Riforma costituzionale governo Meloni, il testo spiegato in 5 punti

Ilena D’Errico

30 Ottobre 2023 - 21:40

Si va verso la riforma costituzionale, ecco cosa prevede la bozza stabilita dal governo Meloni: il testo spiegato in 5 punti.

Riforma costituzionale governo Meloni, il testo spiegato in 5 punti

La bozza del disegno di legge sulla riforma costituzionale del governo Meloni dovrebbe approdare in Consiglio dei ministri venerdì 3 novembre, dopo che oggi si è tenuto l’incontro tra Giorgia Meloni, Matteo Salvini, Antonio Tajani, Maria Elisabetta Alberti Casellati (ministra per le Riforme costituzionali), i sottosegretari Alfredo Mantovano e Giovanbattista Fazzolari e gli onorevoli Lorenzo Cesa (Unione di centro) e Maurizio Lupi (Noi moderati).

Il governo crede molto nel successo di questa riforma, che dovrebbe riscuotere “la piena condivisione della maggioranza” e perfino, secondo la Presidente Meloni, facilitare il passaggio alla Terza Repubblica. Come era stato anticipato, il testo della riforma si concentra sul premierato, in linea con gli obbiettivi del governo di dare maggiore potere rappresentativo al popolo e cambiare gli assetti di potere.

Come previsto, la via del presidenzialismo resta ancora un obbiettivo difficile da realizzare allo stato attuale, pertanto il governo punta sulla figura del premier. Di fatto, i termini “premier” e “premierato” sono stati ormai assorbiti anche dalla cultura politica italiana, andando a rappresentare il Presidente del Consiglio dei ministri. È dunque questo l’organo su cui si concentra il testo della riforma costituzionale, con particolare attenzione ai poteri e alle modalità elettive.

Ecco le novità spiegate in 5 punti.

Elezione diretta del Presidente del Consiglio dei ministri

Il fulcro della riforma costituzionale avanzata dal governo Meloni è ovviamente il premierato, che si basa principalmente sull’elezione diretta del Presidente del Consiglio dei ministri. L’elezione di questa figura è regolata dall’articolo 92 della Costituzione che attualmente prevede la nomina da parte del Presidente della Repubblica, il quale nomina anche i ministri su proposta del premier.

L’articolo 92 viene così modificato dal testo della riforma:

Il governo della Repubblica è composto dal presidente del Consiglio e dai ministri, che costituiscono insieme il Consiglio dei ministri. Il presidente del Consiglio è eletto a suffragio universale e diretto per la durata di cinque anni. Le votazioni per l’elezione del presidente del Consiglio e delle Camere avvengono tramite un’unica scheda elettorale. La legge disciplina il sistema elettorale delle Camere secondo i principi di rappresentatività e governabilità e in modo che un premio assegnato su base nazionale garantisca ai candidati e alle liste collegati al presidente del Consiglio dei ministri il 55 per cento dei seggi nelle Camere. Il presidente del Consiglio dei ministri è eletto nella Camera nella quale ha presentato la sua candidatura.

Si delinea quindi un’elezione a turno unico per il Presidente del Consiglio e della Camere.

Premio di maggioranza al 55%

La riforma prevede anche un sistema elettorale maggioritario con un premio di maggioranza del 55% assegnato su base nazionale. Verrebbe così garantito il 55% dei seggi nella Camera dei deputati e in Parlamento ai candidati e alle liste correlate al Presidente del Consiglio eletto dai cittadini. Secondo Palazzo Chigi si tratta di una regola indispensabile per garantire la governabilità e la rappresentatività.

Rinnovo dell’incarico al premier dopo la sfiducia

Le bozze del disegno di legge intervengono anche sull’articolo 94 della Costituzione, che regola le mozioni di fiducia e sfiducia delle Camere verso il governo. Ad oggi l’Italia adotta il sistema della sfiducia costruttiva, con cui se il Parlamento vota la sfiducia al governo in carica deve contestualmente concederla a un nuovo esecutivo, altrimenti resta in carica il governo precedente fino a nuovi accordi.

In questo modo si vuole garantire la stabilità dell’esecutivo, ma mantenendo questo meccanismo si finirebbe in contraddizione con il premierato e il potere delle votazioni dei cittadini. Di conseguenza, il testo prevede che se la mozione di fiducia al governo non è approvata il Presidente della Repubblica deve rinnovare l’incarico al premier eletto, il quale dovrà formare un nuovo governo. In caso di ulteriore sfiducia, il Presidente della Repubblica proclama lo scioglimento delle Camere e si torna al voto.

Sfiducia e dimissioni del premier, potere alle votazioni

La riforma costituzionale contiene anche una norma “anti-ribaltone”, così come definita anche dal ministro Salvini perché mira a preservare la continuità e la stabilità del governo, ma anche a evitare radicali cambiamenti nelle alleanze parlamentari.

L’aggiunta all’articolo 94 della Costituzione prevede, infatti, che in caso di premier dimissionato o sfiduciato il capo dello Stato possa conferire l’incarico esclusivamente allo stesso premier eletto o a un parlamentare della maggioranza che si adegui al programma scelto dagli elettori.

Stop ai senatori a vita nominati dal Presidente

Il Presidente della Repubblica conserva il potere di nominare i ministri e conferisce l’incarico al capo del governo eletto dai cittadini, ma non avrà più la possibilità di nominare dei senatori a vita. La bozza prevede, difatti, che la figura del senatore a vita rimarrà soltanto per gli ex Presidenti della Repubblica, ma si assicura che gli attuali senatori nominati dal Quirinale rimangano in carica fino al termine del mandato loro conferito.

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