Riforma pensioni: Boeri ha ragione, ma non si può far economia sulla pelle dei lavoratori

Alessandro Cipolla

16 Novembre 2017 - 10:17

Riforma pensioni: mentre si discute su chi esonerare dall’aumento dell’età pensionabile, Boeri difende il meccanismo ma ignora che non è umano lavorare fino a 70 anni.

Riforma pensioni: Boeri ha ragione, ma non si può far economia sulla pelle dei lavoratori

Sulla riforma pensioni l’allarme lanciato da Tito Boeri in merito ai costi di uno stop all’innalzamento dell’età pensionabile è più che giusto. Numeri alla mano infatti, difficile dare torto al presidente dell’Inps. Considerando che però qui si parla del futuro dei lavoratori, sarebbe il caso di considerare anche l’aspetto umano della faccenda.

Visto che in Italia l’età media aumenta sempre di più e che in fondo la nostra è destinata a diventare una nazione di anziani, è ovvio che la spesa previdenziale non potrà che aumentare. A pagare il conto di questo però non possono essere soltanto i lavoratori, perché andare in pensione a 70 anni o anche oltre è inumano.

Riforma pensioni: le ragioni di Tito Boeri

Essendo a capo dell’Inps e quindi avendo in mano i conti della spesa previdenziale del paese, Tito Boeri è intervenuto più volte negli ultimi mesi in merito alle lunghe trattative riguardo la riforma delle pensioni.

Negli ultimi tempi poi Boeri si è soffermato soprattutto sull’innalzamento dell’età pensionabile, difendendo il meccanismo da chi voleva sabotarlo alla pari dei suoi colleghi di Bankitalia e della Corte dei Conti.

Per chi non avesse ben chiara la situazione facciamo un piccolo riepilogo di quello che accadrà nei prossimi anni. Per prima cosa dal 1 gennaio 2018 sia gli uomini che le donne andranno alla pari in pensione a 66 anni e 7 mesi.

Dal 1 gennaio 2019 invece la riforma Fornero prevede che l’età pensionabile aumenti quindi per tutti a 67 anni. Nel 2021 poi potremo smettere di lavorare a 67 anni e 3 mesi, nel 2023 a 67 anni e 5 mesi e così via aumentando di 2 mesi ogni 2 anni.

Il tutto questo per adeguarsi all’aspettativa di vita che continua a crescere per quanto riguarda gli italiani. Stando così le cose, nel 2060 i nostri figli andranno in pensione oltre i 70 anni e in teoria non c’è un limite a quest’aumento.

Tito Boeri proprio in questi giorni ha ricordato come, un eventuale stop a questo meccanismo di innalzamento, potrebbe costare da qui al 2040 circa 140 miliardi. Una cifra enorme che il paese in questo non potrebbe mai sostenere.

I numeri purtroppo sono veritieri e difficilmente smentibili. Dall’altro lato però non si può ricondurre la vita dei lavoratori soltanto in cifre e percentuali, perché secondo la riforma Fornero nel 2040 andremo in pensione a 68 anni e 9 mesi e questo è inaccettabile.

Pagano i lavoratori

Le trattative degli ultimi giorni, ormai arrivate quasi al loro epilogo, sono state tutte concentrate nel cercare di ampliare il più possibile la platea di chi verrà escluso dal meccanismo dell’innalzamento.

Alla fine saranno 15 le categorie di lavori gravosi che saranno esonerate dall’andare in pensione a 67 anni nel 201,9 prendendo in considerazione soltanto il primo scaglione di aumento previsto.

L’Italia sta diventando una nazione di pensionati e l’Inps non può sostenere questo carico previdenziale quindi, di conseguenza, si deve iniziare a ritirarsi dal mondo del lavoro il più tardi possibile per non aumentare ancor di più la spesa previdenziale.

Non si può dar di certo però colpa agli italiani se non muoiono più prima come accadeva in passato. Pensare che uomini e donne possano passare in pratica quasi la totalità della loro vita inchiodati al posto di lavoro è inaccettabile.

Tralasciando i grandi filosofi tipo Seneca che lodavano la bellezza del tempo libero, per non gravare troppo sui conti dello Stato non si può costringere un lavoratore ad andare in pensione quando ormai è troppo in là con l’età per poter godere a pieno del meritato assegno previdenziale.

Si potrebbe fare del becero qualunquismo elencando dove si potrebbe tagliare nella macchina statale per fare cassa, ma alla fine come spesso accade tutto questo andrà a ricadere sulle spalle dei lavoratori.

Boeri quindi ha ragione quando snocciola i suoi allarmanti numeri però, ogni tanto, dovrebbe anche ben ricordarsi che non siamo venuti al mondo per stare tutta la vita dietro un macchinario o una scrivania.

La totale mancanza di considerazione dell’aspetto umano in questa trattativa sulla riforma delle pensioni è senza dubbio l’aspetto più sconcertante, un segno dei tempi e del progressivo decadimento della nostra classe dirigenziale.

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