecco perché la riforma dell’infanzia non funzionerà
In questi giorni la delega che riforma la scuola dell’infanzia tramite la creazione di un sistema integrato 0-6 è in esame al Senato. L’Ufficio Studi di Palazzo Madama oltre ad aver ribadito che la legge non è retroattiva e che quindi l’obbligo di laurea per insegnare negli asili nido e nelle materne è valido solo per alcuni casi, ha fatto chiarezza sull’organico di potenziamento.
Il decreto infatti stabilisce che per raggiungere gli obiettivi prefissati una quota delle risorse dell’organico di potenziamento, indicato nella Tabella 1 della legge sulla Buona Scuola, verrà utilizzato per il sistema integrato 0-6.
Questo significa che, a differenza di quanto speravano molti insegnanti precari, per l’organico di potenziamento non saranno creati dei posti in più ma verranno ridistribuite le risorse già esistenti.
Ciò conferma che, come ribadito dall’Anief, non ci sono abbastanza risorse per la realizzazione della riforma della scuola dell’infanzia. E per lo stesso motivo non ci sarà neppure un piano straordinario per le assunzioni degli insegnanti delle materne e degli asili nido, una categoria esclusa dalla Buona Scuola.
Secondo il segretario dell’Anief, Marcello Pacifico, la riforma dell’infanzia non può prescindere dalle assunzioni di nuovo personale, sia per il potenziamento che per la didattica. A tal proposito, alla luce del numero dei posti vacanti e del numero di iscritti nelle Graduatorie ad Esaurimento, l’Anief ha chiesto di promuovere un “organico di potenziamento e un piano straordinario assunzioni di 33mila maestri e 2.500 educatori da ripartire a livello regionale”.
Un’altra richiesta dell’Anief è quella di modificare l’ultimo anno della scuola dell’infanzia, in modo da garantire a tutti i bambini la continuità del progetto pedagogico iniziato nel sistema integrato nel primo biennio della Scuola Primaria. In questo modo ci sarebbe l’anticipo di un anno dell’obbligo scolastico, mentre nelle classi i docenti della scuola dell’infanzia e primaria lavorerebbero in compresenza.
Anci: ecco perché la riforma della scuola dell’infanzia non funzionerà
Cristina Giachi, vicesindaco di Firenze e presidente della commissione Istruzione dell’Anci (Associazione nazionale comuni italiani) ha approfittato dell’audizione presso la commissione cultura della Camera dei Deputati per esprimere la propria insoddisfazione nei confronti della delega che riforma la scuola dell’infanzia.
Secondo la Giachi, in linea con il pensiero dell’Anief, i finanziamenti previsti dal decreto (672 milioni per il periodo 2017-2020) non sono sufficienti per garantire “l’ampliamento e il consolidamento dei servizi dedicati alla fascia d’età 0-3 anni e la generalizzazione della scuola dell’infanzia”.
A tal proposito il vicesindaco di Firenze, ha suggerito di convertire le risorse per il sostegno delle politiche educative 0-3 anni, così da facilitare il ritorno al lavoro per le giovani madri. Per far sì che ciò avvenga, però, sarà necessario incrementare il personale operante negli asili nido, che non sarebbe sufficiente nel caso di un aumento della domanda.
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