Riforma penitenziaria: la Cartabia si prepara a scarcerare un condannato su tre

Antonella Ciaccia

04/07/2022

05/07/2022 - 08:31

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La ministra della Giustizia prepara i decreti della “riforma” penitenziaria: niente carcere sotto i 4 anni per il 30% dei detenuti. Misure alternative per le condanne brevi contro il sovraffollamento

Riforma penitenziaria: la Cartabia si prepara a scarcerare un condannato su tre

Sei gruppi di lavoro al ministero della Giustizia, composti da esperti, stanno lavorando sui decreti legislativi attraverso i quali verrà messa in pratica parte della riforma della giustizia, promossa dalla ministra Marta Cartabia, che è contenuta nelle leggi delega.

Nel dettaglio, una parte molto importante riguarda l’ampliamento della possibilità di accedere alle cosiddette pene sostitutive in alternativa al carcere: semilibertà, detenzione domiciliare, lavoro di pubblica utilità e pena pecuniaria.

La ministra della Giustizia giorni fa, in risposta a un’interrogazione di Lucia Annibali, capogruppo di «Italia Viva» in Commissione Giustizia alla Camera, ha dichiarato che le pene alternative alle sanzioni detentive brevi potranno dare sollievo al sovraffollamento nelle carceri, così come anche altri interventi previsti nell’attuazione della delega: l’ampliamento della non punibilità per la particolare tenuità del fatto e della sospensione del procedimento con messa alla prova.

In sostanza: meno carcere e più sanzioni sostitutive. I decreti legislativi sono in fase di elaborazione e saranno portati a breve al Consiglio dei ministri.

Approfondiamo quali sono gli intenti della ministra per intervenire sul problema di sovraffollamento delle carceri e lo snellimento dei procedimenti giudiziari.

La riforma Cartabia, a che punto siamo?

Lo scorso 27 settembre 2021, il Senato ha approvato in via definitiva la «Delega al governo per l’efficienza del processo penale nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari».

L’attuazione della delega, e cioè il risultato dei gruppi di lavoro sulla riforma del processo penale, sarà sottoposta al vaglio di un Consiglio dei ministri, per poi approdare nelle commissioni parlamentari di competenza per i pareri.

Entro il 19 ottobre il testo definitivo dovrà essere pubblicato in Gazzetta Ufficiale.

Dunque bisogna marciare ben spediti senza creare strappi soprattutto perché questo traguardo è uno degli obiettivi da raggiungere entro la fine dell’anno per ottenere i fondi del Pnrr.

Tra le deleghe affidate dal Parlamento, c’è anche quella che riguarda l’ammorbidimento delle pene detentive “brevi”, che prevede di allargare, di molto, la possibilità di tramutarle in “pene sostitutive”.

Nello specifico, le pene sostitutive delle pene detentive brevi sino a quattro anni prevedono: al posto del carcere la semilibertà, la detenzione domiciliare, il lavoro di pubblica utilità. Viene anche confermata la pena pecuniaria.

Cosa cambia per i condannati a pene sotto i quattro anni?

Premettiamo subito che la normativa prevede già, per pene fino a quattro anni, la possibilità per il condannato di chiedere misure alternative. Ma questo può avvenire solo dopo il passaggio in giudicato della sentenza. Parliamo dunque di una sentenza per cui non ci può più essere ricorso in Appello o in Cassazione.

Peraltro, attualmente, la richiesta della misura alternativa deve essere rivolta al magistrato di sorveglianza. In attesa della decisione, il condannato non va in carcere, ma non inizia nemmeno a scontare la pena alternativa. È la condizione di quelli che vengono chiamati «liberi sospesi».

Con la riforma che il ministero della Giustizia sta preparando le cose cambierebbero radicalmente. Per eliminare la figura dei c.d. «liberi sospesi», costretti a questa incertezza, e per snellire la mole di lavoro dei magistrati di sorveglianza, i decreti richiesti dalla legge delega prevedono la trasformazione delle misure alternative, attualmente di competenza del tribunale di sorveglianza, in «sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi», che possono essere direttamente stabilite dal giudice che emette la sentenza.

Questo cosa significa in definitiva? Chi viene condannato a pene sotto i quattro anni non deve più fare richiesta di pena alternativa al tribunale di sorveglianza, ma a decidere la sanzione sostitutiva può essere direttamente il giudice che stabilisce la pena. In questo modo vanno affrontati ben due dei principali obiettivi della riforma: aumentare l’efficienza della giustizia e velocizzare i processi.

Quali sono le sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi

Entrando nel merito delle misure sostitutive di cui abbiamo appena parlato, quali sono le sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi, direttamente irrogabili dal giudice della cognizione?

Le pene sostitutive sono delle vere e proprie pene, anche se non comportano la detenzione in carcere: semilibertà, detenzione domiciliare, lavori di pubblica utilità e pene pecuniarie. Si tratta di pene non sospendibili.

Vediamole nel dettaglio:

  • la semilibertà è la possibilità per il condannato di trascorrere parte del giorno fuori dell’istituto di reclusione per partecipare ad attività lavorative, di istruzione o comunque utili al reinserimento sociale;
  • la detenzione domiciliare prevede la possibilità di scontare la pena a casa propria, o in un altro domicilio privato indicato all’autorità giudiziaria, o in un istituto di cura, o recupero (da non confondere con gli arresti domiciliari, che sono una misura cautelare – adottata cioè prima di arrivare a una sentenza);
  • il lavoro di pubblica utilità è un lavoro non retribuito che viene svolto presso enti o organizzazioni di volontariato ma anche presso comuni, regioni o presso lo Stato.

Tutto questo è in linea con il pensiero da sempre espresso dalla ministra Cartabia che sostiene il «superamento dell’idea del carcere come unica effettiva risposta al reato».

Per la ministra: «la “certezza della pena” non è la “certezza del carcere”, che per gli effetti desocializzanti che comporta deve essere invocata quale extrema ratio. Occorre valorizzare piuttosto le alternative al carcere, già quali pene principali».

La «liberazione anticipata»: detrazione della pena per la pandemia

Rispondendo a una sollecitazione contenuta nell’interrogazione alla Camera, la ministra ha anche fatto riferimento alla liberazione anticipata provocando qualche reazione negativa: «se ne discute per valutare se innalzare la detrazione della pena, in particolare per i due anni di pandemia. In effetti in questi due anni il carcere è stato più duro e afflittivo, giustamente se ne discute

Attualmente, ogni detenuto a cui viene riconosciuta una buona condotta ha diritto a 45 giorni di sconto di pena ogni semestre di detenzione.

Con la riforma si sta valutando un incremento dello sconto relativamente al periodo della pandemia, anni che in carcere sono stati particolarmente pesanti. Si tratta di un profilo su cui occorre certamente riflettere tenendo conto delle condizioni particolarmente gravose che i carcerati hanno subìto negli ultimi anni, con l’annullamento delle visite e il forte stress relativo al rischio di contagiarsi in un ambiente in cui l’isolamento è decisamente difficile.

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